A Pechino l'ufficio antipirati americano

A Pechino l'ufficio antipirati americano

Storico accordo, almeno così viene presentato, tra i due paesi. La Cina promette che questa volta non la farà passar liscia ai pirati, nemmeno a quelli informatici
Storico accordo, almeno così viene presentato, tra i due paesi. La Cina promette che questa volta non la farà passar liscia ai pirati, nemmeno a quelli informatici


Pechino – Dopo una giornata di estenuanti trattative, l’alto funzionario del governo americano Carlos Gutierrez è riuscito a strappare un’importante promessa dalla bocca dei diplomatici cinesi: la Cina inizierà a perseguire pesantemente la pirateria in cambio di maggiore cooperazione economica tra le due potenze planetarie. Washington ha fatto pressione per molti mesi, già dall’entrata della Repubblica Popolare Cinese nella WTO , affinché Pechino iniziasse a frenare il mercato parallelo che interessa una incredibile quantità di prodotti americani: dai film di Hollywood fino agli applicativi Microsoft , dalla musica d’autore fino ai libri.

L’ennesima promessa impossibile? Stavolta sembra proprio di no: gli USA apriranno una sezione straordinaria del proprio braccio antipirateria proprio nell’ambasciata di Pechino – una sorta di ufficio che dovrà gestire la collaborazione tra autorità americane e cinesi per stroncare il traffico di materiale piratato.

Secondo Gutierrez, segretario per il Dipartimento del Commercio Americano, con un graduale riassorbimento dei danni provocati dalla pirateria cinese (stimati in oltre 8 miliardi di dollari all’anno), “l’economia americana potrà risollevarsi” e pareggiare finalmente il disavanzo nei confronti della Repubblica Popolare. L’obiettivo di Gutierrez è di arrivare, tramite vari accordi, ad una progressiva apertura totale del mercato informatico (ma non solo) della popolosissima Cina. Infatti, persino aziende come Google e Yahoo! hanno dovuto sottostare alle dure norme del Partito Comunista: qualsiasi azienda estera che operi sul territorio cinese deve avere una partecipazione dello stato.

Steve Ballmer, CEO di Microsoft, non è altrettanto ottimista: “Dopo questo accordo non ci saranno certamente cambiamenti drastici”, ha dichiarato in una intervista ad Associated Press . Secondo il vertice di Redmond, il 90% del software sui computer cinesi è pirata : un dato che contrasta nettamente con quanto affermato, più volte, dai burocrati di Pechino. In Cina, secondo le fonti ufficiali, il governo è un accanito sostenitore di Linux sia nell’amministrazione pubblica che nelle grandissime aziende statalizzate. Ma nei negozi la quantità di software proprietario piratato e venduto a basso prezzo rimane elevatissima.

Per il momento, sembra che le tensioni tra Repubblica Popolare Cinese e Stati Uniti si siano allentate: il culmine si era avuto negli scorsi giorni, quando le Camere di Washington hanno discusso sulla controversa offerta cinese per l’acquisto di una importante azienda petrolifera americana. “La Cina dovrebbe aprire i mercati come noi stiamo facendo”, conclude Gutierrez – lasciando pensare che le aziende americane sono pronte ad essere travolte dal grande Drago asiatico. Basterà la lotta alla pirateria per porre un freno all’aggressiva espansione economica mandarina?

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
13 lug 2005
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