La Urbani? Rimane il penale

La Urbani? Rimane il penale

Ne parla l'associazione NewGlobal.it discutendo le proposte di modifica alla legge sul peer-to-peer, modifiche che sanzionano sul piano penale certi utilizzi del file sharing. Una soluzione c'è
Ne parla l'associazione NewGlobal.it discutendo le proposte di modifica alla legge sul peer-to-peer, modifiche che sanzionano sul piano penale certi utilizzi del file sharing. Una soluzione c'è


Roma – Presa visione delle modifiche al DL Urbani proposte dalla maggioranza , giova osservare che esse presentano luci ed ombre.
Sicuramente è da salutare come una novità molto positiva l’eliminazione del famigerato bollino virtuale. Quale sia la posizione dell’associazione Newglobal.it sul punto è ampiamente noto, così com’è noto l’impegno che la stessa ha profuso perché venisse in un modo o nell’altro rimossa una simile assurdità dall’ordinamento giuridico italiano, invocando finanche l’intervento della Commissione europea. Sull’argomento, perciò, non possiamo che dichiararci soddisfatti.

Riteniamo che sia invece un’ombra la sanzione penale generalizzata che si vorrebbe introdurre con la novellazione dell’art. 171 LDA.

Come più volte abbiamo ribadito, è nostra fermissima opinione che sia giusto tutelare gli autori e ricompensarli per la loro opera creativa. Ma, d’altra parte, che occorra anche bilanciare equamente questa esigenza di giusta tutela con l’opposta esigenza di condivisione delle informazioni, della conoscenza e della cultura.

Già nel recente passato l’associazione Newglobal.it ha chiaramente espresso il proprio favore verso una forma di equa retribuzione degli autori attraverso il versamento di un piccolo contributo fisso da parte dei navigatori di internet che utilizzino una connessione veloce. In tal modo sarebbe possibile conciliare l’interesse degli autori (a non veder utilizzata la propria opera senza ricevere alcunché in cambio) e quello degli utenti (a poter liberamente e lecitamente condividere musica, testi, immagini, ecc.). Finora né le commissioni governative (da ultimo la commissione e-content, presieduta dall’ing. Paolo Vigevano), nè gli organi parlamentari che si sono occupati della questione hanno mostrato di essere interessati a tale soluzione. Pazienza: non smetteremo certo di sostenere quella che riteniamo una buona soluzione – forse l’unica possibile – perché una politica miope ed acriticamente subalterna agli interessi dell’industria si rifiuta di prenderla in esame.

Ma è chiaro che, anche chi come Newglobal.it sostiene l’idea del contributo autoriale “flat”, coltiva la viva preoccupazione di apprestare delle efficaci misure di reazione contro l’illecito uso delle opere dell’ingegno altrui. Appare, però, sproporzionato perseguire con sanzioni penali chi tiene una condotta che non desta allarme sociale e la cui offensività si può ben dire prossima allo zero. E la sproporzione è duplice: da una parte, infatti, si impiegano risorse sproporzionate per la repressione di una condotta sostanzialmente inoffensiva; dall’altra si associano idealmente (e penalmente) gli utenti che condividono, attraverso i sistemi di P2P, musica in formato MP3 e/o video in formato DivX, con le organizzazioni criminali che riproducono e commerciano illecitamente grandi quantitativi di CD e DVD.

E’ fuori dubbio, infatti, che questi ultimi recano gravi danni – ancor prima che agli autori – all’industria culturale e che, perciò, debbono essere duramente perseguiti. Ma altrettanto indubbiamente appare fuori misura la sanzione penale per chi, a livello domestico e senza alcuna finalità di lucro, condivide la propria musica preferita con gli altri.

I paradossi di una impostazione legislativa che ammicca alle visioni della Santa Inquisizione sono molti, giusto come esempio desideriamo evidenziare la pericolosità dell’introduzione della modifica nell’articolo 171, relativamente ai numerosissimi siti amatoriali, per lo più gestiti da minori, che facilmente consentono il download o anche il mero ascolto/visione di innocenti sigle, immagini, storie dei cartoni preferiti per la maggior parte già trasmessi in TV o comunque introvabili sul mercato Italiano.

Vogliamo rovinare qualche generazione di ragazzini, semplicemente per assecondare una mentalità forcaiola di cui spesso essi non si rendono neanche conto?

Le dimensioni della sproporzione possono essere misurate agevolmente sol che si rifletta sui seguenti elementi.

La condivisione nei sistemi P2P avviene attraverso lo scambio di file che non hanno la stessa qualità dei formati commerciali: un conto è duplicare un CD, un DVD o un SACD, un altro conto è estrarne delle informazioni in formato compresso. Gli MP3 e i DivX, infatti, sono sì in grado di riprodurre il messaggio di un CD o di un DVD, ma con una sostanziale (e sostanziosa) perdita di informazioni e, dunque, di qualità rispetto alle fonti originali. E’ chiaro, perciò, che non si può considerare un MP3 alla stregua di un duplicato “pirata” di un CD o di un DVD (virtualmente identici all’originale e con esso pienamente surrogabili). Nè si può considerare la condivisione gratuita di file compressi come una condotta analoga al commercio lucrativo di duplicati identici all’originale.

Sono condotte profondamente diverse che non possono essere né identificate, né assimilate in altro modo, ai fini della loro repressione. Anzi, a ben vedere, la condivisione delle informazioni e della cultura appaiono attività desiderabili in una “società aperta” e sono considerate attività illecite e da reprimere soltanto nei regimi illiberali. Se poi la circolazione di tali informazioni produce un danno a qualcuno, sarà onere del danneggiato agire in giudizio per ottenere il ristoro dei danni subiti. Non è però compito dello Stato erigersi, d’ufficio, a gendarme, se non laddove una condotta non desti un forte allarme sociale e non sia foriera di enormi danni.

L’allarme sociale ed il danno prodotto, ad esempio, dall’industria della pirateria gestita da organizzazioni criminali è enorme: i numeri resi noti dalle statistiche ufficiali sono impressionanti. Ciò comporta la messa a rischio di posti di lavoro, la forte alterazione degli equilibri di mercato, l’utilizzazione dei ricavati per il finanziamento di altre attività criminali (principalmente nell’ambito della prostituzione, della droga e del riciclaggio di denaro sporco). L’allarme sociale che viene destato dal file sharing è, viceversa, pari a zero.

Non viene messa a rischio la pacifica convivenza degli individui nel consorzio umano, non si attenta ai valori fondanti la società, non si alterano in alcun modo gli equilibri di mercato. Si afferma tuttavia che il file sharing – anche se nessuno è in grado di dimostrare scientificamente in che misura – erode i guadagni dell’industria dell’intrattenimento. Non dubitiamo che l’affermazione risponda al vero, ma così come non si sente il bisogno di sanzionare penalmente l’inadempimento di un’obbligazione civile, non vediamo perchè si debba ricorrere alla sanzione penale per risarcire il danno asseritamente subito da autori e produttori di musica e film a causa del P2P.

Perciò riteniamo che la scelta di una sanzione penale sia del tutto inopportuna e che – a tutto voler concedere e pur non auspicandola – sarebbe decisamente meglio il ricorso ad una misura pecuniaria di natura amministrativa.

Innanzitutto, per applicare la sanzione penale della multa occorre un’attività di accertamento del reato attraverso un processo – fosse anche un procedimento deformalizzato come quello per decreto penale – con conseguente impegno di risorse umane e finanziarie. Ciò significa acquisire da parte della Procura della Repubblica competente una notizia di reato da parte della polizia giudiziaria e/o degli altri soggetti preposti alla rilevazione delle violazioni; procedere alle comunicazioni all’indagato, anche ai fini della elezione di domicilio e della nomina di un difensore di fiducia; passare alla valutazione del fatto-reato esaminando la possibilità di procedere con decreto penale; emettere e notificare il decreto penale. Ed in caso di opposizione svolta contro il decreto penale dal condannato, predisporre le attività per il processo dibattimentale (con le lungaggini e con i costi umani e monetari che conosciamo).

Riteniamo perciò del tutto inopportuno – anzi: un vero e proprio disastro – utilizzare la polizia giudiziaria e la magistratura penale per perseguire il file sharing domestico, quando invece esistono organizzazioni criminali che prosperano indisturbate sulla pirateria musicale e cinematografica e che riciclano i proventi di tali attività in altre imprese poco commendevoli.

Inoltre, la sanzione penale nei confronti dei minori diventa di difficile applicazione: sotto i 14 anni il soggetto non è imputabile (e dunque non è punibile); tra i 14 ed i 18 anni, il giudizio sulla condotta criminale del minore è attribuito alla competenza del tribunale dei minorenni, con ogni immaginabile conseguenza. Resta poi da osservare che i minori, semmai, vanno protetti, istruiti ed educati adeguatamente, non certo indagati!

I problemi sopra indicati – che non sono certo gli unici – cadrebbero automaticamente, con la previsione di sanzioni amministrative, per l’applicazione delle quali sarà sufficiente un verbale di contravvenzione redatto dai funzionari preposti e contro il quale potrà eventualmente proporsi opposizione dinanzi all’organo amministrativo sopraordinato.

Anche il rimedio dell’oblazione, previsto dal pacchetto di modifiche al DL Urbani, non pare possa rivelarsi particolarmente efficace giacché rimane lettera morta nei confronti del minore e si rivela una misura draconiana ed eccessivamente dura laddove si tratti di violazioni di minima entità (si pensi a chi ha solo scaricato pochi MP3, anche solo per curiosità).

Inoltre l’oblazione è tecnicamente prevista per i reati contravvenzionali e non si comprende come possa conciliarsi con il reato delittuale di cui all’art. 171 LDA. Se proprio si deve introdurre una sanzione penale estinguibile con l’oblazione, che si faccia una scelta coerente fino in fondo e si introduca un nuovo reato contravvenzionale, punito con una ammenda ed estinguibile con il pagamento di una somma a titolo di oblazione.

In conclusione, l’associazione NewGlobal.it ritiene che sia palesemente ingiusto punire un’attività normalmente desiderabile come lo scambio gratuito e la condivisione della conoscenza e delle informazioni e che, perciò, rappresenti una enorme sproporzione punire come reato delittuale le violazioni del diritto d’autore perpetrate attraverso il file sharing.

E appare tanto più assurdo se si considera l’attuale impossibilità di condividere lecitamente le informazioni protette dal diritto d’autore, versando un contributo forfettario periodico agli autori ed ai produttori. Appare iniquo che oggi lo Stato non consenta in alcun modo un’attività utile e desiderabile come lo scambio e la condivisione delle esperienze culturali.

Se, ciò nonostante, la condotta del file sharing in violazione del diritto d’autore altrui deve essere considerata illecita, pare fuori discussione che si tratti di illecito di portata decisamente minore (sia per offensività, sia per allarme sociale); così come appare errato aggravare il carico di lavoro della magistratura penale per la repressione di un simile illecito.

L’associazione Newglobal.it, pertanto, pur riconfermando la propria contrarietà alla repressione del file sharing, auspica che il legislatore eviti l’introduzione di un nuovo reato nell’art. 171 LDA e che – se proprio occorre – preveda, al suo posto, una sanzione amministrativa, ovvero una contravvenzione punibile con la sola ammenda.

Per conto dell’associazione NewGlobal.it
il presidente
Ettore Panella

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Pubblicato il
4 feb 2005
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