Kazaa? Colpevole con tutti i suoi utenti

Kazaa? Colpevole con tutti i suoi utenti

Lo decide un tribunale australiano che non sembra avere dubbi: Sharman Networks ha distribuito un software incoraggiando gli utenti a violare il diritto d'autore. Applausi scroscianti dalle major del disco
Lo decide un tribunale australiano che non sembra avere dubbi: Sharman Networks ha distribuito un software incoraggiando gli utenti a violare il diritto d'autore. Applausi scroscianti dalle major del disco


Melbourne (Australia) – Giornata campale quella di ieri per il peer-to-peer e in particolare per Kazaa : l’azienda che produce il celebre software di sharing ha infatti incassato la più pesante sconfitta legale fino a questo momento. Un tribunale federale australiano l’ha riconosciuta colpevole di aver diffuso un programma che consente di violare il diritto d’autore, riconoscendo i suoi utenti come pirati che agiscono ai danni dell’industria dei contenuti.

Secondo il giudice federale Murray Wilcox, la società che ha sviluppato Kazaa, Sharman Networks, “da lungo tempo sa che il sistema di Kazaa è utilizzato ampiamente per la condivisione di file protetti”. Il magistrato ha dunque rigettato la tesi della difesa secondo cui non solo in Kazaa avverrebbero anche scambi perfettamente leciti, ma soprattutto che la società non è in grado di monitorare esattamente cosa i suoi utenti facciano di quel software.

A tal punto Wilcox si è convinto della malafede di Sharman che ha condannato l’azienda a modificare Kazaa affinché diventi impossibile utilizzare quel software per violare il diritto d’autore: si tratta di una richiesta che negli Stati Uniti fu imposta anche a Napster e che contribuì in maniera determinante alla fine del primo e più celebre sistema di file sharing . La sentenza prevede che queste modifiche siano elaborate entro due mesi.

Secondo il tribunale, il sito di Kazaa avrebbe per lungo tempo “incoraggiato gli utenti a pensare che fosse fico raggirare le società della musica ignorando i limiti del diritto d’autore”. Il magistrato ha invece ritenute infondate (letteralmente “esagerate”) le accuse secondo cui gli stessi gestori di Kazaa si sarebbero macchiati di pirateria: “Ciò che si può affermare realisticamente è che gli accusati hanno autorizzato gli utenti a violare il diritto d’autore dell’accusa”. “Ben lontani dal prendere provvedimenti per ridurre il file sharing di materiale protetto – ha continuato il giudice – Sharman ed Altnet (il partner commerciale dell’azienda, ndr.) hanno incluso sul sito web di Kazaa esortazioni agli utenti affinché aumentassero la condivisione di file”.

Ma non è finita qui: a breve una serie di udienze stabiliranno l’ ammontare dei danni che la piattaforma di sharing, un tempo la più popolare applicazione scaricata dal web , dovrà pagare. Il 90 per cento delle spese sostenute dall’industria per imbastire questo caso giudiziario dovranno essere rimborsate da Sharman e dal suo partner commerciale Altnet, accusato e condannato per le stesse ragioni.

“La sentenza di oggi – ha dichiarato John Kennedy , chairman IFPI , la federazione internazionale dei fonografici – dimostra che Kazaa, uno dei più importanti motori per la violazione del diritto d’autore nonché il marchio più celebre nel furto della musica nel mondo, è illegale”.

Sebbene la sentenza si applichi alla sola Australia e Sharman abbia già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello, l’industria ritiene che la sua portata sia destinata a lanciare un segnale a tutto il Mondo. “Questa – ha dichiarato Kennedy – è una pietra miliare nella lotta internazionale contro la pirateria su Internet”.


“Nello spazio di dieci settimane – ha dichiarato Kennedy – tre tribunali in tre diversi paesi (oltre all’Australia anche Stati Uniti e Corea , ndr.) hanno dato un forte impulso allo sforzo delle società della musica e della tecnologia per dar vita ad un sistema legale di distribuzione”. “Oggi – ha anche sottolineato – viene inviato un segnale a tutti gli altri network di file sharing illegale: devono adattarsi ed entrare nella legalità subito”.

Apprezzamento per la sentenza è stato espresso anche in Italia da FIMI , la federazione dell’industria musicale nostrana. Il suo presidente, Enzo Mazza , ha dichiarato: “Dopo la decisione su Grokster della Suprema Corte USA, ora anche una corte australiana stabilisce che le imprese che propongono un modello di business basato sulla riproduzione illegale di musica sono responsabili per danni”. Secondo Mazza “la musica legale online sta offrendo grandi prospettive di sviluppo ma è necessario che ciò avvenga nell’ambito delle regole, la decisione australiana è un altro passo nella direzione di favorire il file sharing legittimo: ora le aziende di tecnologia sanno quale strada intraprendere”.

Va detto che i tempi della giustizia australiana non hanno aiutato le major: da lungo tempo ormai Kazaa è stato soppiantato tra i software più utilizzati da piattaforme come eDonkey o BitTorrent e da altri sistemi che spesso e volentieri non fanno capo ad una società che, come Sharman, possa essere individuata e denunciata.

L’intera sentenza australiana è disponibile qui

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Pubblicato il
6 set 2005
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