Quell'elettrosmog vaticano

Quell'elettrosmog vaticano

di G. Mondi - La condanna di Radio Vaticana non è una grande vittoria per le popolazioni che vivono nelle campagne tra Roma e Bracciano. Però insegna qualcosa di nuovo su come gestire la questione elettrosmog
di G. Mondi - La condanna di Radio Vaticana non è una grande vittoria per le popolazioni che vivono nelle campagne tra Roma e Bracciano. Però insegna qualcosa di nuovo su come gestire la questione elettrosmog


Roma – Mi guardo bene dal dichiarare se Radio Vaticana sia o meno colpevole di danni alla salute o di specifici disturbi in cui sono incorsi i romani che abitano la campagna tra Anguillara e Cesano, laddove quella Radio da molti anni opera nella sostanziale quiete giuridica garantita dal suo status territoriale, Vaticano appunto.

Certo potrei criticare l’incapacità della Radio di arrivare ad una mediazione con le popolazioni circostanti che per anni hanno manifestato, anche a colpi di denunce, per cercare di liberarsi dal bombardamento dei potentissimi impianti dell’emittente vaticana. Epperò evito qualsiasi considerazione del genere, perché la sentenza con cui il Tribunale di Roma ha voluto condannare i vertici della Radio, con dieci giorni di reclusione e un 18mila euro di danni, sarà una magra consolazione per quelle genti ma è più che sufficiente a segnare un punto: la condanna infatti, dovendo tener conto dello status vaticanensis della Radio, verte sul concetto di “getto pericoloso di cose”.

Il ricorso a questa definizione, che certo non racconta l’aspro e annoso scontro tra la Radio e chi vive in quelle campagne, è frutto di un compromesso, eppure evidenzia con chiarezza di cosa possa essere accusato chi diffonde via etere quello che è stato definito inquinamento elettromagnetico.

Viviamo in un mondo sempre più avviluppato nelle onde elettromagnetiche: non una fonte, ma cento diverse fonti, di tipo diverso, di scopo e uso diverso, le cui emissioni trapassano le nostre case e i nostri organismi in qualsiasi momento del giorno e della notte, persino decuplicandosi nei pressi di fonti particolarmente potenti, come accaduto alle popolazioni di Cesano ed Anguillara. Ce ne sono alcune, come i dispositivi mobili che ci portiamo appresso, che abbiamo persino imparato a tenere a distanze minime o a nessuna distanza dal nostro corpo.

Ora questa sentenza, che parla di “getto pericoloso di cose”, indica forse l’approccio più razionale al grande mondo dell’elettromagnetismo: se non ci sono prove certe dei danni derivanti dalla moltiplicazione delle fonti, se la comunità scientifica si divide sugli effetti dell’esposizione, allora a tutti gli altri, a chi è condannato a coltivare inevitabili inquietudini, rimane almeno la possibilità di chiedere alla giustizia di verificare se quelle cose da cui è bombardato non possano essere considerate pericolose.

Gilberto Mondi

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Pubblicato il
13 mag 2005
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