ADSL, ma quale banda larga?

ADSL, ma quale banda larga?

Viaggio nei meandri della banda minima garantita e sull'effettiva disponibilità di risorse per il singolo utente. Qualche ISP ha iniziato ad aggiornarsi ma c'è molto da lavorare anche sulla trasparenza
Viaggio nei meandri della banda minima garantita e sull'effettiva disponibilità di risorse per il singolo utente. Qualche ISP ha iniziato ad aggiornarsi ma c'è molto da lavorare anche sulla trasparenza


Roma – È cominciata la corsa per rendere le ADSL più trasparenti: un’avanguardia di provider italiani si sta sforzando di dire di più agli utenti sulle capacità effettive delle connessioni in listino, sulla banda reale che vi è allocata. Si cerca insomma di risolvere uno dei problemi delle ADSL nostrane: l’utente non può sapere, a tutti gli effetti, quello che sta acquistando.

Un’ADSL in Italia è come una bottiglia nera dove c’è scritto: fino a 2 litri. Bisogna aprirla, dopo l’acquisto, per capire quanto liquido c’è davvero. Il che non è bello per un mercato ormai quasi maturo (o che vorrebbe esserlo). “Il pubblico sta diventando più attento alla banda garantita, vuole andare oltre le apparenze”, sostiene Cesare Veneziani, amministratore delegato di MC-link . “Per questo motivo da febbraio abbiamo cambiato il senso dei nostri valori di banda garantita. Ora danno in modo più preciso l’idea di quanta banda è assegnata a ciascuna ADSL”. Una strada già imboccata da NGI , come pioniere. In futuro, potrebbe toccare a Wind , che sta meditando in questi giorni su nuovi valori da dichiarare, per rompere la nebulosità delle offerte ADSL.

Sia chiaro, si è fatto un passo avanti verso la trasparenza, ma il guado è appena cominciato: i principali provider italiani ancora tengono le proprie ADSL nella nebbia dove i valori di banda di picco sono pallidi fari, in mancanza di altri punti di riferimento.

La stessa svolta inaugurata da NGI e MC-link potrebbe creare confusione, in questa fase di passaggio, poiché adesso il valore di banda minima garantita è un concetto non univoco: significa cose diverse a seconda del provider. Manca insomma uno standard.

La maggior parte dei provider (eccetto quindi NGI e MC-link) indica ancora l’MCR (Minimum cell rate) come banda minima garantita dell’ADSL. È un valore che acquistano all’ingrosso da Telecom Italia, per ogni linea, insieme con la banda di picco. “È un concetto superato: significa soltanto quanta banda spetterà a ciascun utente nel caso in cui ci sia saturazione del VP (Virtual Path, Ndr). Ma un buon provider farà in modo che mai si giunga a questi livelli”, afferma Luca Spada, amministratore delegato di NGI.

L’MCR non dice con precisione quanta banda reale sia stata messa nel VP per ciascun utente che la condivide, poiché Telecom permette di fare overbooking. La somma degli MCR di tutte le linee può essere pari o minore, infatti, a quattro volte l’MCR del VP. A sua volta il VP si regge su un sistema di risorse condivise e ha quindi un MCR e una banda di picco acquistabili all’ingrosso da Telecom. Considerato che in un VP è possibile mettere solo ADSL omogenee, con gli stessi MCR e bande di picco, un’ADSL con MCR 20 Kbps può trovarsi in un VP dove ci sono dai 5 ai 20 Kbps di banda assegnati per ciascun utente (calcolati sull’MCR del VP, in realtà quindi saranno di più, di volta in volta, poiché la banda disponibile nel VP oscilla, a seconda dei momenti, tra quella di MCR e quella di picco).


L’esperienza ha insegnato ai provider che “è meglio non superare l’overbooking con fattore due, cioè quando l’MCR del VP è la metà della somma degli MCR delle linee”, spiega Veneziani. Non solo, c’è anche il problema che l’MCR dà solo conto (in modo aleatorio) di quanta banda ci sia a livello ATM. “Ma la velocità reale della linea, che è poi quanto davvero interessa all’utente, è fatto anche di altre cose. Non solo della banda nel VP, ma anche di quella nazionale e internazionale. In particolare, è importante l’ampiezza del kit di interconnessione a Telecom: se la porta è limitata a pochi Mbps, crea una strozzatura a tutte le ADSL che devono passare di lì”. “Ecco perché avremmo voluto inaugurare un valore che desse meglio l’idea della banda reale disponibile. C’era venuto in mente il concetto di “banda percepita”, ma poi l’abbiamo trovato aleatorio? Quindi abbiamo rivisto quello di banda minima garantita”.

Almeno un passo avanti, quindi: “Ora teniamo conto di tutta la banda disponibile nelle varie parti del network, in rapporto al numero di utenti e anche alle loro abitudini. Noi abbiamo un parco di clienti diviso a metà tra business e consumer: si sovrappongono di rado, quindi”.

Così, i nuovi valori di banda garantita da MC-link permettono all’utente di calcolare meglio le potenzialità della propria linea. Ora l’ADSL 1.280 base ha 96 Kbps garantiti; prima, allo stesso prezzo, l’MCR era di 20 Kbps. “Abbiamo acquistato più banda nel VP, ma non ci serve chiedere a Telecom di cambiare il valore configurato di MCR”. Dello stesso avviso è Spada: “Abbiamo 64 Kbps di MCR per ogni linea, ma è una configurazione standard. Quello che importa è la banda reale”.

NGI calcola però in modo un po’ diverso, rispetto a MC-link, la banda garantita. “Ogni due settimane facciamo un controllo delle nostre reti. La somma delle bande garantite (quelle del listino di NGI, non l’MCR) delle linee presenti nei VP deve essere sempre pari al suo MCR; altrimenti, compriamo più banda. Poi facciamo shaping sui nostri router per dare priorità agli utenti che hanno acquistato un banda garantita più elevata”, dice Spada. Ma così il calcolo non è limitato alla banda ATM? “Sì, ma è quello che conta, visto che il costo della banda nazionale, internazionale e del kit è ormai piuttosto ridotto”.

C’è un fine comune, nei piani di NGI e MC-link, nonostante le divergenze: dare agli utenti un valore più preciso di quanta banda ci sia per linea, nel network. È chiaro, la banda media percepita dall’utente sarà maggiore di quella garantita, poiché solo una piccola parte delle linee attive sfrutterà le risorse comuni nello stesso momento. Se ci fosse uno standard, sarebbe possibile confrontare le offerte di diversi operatori, in base alla banda garantita, e desumerne quella media di fatto disponibile; ma così non è, e al momento tocca accontentarsi.

Del resto, il 70 per cento circa delle linee ADSL sono di Telecom e non hanno alcuna banda garantita. Almeno, però, sembra che gli utenti esperti abbiano capito l’arcano e tendano a preferire i provider che la offrono.

Buon segno, a riguardo, sono anche i piani di Wind: “Forse nei prossimi mesi dichiareremo il valore di oversubscription delle nostre linee”, spiega Antonio Converti, direttore marketing di Libero. Che significa? “Secondo gli esperti, sarebbe ideale un rapporto di oversubscription di 1 a 20. Per esempio, per un gruppo di 20 ADSL con 2 Mbps di picco ci devono essere 2 Mbps di banda reale disponibile, nei vari punti del network. Se tutti sono connessi e scaricano nello stesso momento, avranno 100 Kbps ciascuno. Ipotesi molto improbabile, soprattutto perché nei nostri network abbiamo grandi economie di scala: molte ADSL che condividono molta banda”. Wind non ha voluto rivelare i propri valori di oversubscription: “Sono però tra i migliori sul mercato”.

Il tema diventerà più caldo man mano che cresce la rete di unbundling degli operatori: “Quando usiamo i nostri Dslam non ci sono VP, la banda è tutta IP. Non ci sono strozzature ATM. Sarà più facile andare verso valori dichiarati di banda garantita”. All’orizzonte c’è quindi la speranza di ottenere più trasparenza (e sincerità) dagli operatori, a riguardo. Anche perché il mercato matura, il pubblico anche; diventa più smaliziato, comincia a comprendere che le ADSL, a prescindere dalla velocità di picco, non sono tutte uguali: vuole scuotere la bottiglia per capire quanto liquido ci sia. Le etichette, si sa, dicono poco.

Alessandro Longo

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Pubblicato il
4 mar 2005
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