Brevetti, è stata vera vittoria?

Brevetti, è stata vera vittoria?

di Paolo Zocchi - E ora? La mancata approvazione della direttiva non altera lo status quo, quello di un Ufficio brevetti europeo che continua ad operare a briglia sciolta. Occorre rimettersi in moto
di Paolo Zocchi - E ora? La mancata approvazione della direttiva non altera lo status quo, quello di un Ufficio brevetti europeo che continua ad operare a briglia sciolta. Occorre rimettersi in moto


Roma – Il recente voto del parlamento Europeo, quasi unanime, contro la Direttiva sulla brevettabilità del software, è stato salutato da molti come un grande successo del movimento antibrevetti e della comunità open source . A dieci giorni abbondanti dal voto, senza quindi sospetti su possibili influenza lobbistiche, credo che sia utile riprendere una riflessione su un evento che ha invece, a mio parere, implicazioni molto complesse e probabilmente negative.

Come molti sanno, il centrosinistra europeo (PSE, ADLE) aveva cercato di emendare la direttiva inserendo norme che, pur garantendo in modo deciso il fatto che il software, in sé e per sé, non potesse essere brevettato, avrebbero permesso da un lato di sanare le situazioni che l’EPO, l’Ufficio Brevetti Europeo, ha attualmente aperte, dall’altro di avviare un processo che, a partire dalla riforma dell’EPO stesso, avrebbe potuto garantire all’industria europea di avere standard omogenei di protezione e, soprattutto, di poter ripensare il sistema della ricerca privata. Ricerca che, come sappiamo, non vive delle rendite dei brevetti quando questi sono ventennali, ma che potrebbe essere assai più stimolata se i brevetti, ad esempio, fossero impostati sulla Legge di Moore, ovvero 18 mesi. Insomma, tutte idee sinceramente riformiste che sono rimaste sulla carta e che hanno trovato l’imprevisto ostacolo del “tanto peggio tanto meglio”.

La “lobby al contrario” ha funzionato meglio della lobby tradizionale e molte aziende interessate alla brevettabilità hanno preferito che non ci fosse nessuna direttiva piuttosto che una direttiva emendata. Il risultato è che oggi ci troviamo, come ieri, senza regole omogenee, con un EPO che continuerà a brevettare software come ha fatto sino ad oggi, e con la falsa (e pericolosissima) sensazione, di aver ottenuto una vittoria schiacciante.

Mi pare significativo che, europarlamentari con pedigree di razza come Rocard, l’autore degli emendamenti, abbiano avuto seri dubbi se votare contro la direttiva; e Patrizia Toia, europarlamentare della Margherita, ha preferito la via dell’astensione, motivandola con il fatto che il lavoro svolto sino ad allora sugli emendamenti sarebbe stato vanificato. Cito testualmente: “Se mi sono astenuta sulla proposta di rigetto è perché non ho voluto perdere linearità e coerenza, non ho voluto confondermi con quella gran parte del Parlamento che ha votato per il rigetto completo perché erano coloro che pur di non vederla modificata nel senso da tutti noi auspicato preferivano il nulla e preferiscono l’attuale vuoto legislativo. Io penso peraltro che il vuoto è uno spazio nel quale i più forti se la cavano meglio e certo i più forti non sono i sostenitori dell’Open Source!”.

Ora in questo contesto mi pare che sia veramente difficile parlare di vittoria: non mi pare che il ruolo dei monopolisti ne esca ridimensionato, non mi pare che questo fatto darà alcun impulso all’industria europea del software, non mi pare che vi siano le condizioni per un balzo in avanti della ricerca, non mi pare, infine, che l’ open source , che credo sia la prospettiva finale che tutti abbiamo a cuore, ne possa trarre giovamento nel suo percorso verso un modello di business alternativo. Ma, al di là di piangere sul latte, versato o conservato, è importante rimettersi a pensare. E’ veramente da auspicare che sia possibile riprendere le fila di un discorso interrotto e affrontarlo con quella coerenza e quella concretezza che, a mio parere, in questa occasione non sono state utilizzate fino in fondo.

Paolo Zocchi
Paolo Zocchi insegna Modelli e Strategie di e-Government all’Università La Sapienza di Roma, è presidente dell’Associazione UNARETE e coordinatore dell’Osservatorio Nazionale ICT della Margherita

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Pubblicato il
19 lug 2005
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