Google resuscita le Smart Tag

Google resuscita le Smart Tag

Il progetto che fu abbandonato da Microsoft ora ritorna nella toolbar del celebre motore di ricerca. Che reagisce alle polemiche: il servizio lo attiva solo chi lo vuole
Il progetto che fu abbandonato da Microsoft ora ritorna nella toolbar del celebre motore di ricerca. Che reagisce alle polemiche: il servizio lo attiva solo chi lo vuole


Roma – Chi ricorda le polemiche che nel 2001 hanno spinto Microsoft a rinunciare al progetto Smart Tag non avrà ora difficoltà a capire perché le ultime novità introdotte da Google per la sua toolbar stanno sollevando molto rumore.

Già, la nuova versione della toolbar, uno strumento da tempo utilizzato da milioni di utenti di Internet Explorer in tutto il Mondo, integra Autolink , funzionalità di ricerca automatica collegata ai partner di Google. Se ci si trova su una pagina web che offre una serie di elementi riconoscibili, come il numero ISBN di un volume o un indirizzo fisico, allora Google in automatico offre, nell’esempio, i link alle pagine di Amazon dove acquistare un certo libro o il proprio servizio di mappe cittadine.

L’attivazione del servizio, quindi, ricorda da vicino le smart tag ideate a suo tempo da Microsoft, strumenti pensati per trasformare certe parole o oggetti delle pagine web visitate in link a siti partner dove, per esempio, procedere ad un acquisto.

Si potrebbe vedere il servizio come una sorta di “consigli per gli acquisti”, tra l’altro attivabile a piacere dall’utente, ma in questi giorni si critica invece Google perché in questo modo rischia di sfruttare la sua posizione in rete determinando il successo di una iniziativa commerciale su un altra. Si pensi ai competitor di Amazon, certo non felici che il colosso dell’e-commerce possa trovare in Google Toolbar un potente alleato.

Difficile peraltro dire se questo meccanismo incontrerà il favore dell’utenza, di certo va nella direzione di una “guida alla navigazione” che può stimolare gli interessi delle corporation di qualsiasi latitudine. Oppure minacciarli qualora ne siano escluse.

Va detto comunque che Google appare disposto al dialogo. Dopo le prime critiche al servizio formulate da blog come Micropersuasion , i responsabili dell’azienda hanno sottolineato che prima di lanciare il servizio sono state vagliate le implicazioni della toolbar. “Si tratta – ha spiegato un capo progetto – di una funzionalità attivata dall’utente. Cliccando il link si compiono quelle modifiche nel modo in cui l’utente ci chiede di modificare la pagina”. Non solo, Google ha voluto anche sottolineare che la presenza di nomi come Amazon non sia dovuta ad un patto commerciale, che non sussiste, quanto al fatto che Amazon secondo Google offre la scelta più ampia. In futuro, ha assicurato il motore, saranno gli utenti a stabilire quali collegamenti dovranno essere attivati, di quale fornitore e via dicendo.

È sufficiente come rassicurazione? Secondo molti non basta questo a proteggere Google dall’arrembaggio che potrebbe scatenare la toolbar. Il fatto che venga modificato il codice stesso delle pagine fornite, infatti, riapre il vecchio dibattito sulla paternità dei contenuti web, vista la possibilità di attivare nuovi contenuti automaticamente nell’accesso a determinate pagine realizzate da terzi. D’altra parte, se a sceglierlo è l’utente…

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Pubblicato il
21 feb 2005
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