Linux, dati e umori

Linux, dati e umori

Nuova indagine di mercato, nuove dichiarazioni: questa volta è Gartner, secondo cui il Pinguino si sta sviluppando bene, ha un becco perfettamente formato ma è ancora troppo giovane
Nuova indagine di mercato, nuove dichiarazioni: questa volta è Gartner, secondo cui il Pinguino si sta sviluppando bene, ha un becco perfettamente formato ma è ancora troppo giovane


Roma – L’ultima indagine di Gartner afferma che l’open source è di ben 5 anni indietro rispetto ai prodotti concorrenti nel settore business IT. In pratica, sembrano dire gli analisti della celebre società di ricerca, si tratta di soluzioni di grande interesse ma ancora troppo giovani.

Diversi i piani di sviluppo del codice aperto secondo Gartner: dalla fine del 2005 si assisterà ad un incremento delle vendite nei settori web e mainframe. Per quanto riguarda invece l’ambiente desktop si prevedono tempi duri, perché i costi di migrazione si sono dimostrati più alti degli eventuali benefici.

Va detto che sono anni che su Linux si sprecano indagini di mercato, interviste e analisi sul campo che tentano di tracciare i reali vantaggi del software aperto per l’IT, con risultati che da sempre sono contrastanti: la cosiddetta migrazione verso l’open source desta ancora dubbi, anche perché navigando fra i dati e le dichiarazioni degli operatori, ma anche di molte società di rilevazione, il marketing sembra annacquare spesso e volentieri qualsiasi credibilità. A dar credito al Pinguino sono ancora e soprattutto le grandi manovre di certe pubbliche amministrazioni, intenzionate a dotare di sistemi aperti i propri computer.

A spingere su Linux, peraltro, ormai sono in molti. Non è un caso che all’inizio di settembre sia arrivata una ulteriore “benedizione” da IBM che, grazie ad un’indagine commissionata al Robert Frances Group , ha sentenziato un TCO (total cost of operation) per Linux inferiore del 40% rispetto a Microsoft Windows. Nell’application server – il settore chiave della ricerca -, calcolato per un periodo operativo di tre anni e su sistemi capaci di 100.000 transazioni per secondo, il Pinguino sembrerebbe quindi imbattibile. Fra i vantaggi individuati, le stesse indicazioni accademiche di sempre: supporto multi-piattaforma, il sistema di gestione delle licenze etc. Anche HP ha iniziato ad accelerare sull’ adozione di Linux nei datacenter . La lista dei grandi marchi che sostengono la causa del Pinguino, insomma, si allunga sempre di più.

Eppure a “guastare la festa” ci sono alcuni segnali, come quelli che ha pubblicato Silicon.com : intervistando alcuni dei CIO delle più importanti imprese britanniche, ha riscontrato che l’attrattiva dell’ open source sarebbe diminuita negli ultimi due anni in 7 casi su 12: le motivazioni principali riguardano i costi di gestione e migrazione.

“Il prezzo competitivo delle soluzioni Unix, grazie alla crescita di Fujitsu come alternativa a Sun, combinato con la maturità delle tecnologie di virtualizzazione in ambiente Wintel, hanno reso l’open source decisamente meno interessante in ambito business”, ha spiegato Ian Cohen, direttore IT presso il Financial Times. “Il mondo IT ha compreso probabilmente che per trarre realmente beneficio dall’open source bisogna essere parte di esso, e questo obbliga ad ingenti investimenti sia in termini finanziari che di tempo piuttosto difficili da giustificare”, ha aggiunto Gavin Whatrup, IT director at Delaney Lund Knox Warren & Partners.

JP Rangaswami, CIO presso la banca d’investimento Dresdner Kleinwort Wasserstein, ha investito nell’open source e continua a considerarla una soluzione vincente non per i costi, ma per la sua flessibilità, mobilità e adattabilità. “Libero come in libertà, e non libero come se fosse gratis. L’innovazione democratizzata non è un’opzione. E’ la sola opzione e quindi l’unica strada”.

Rob Neil, responsabile IT presso Ashford Borough Council, forse, è l’unico che ha elaborato una visione più semplice del problema: l’open source è diventata una soluzione business come le altre, adesso si confronta allo stesso livello, scontando pregi e difetti.

Dario d’Elia

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Pubblicato il 13 set 2005
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