Ma quale preparazione informatica?

Ma quale preparazione informatica?

Tutto cospira per rendere più difficile ad un italiano crescere con una formazione adeguata e specializzarsi in un comparto difficile. Ne parla un informatico
Tutto cospira per rendere più difficile ad un italiano crescere con una formazione adeguata e specializzarsi in un comparto difficile. Ne parla un informatico


Roma – Spett.le Punto Informatico, seguo ormai la vostra rivista da molto tempo e ho seguito tutte le lettere che si sono susseguite riguardo alla “professione di informatico”, di cui L’informatica si scopre a 50anni è l’ultima “puntata”.

Vorrei esprimere il mio parere sulla questione per far capire anche come il mercato italiano sia poco predisposto a formare persone valide e ad inquadrarle correttamente nel mercato lavorativo. Inoltre vorrei sfatare alcuni miti che sono ormai pregiudizio comune della nostra società.

I miei primi approcci con l’informatica sono avvenuti alla tenera età di 13 anni, e qui mi fu consigliato di fare il liceo scientifico ad indirizzo informatico che, a detta di molti, doveva formarmi meglio sia per la mia cultura generale sia per darmi delle basi solide di informatica. Quanta informatica ho fatto in quegli anni? Dire zero è una stima ottimistica; tutto quello che ho imparato (di informatica) durante quegli anni (in cui, lo ricordo, Internet non era alla portata di tutti come oggi) l’ho fatto da autodidatta.

A 18 anni, finito il liceo, mi venne consigliata Ingegneria Informatica, perchè (e questo lo dicevano i professori di Ingegneria) “Informatica (pura) non vi preparerà adeguatamente al mondo del lavoro”. Un bimbo come me si fece prendere in giro facilmente; dopo i primi tre anni in cui (tra i vari esami) ho fatto solo due esami di informatica (di cui uno con il foglio protocollo, scrivendo il programma ed eseguendolo a mente) avevo perso fiducia nelle mie possibilità intellettuali (in poche parole mi sentivo uno scemo totale).

Prima di lasciare l’università decisi di iscrivermi ad Informatica (sotto il dipartimento di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali) e concorrentemente ho iniziato a collaborare con diversi portali e, più in là, con alcune riviste di informatica.

La mia vita, da quel momento, è cambiata in meglio, c’è chi dice che informatica sia più facile di ingegneria e che ti insegni solo a programmare; mi sono reso conto che non è affatto facile e che bisogna studiare sodo come in qualsiasi altra facoltà, inoltre gli esami spaziano da quelli puramente matematici, a quelli di informatica teorica (es. sistemi operativi) a quelli di informatica pratica (es. creazione di un sistema P2P in JAVA).

Attualmente, alla veneranda età di 25 anni mi trovo con alcuni esami che mi separano dalla laurea triennale e con una esperienza lavorativa come consulente e come giornalista freelance notevole. Noto tuttavia che molti dei miei amici ingegneri si trovano male; chi, laureato a telecomunicazioni, fa uno stage di formazione ricoprendo un ruolo di programmatore; chi fa il rappresentate, stando tutto il giorno fuori casa, per una miseria, senza contare quelli che non trovano lavoro. Io con i miei articoli ed i miei lavoretti, pur non essendo laureato, riesco a tirare su circa mille euro al mese, penalizzando un po’ lo studio, ovviamente, ma riuscendo comunque a dare qualche esame.

Vorrei fare un’ultima considerazione riguardante la laurea triennale; molte persone (anche tra quelle che conosco) ritengono che il triennale sia una “laurea breve” e che abbia quindi minor valore di una laurea “vecchio stile” da cinque anni. Niente di più falso! Una laurea breve contiene 25 esami come la laurea vecchia, solo che molti esami invece di valere una annualità valgono mezza annualità.

Sulla carta la cosa doveva funzionare bene, perchè dovevano essere accorciati i programmi e soprattutto i professori non dovevano porre i medesimi ostacoli al conseguimento dell’esame; invece poco o nulla è cambiato, gli esami, o meglio, i mezzi esami sono esami normali, forse leggermente meno difficili, ma richiedono comunque uno sforzo notevole che però non è “metà sforzo”! Penalizzante, inoltre, il fatto che con i corsi semestrali (tre mesi di studio) in tre anni si dovrebbero fare più o meno le stesse materie di quelle che si facevano in corsi annuali (nove mesi di studio) in un totale di cinque anni.

Alla luce di questa realtà in cui tutti gli anelli della catena sono difettosi (i licei, le università ed il mercato lavorativo) mi domando, davvero, chi ha interesse a formare degli informatici professionisti validi?

Distinti Saluti,
Fabrizio Ciacchi

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Pubblicato il
9 dic 2004
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