I videocellulari? Facile accecarli

I videocellulari? Facile accecarli

Ci provano gli scienziati del Georgia Tech che contano così di proteggere gli ambienti chiusi da telefonini troppo... curiosi. Ecco come funziona l'infrarosso che acceca
Ci provano gli scienziati del Georgia Tech che contano così di proteggere gli ambienti chiusi da telefonini troppo... curiosi. Ecco come funziona l'infrarosso che acceca


Roma – Un gruppo di ricercatori della Georgia Institute of Technology ha sviluppato una soluzione hardware che permetterebbe di impedire le riprese video e gli scatti fotografici digitali non autorizzati. Shwetak Patel , portavoce del team, ha assicurato che questo tipo di tecnologia è in grado di rilevare la presenza di una camera digitale fino a circa 10 metri e proiettare su di essa un raggio di luce in grado di abbagliare la lente.

In pratica, un qualsiasi curiosone , ospite magari nei laboratori di un’azienda, non sarebbe in grado di utilizzare la sua camera digitale o camera phone perché ogni scatto produrrebbe un’immagine con effetto contro-sole .

Il segreto del dispositivo è legato alle proprietà di riflessione catottrica delle lenti delle camere digitali. Quando una luce colpisce una superficie riflettente, una porzione di questa ritorna verso la sorgente . Il vetro “normale” come quello delle lenti degli occhiali, delle bottiglie e degli orologi hanno un tipo di riflessione diversa da quella delle cam. “La pellicola posta sopra le ottiche è molto riflettente; molte persone magari lo sanno, ma non conoscono la sua grande intensità”, ha dichiarato Patel.

Il dispositivo copre un’area di 10 metri con una luce a raggi infrarossi inclinata di 45 gradi verso il basso; quando è presente un intenso livello di riflessione viene individuata la cam. A quel punto parte uno speciale raggio di luce che va a colpire direttamente la sorgente. In questo modo ogni foto risulterà sovraesposta , praticamente totalmente oscurata. Per rendere il sistema infallibile è stato implementato un tipo di emissione luminosa in grado di aggirare anche le possibili compensazioni che sono in grado di attuare automaticamente le cam. I tecnici, inoltre, hanno assicurato che una sola unità è sufficiente a bloccare più cam digitali che utilizzino sia sensori CCD che CMOS.

Il prototipo realizzato in laboratorio sfrutta un proiettore digitale, che si occupa di emettere il flusso di luce “abbagliante”, e una videocamera montata nella zona superiore dello chassis, che integra il dispositivo a raggi infrarossi. Presto sarà disponibile una versione per la produzione in serie e la conseguente commercializzazione. Il riscontro degli addetti ai lavori sembra, infatti, sembra essere stato positivo durante l’ultimo Ubicomp (The Seventh International Conference on Ubiquitous Computing) tenutosi a Tokyo la scorsa settimana.

La domanda del mercato nei confronti di questo genere di prodotti ha destato l’interesse anche di colossi come HP , che a gennaio ha depositato il brevetto di una soluzione software che ha gli stessi obiettivi ma che richiederebbe l’integrazione di circuiti specifici su tutte le camere digitali, videocamere e camera-phone del mercato.

Il problema della violazione della privacy o del segreto industriale è sicuramente uno degli elementi chiave della questione. Secondo i dati rilasciati da Gartner il fenomeno delle “foto rubate” potrebbe dilagare, tanto più che in Giappone l’85% dei telefonini dispone di una cam digitale e in Occidente entro la fine 2006 verrà raggiunta quota 80%. Anche in Italia il Garante per la Privacy ha confermato le preoccupazioni per le eventuali conseguenze di un uso sconsiderato dei camera-phone e dei dispositivi video-digitali.

“Le aziende normalmente confiscano temporaneamente le macchine fotografiche digitali degli ospiti durante le visite, ma certamente questa soluzione non può essere applicata ai cellulari. Qualcuno potrebbe aspettare una chiamata importante”, ha sottolineato Patel.

Dario d’Elia

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Pubblicato il 21 set 2005
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