Legge Urbani, ecco cosa cambia

Legge Urbani, ecco cosa cambia

di Daniele Minotti (StudioMinotti.it) - Nessuna depenalizzazione in vista ma molto cambia comunque: ecco vantaggi e difetti delle modifiche alla più contestata legge italiana su Internet. Cosa succederà e a chi
di Daniele Minotti (StudioMinotti.it) - Nessuna depenalizzazione in vista ma molto cambia comunque: ecco vantaggi e difetti delle modifiche alla più contestata legge italiana su Internet. Cosa succederà e a chi

Roma – Stanno cambiando le regole su P2P (meglio: sul file sharing), oramai è una notizia risaputa. Purtroppo – ma questo è meno noto – non si tratta di un colpo di spugna al celeberrimo “Decreto Urbani” (come modificato in sede in conversione), ma di un semplice “aggiustamento”: in meglio, ma non certo drastico e reciso così come risulta essere stato a suo tempo concordato tra il Ministro Urbani e alcune forze politiche (in particolare il senatore Cortiana, dei Verdi).

Va premesso un brevissimo riepilogo della situazione attuale:

– il semplice downloader rischia esclusivamente sanzioni amministrative, in particolare quelle previste dall’art. 174-ter l.d.a.;
– chi condivide, anche senza una contropartita economica – il fatto viene punito anche a merito titolo di profitto – passa, invece, al penale in considerazione dell’apposita previsione dell’art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis)
– nella pratica, però, anche per motivi tecnici di funzionamento di alcuni client (la messa in condivisione automatica o di “default” di quanto scaricato), è spesso improbabile che un downloader non sia anche uploader.

Accantonato, a quanto sembra, il disegno di legge che doveva portare con sé il citato colpo di spugna (in buona sostanza, il ritorno alla sanzione penale per il solo upload compiuto a fini di lucro – ferme le sanzioni amministrative per i downloader) è nata una nuova inaspettata via.

Nell’ambito di un disegno di legge dal titolo “alla Wertmüller” – tanto spazia da un capo all’altro del nostro ordinamento – e di conversione ampiamente “additiva” di un precedente decreto-legge (d.l. 7/2005) sono state, infatti, inserite disposizioni relative al file sharing, ora passate all’esame della Camera dopo essere state recentemente approvate al Senato.

E, considerati i tempi ristretti per la conversione di un decreto legge, c’è da immaginare che i Deputati non tarderanno molto a dare il sì definitivo al testo che risulta, ancora una volta, “blindato”.

Il testo in discussione è il risultato di molti emendamenti tra cui proprio quello voluto, dal senatore Asciutti per “raddrizzare”, malamente, il “Decreto Urbani”.

Sarà, dunque, punito con una multa (che è una sanzione penale, malgrado le dichiarazioni di taluni politici) da 51 a 2065 euro “chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma (…) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta, o parte di esse”. È chiaro che la messa in condivisione mediante un client P2P cade perfettamente in questa ipotesi.

In più “chiunque commette la violazione di cui al primo comma, lettera a-bis) (che è quella appena riportata, ndr) è ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima dell’emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della pena stabilita dal primo comma per il reato commesso, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato”.

Sulla scorta di questo testo, che, come detto, diventerà probabilmente legge tra pochi giorni, occorre fare, però, alcune considerazioni, dal momento che taluni (ad esempio l’Ing. Vigevano dell’omonima commissione) hanno sostenuto che si tratta di una “depenalizzazione di fatto”. Affermazione, va detto subito, del tutto falsa.
Cosa significa, anzitutto, depenalizzazione? Semplicemente, passaggio da sanzioni penali a sanzioni amministrative. Un po’ come successo, qualche anno addietro, per l’emissione di assegni a vuoto.

È vero che, per l’upload, si abbandoneranno sanzioni di una certa gravità (peraltro di dubbia equità) perché, attualmente, chi condivide anche per mero profitto rischia la reclusione da uno a quattro anni nonché una multa che può arrivare anche a oltre 15.000 euro, ma è altrettanto vero che il penale rimane (e attenzione che si tratta di un cd. “delitto”, non di una contravvenzione che appartiene ad una categoria di illeciti dalle conseguenze più lievi). Dunque di vera depenalizzazione non si può parlare. Un’eventuale condanna rimarrebbe sul certificato penale.

Di certo, il rischio galera è sventato e, poi, sarà introdotta la procedura di estinzione prevista dal secondo stralcio di legge. Ma anche quest’ultima non può andare esente da critiche, almeno così come ideata.

Si tratta, in buona sostanza, di un’oblazione, vale a dire di un mezzo, già previsto per altri reati, per estinguere il reato a fronte del pagamento di una determinata somma di danaro.

Vale, però, la pena di fare due conti. La norma in approvazione fissa detta somma nella metà del massimo. In concreto, quindi, il “conto” potrebbe ammontare a 1.032,5 euro, spese escluse (ma, salvo eccezioni, si tratta di poche decine di euro). Il fatto è che, nella pratica, è ben difficile che si condivida una sola opera. È, al contrario, probabile che ci si trovi di fronte ad una certa quantità di materiale. È logico per tutti che, in questo caso, la pena dovrebbe essere più elevata: nessuno potrebbe pensare che il ladro di cento mele dovesse essere punito come colui che ne ha sottratta una.

Il nostro codice penale, per temperare un calcolo che condurrebbe a cifre iperboliche (es.: 1032,5 euro x 100) prevede un sistema che, al massimo, comporta la triplicazione della pena, anche per mille mele.

Per tornare a parlare molto pratico – e se io, per un attimo, fossi il giudice – nell’ipotesi di convidisione di, ad esempio, 50 mp3 tutelati, fisserei la somma in 3.097,5 euro; e non perché sia particolarmente sadico, ma perché si tratta della somma imposta per legge.

E, infatti, se per 50 file il codice mi permette di infliggere una sanzione corrispondente, al massimo, a tre volte quella prevista per una singola violazione e se la norma in approvazione determina la somma per l’estinzione nella metà del massimo, il calcolo non può che essere questo: 2065 x 3 / 2 = 3097,5 euro. Una cifra, dunque, che non tutti potrebbero essere disposti a (o in grado di) pagare anche se a fronte della garanzia delle fedina penale pulita. Ecco perché non si può parlare neppure di “depenalizzazione di fatto”, malgrado le rassicurazioni degli “ingegneri”.

In più – e questa sembra essere una cosa sfuggita a molti, guarda caso a chi le leggi le fa, ma non le applica per mestiere e neppure ha una solida formazione giuridica – il termine ultimo per accedere a questa scappatoia è duplice: prima dell’apertura del dibattimento o prima del decreto penale di condanna.

La prima opzione non è problematica, la seconda molto. L’indagato, infatti, potrebbe non venire a conoscenza del procedimento contro di lui (salvo perquisizioni e/o sequestri), tanto meno dell’emissione (non della notifica) di un decreto penale. Altrimenti detto, rischierebbe di trovarsi notificato il decreto ovviamente già emesso. Dunque, con la svanita possibilità e la conseguenza di dover affrontare un processo dalla possibile condanna.

C’è soltanto da augurarsi che, a fronte di queste storture molto pregiudizievoli (e di dubbia legittimità costituzionale, rispetto a quanto accade normalmente a seguito del decreto penale), i pubblici ministeri evitino di richiedere detti decreti, optando, invece, per il rito ordinario, unico mezzo realmente idoneo, in questi casi, a garantire la libera scelta di accedere, o meno, alla procedura estintiva.

avv. Daniele Minotti
www.studiominotti.it

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Pubblicato il
18 mar 2005
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