L'Italia blinda il Wi-Fi

L'Italia blinda il Wi-Fi

Difficoltà in arrivo per gli operatori: dovranno tracciare il traffico e chiedere il documento di identità. Sarà soffocato un settore nascente, che promette anche di dare banda larga agli esclusi dall'Adsl?
Difficoltà in arrivo per gli operatori: dovranno tracciare il traffico e chiedere il documento di identità. Sarà soffocato un settore nascente, che promette anche di dare banda larga agli esclusi dall'Adsl?


Roma – Aeroporto di Fiumicino, manca mezzora alla partenza del volo verso New York: il turista americano pensa che ci sarebbe il tempo per scaricare la posta e leggere le ultime notizie dei quotidiani online, grazie a un vicino hot spot Wi-Fi. Peccato che gli tocchi fare la fila, prima di potersi connettere: dovrebbe mostrare il proprio documento di identità a un addetto e farselo fotocopiare. Il turista americano rinuncia: dopo l’11 settembre, ai controlli antiterrorismo credeva di essere ormai abituato, negli Usa; ma addirittura farsi schedare per usare il Wi-Fi… Secondo scenario. Gli abitanti di un paesino non raggiunto dall’Adsl si sono rassegnati: quella postazione Internet installata poche settimane prima, in piazza, non funzionerà mai più. Ne parleranno ai giovani ricordando dei giorni in cui “Internet veloce” aveva toccato il loro piccolo paese. L’operatore che gestiva l’accesso pubblico l’ha ormai disattivato: costava troppo monitorare il traffico a scopi antiterroristici; il gioco non valeva più la candela.

Sono due scenari possibili, che potrebbero diventare realtà già da quest’autunno. In agosto è stato infatti presentato il decreto attuativo Pisanu e c’è tempo 60 giorni per adeguarsi alle misure di sicurezza che impongono ai gestori di accessi pubblici a Internet di controllare il documento di identità degli utenti e monitorarne il traffico. Il tutto si applicherebbe non solo agli Internet cafè ma anche agli hot spot Wi-Fi.

Eppure si tratta di servizi non a caso definiti “nomadici”, che hanno implicita la libertà di movimento. Sono spesso usati dagli utenti in ritagli di tempo, “mordi e fuggi”, e da un pubblico di turisti stranieri di passaggio. Magari dotati di abbonamenti con operatori esteri, che però permettono di accedere, in roaming, a hot spot italiani. Arrivati in Italia, i turisti o le persone in viaggio d’affari subirebbero, per l’accesso all’hot spot, controlli inauditi in altri Paesi occidentali. Insomma, secondo alcuni operatori le nuove norme sarebbero in conflitto con le caratteristiche proprie del Wi-Fi e rischiano di soffocare questo mercato, che già ora, in Italia, stenta a uscire da una nicchia.

Secondo i dati pubblicati dal Politecnico di Milano, il Wi-Fi italiano è usato per larga parte da utenti stranieri. Quanti di loro saranno disposti a subire la trafila burocratica per potersi connettere?

Ci sono inoltre dubbi che tutto questo serva davvero a frenare il terrorismo. “A che titolo possiamo verificare che il documento di identità sia valido e non contraffatto?”, dice Fabio Romano, responsabile organizzazione presso Unidata , che eroga i servizi del progetto Roma Wireless . C’è chi in Internet già critica il progetto accusandolo di non rispettare le norme stabilite dal decreto Pisanu. Per accedere agli hot spot di Roma Wireless è sufficiente infatti una password che può essere richiesta online e ottenuta su un indirizzo di posta elettronica.

“Sono critiche che arrivano da persone disinformate”, ribatte Romano. “Abbiamo 60 giorni di tempo per adeguarci a quelle norme. Solo a settembre abbiamo ricevuto le misure attuative per il reperimento dei dati anagrafici e per il monitoraggio (come da articolo 7 del decreto)”.

Ci sono peraltro molti punti controversi in quelle misure attuative, dice Unidata: “non siamo ancora certi che si applicano, tutte rigorosamente, ai servizi Wi-Fi nella misura in cui il computer usato sia di proprietà dell’utente”. È possibile, allora, che cominci da questi giorni un braccio di ferro tra operatori Wi-Fi e le autorità, alla ricerca di un compromesso tra opposte esigenze. “Presenteremo alla Polizia Postale una proposta: permetteteci di identificare l’utente tramite Sms e quindi risalendo all’intestatario della Sim di un cellulare. Obbligarci al controllo e alla fotocopia del documento di identità sarebbe davvero troppo penalizzante per il servizio”.


Secondo l’operatore Wi-Fi Company il problema, arrecato dalle nuove norme, è invece un altro: “le misure attuative ci obbligherebbero a tracciare tutti i protocolli rappresentati nel traffico degli hot spot”, dice Sergio Levrino, il direttore generale. “Dovremo dedicare risorse a questa funzione di controllo. Il che per un piccolo operatore potrebbe essere troppo oneroso”.

Già adesso il Wi-Fi italiano è per larga parte in mano a Telecom Italia ; se il decreto Pisanu ucciderà qualche piccolo provider, che ne sarà della concorrenza in questo settore? Non solo: c’è un altro rischio da considerare. “I costi necessari per monitorare il traffico ridurrebbero i margini di profitto. Renderebbero quindi non profittevoli quegli hot spot che portano entrate modeste agli operatori, i quali sarebbero quindi costretti ad abbandonarli. Di quali hot spot stiamo parlando, però? Di quelli presenti in piccoli comuni, magari non coperti da Adsl, che però hanno in quegli hot spot un baluardo prezioso nella lotta al digital divide”.

Il risultato, se questi sono i rischi, è che il decreto Pisanu potrebbe minacciare la crescita tecnologica del Paese. Wi-Fi Company è in una buona posizione per denunciare i rischi di una politica che dovesse frenare la lotta al digital divide. Conosce infatti la realtà e i problemi delle aree periferiche italiane: da qualche mese sta lavorando con l’ANPCI Associazione Nazionale Piccoli Comuni Italiani per portare la banda larga Wi-Fi in migliaia di città non raggiunte da Adsl.

“Il problema sollevato da queste misure attuative, – aggiunge Levrino-, potrebbe acuirsi nei prossimi mesi. Il nuovo, promesso decreto Wi-Fi dovrebbe dare il via libera alla nascita di reti Wi-Fi territoriali, in grado di portare banda larga a case e uffici di zone non coperte da Adsl. Queste reti, al momento illegali in Italia, funzionerebbero tramite un sistema di mesh network : il segnale saltando di hot spot in hot spot raggiunge l’utente, con una strategia di routing adattativo. Se un nodo si intasa, il segnale trova un’altra strada per arrivare a destinazione”.

Il problema è che monitorare tutti i protocolli, come vorrebbero le misure attuative del decreto, su un mesh network è molto complesso e dispendioso, soprattutto per un piccolo provider, nota Wi-Fi company. Per un grande operatore sarebbe fattibile, forse; peccato che, in prospettiva, sarà soprattutto un lavoro da piccoli provider colmare le lacune della copertura Adsl offrendo servizi Wi-Fi. Si presenta infatti come un mercato di nicchia, poco interessante per soggetti quali Telecom Italia o Wind.

È lo scenario previsto da Stefano Quintarelli, presidente dell’AIIP (l’associazione dei principali provider italiani). Le misure attuative rischiano quindi di mettere i bastoni tra le ruote proprio ai soli soggetti interessati a colmare, con il Wi-Fi, i gap dell’Adsl. Svanirà quindi anche questa speranza per gli utenti affamati di Internet veloce e per le piccole-medie aziende che temono di perdere competitività perché non coperte da Adsl?

Con un po’ di ottimismo, ci si può augurare che alla fine sarà trovato un compromesso tra sicurezza e diffusione della banda larga. Se la prima sta a cuore del Ministro dell’Interno Pisanu, infatti, la seconda è sostenuta dal Ministro delle Telecomunicazioni, che ha già dichiarato di volere uno scenario in cui i piccoli comuni avranno la banda larga tramite Wi-Fi. Sarebbe bizzarro che due Ministri dello stesso Governo si mettano a remare uno contro l’altro in una materia così delicata come lo sviluppo tecnologico del Paese… O no?

Alessandro Longo

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Pubblicato il
9 set 2005
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