Carta o bit?

Carta o bit?

di Marco A. Calamari - Le riviste internazionali in edicola costano uno sproposito: naturale quindi ricorrere alla rete, dove quegli stessi testi sono disponibili con due euro e qualche tecnologia DRM
di Marco A. Calamari - Le riviste internazionali in edicola costano uno sproposito: naturale quindi ricorrere alla rete, dove quegli stessi testi sono disponibili con due euro e qualche tecnologia DRM


Roma – Se la mia sindrome, di cui non sono riuscito a trovare nome o descrizione nella letteratura medica, è anche la vostra, quando passate vicino ad una edicola ben fornita, vi sentirete irresistibilmente attratti verso la bacheca delle riviste estere. Ebbene sì, lo confesso, sono rivista-dipendente. Se avessi il tempo per leggerle ed il posto per conservarle, ne farei man bassa tutte le volte che mi avicino ad un’edicola; per fortuna mi mancano ambedue e quindi il problema non mi si pone, almeno in maniera drammatica.

Ma c’è un fattore che questa breve descrizione ha trascurato; non di solo tempo e posto in libreria, ma anche di soldi c’è bisogno, e nemmeno pochi. E pensare a questo mi provoca (e scusate i continui riferimenti soggettivi) una reazione tra l’irritato ed il rabbioso; il prezzo delle riviste estere americane od inglesi (mensili) in Italia è dal doppio al triplo del prezzo di copertina. Facciamo un esempio; “Wired”, rivista che merita sempre di essere letta, costa negli Stati Uniti 4.95 dollari; calcolatrice alla mano e con il cambio di oggi, 4,10 euro.
Visto che alla mia edicola d’elezione ho pagato, per l’ultimo numero, 8,70 euro, il prezzo è il 212% di quello originario; si noti che il prezzo originario comprende il margine dell’edicolante, che credo proprio il distributore italiano non paghi quando compra le riviste dall’editore.

Il sovrapprezzo del 112% è congruo col fatto di farla arrivare dagli Stati Uniti? Non è il mio mestiere, ma dato che giocando di pallet e di voli cargo notturni in pochi giorni si riescono a far arrivare copie singole dei libri usati di Amazon a prezzi inferiori a quelli di un pacco di stampe a tariffe italiane, a me pare di no.

Vorrei dire di più, ma non sto facendo una crociata contro i distributori italiani di riviste estere, che hanno il diritto di gestire il loro business come meglio credono, cosi la fermo qui dicendo che a parer mio il prezzo è ingiustificatamente, incommensurabilmente, astromicamente esagerato. Solo un parere, sia chiaro! Ma oggi a tutto questo c’è un’alternativa: i bit.

Molte note pubblicazioni, da Macworld e PC World fino all’Harvard Business Review, dalle riviste di genetica a quelle che celebrano la divina forma femminile senza veli, sono disponibili in formato elettronico, pronte per essere scaricate sul computer con pochi colpi di mouse ed uno dato con la carta di credito. I prezzi? Ridicoli!

Se si acquista un abbonamento annuale, si parla dela metà od anche meno del prezzo di copertina all’origine.
Per farla breve, una rivista americana in formato elettronico puo’ costare il 20% (un quinto) della stessa rivista su carta comprata in italia. Con due numeri si paga l’abbonamento di un anno.
Il tutto da siti di e-commerce perfetti, agili, e con software di fruizione ben fatto, che fornisce una “user experience” veramente notevole.

Ma c’è un bruttissimo rovescio della medaglia: sistema operativo non libero, client di lettura proprietario, formato criptato, mini DRM già in azione.
E poi regole di utilizzo poco chiare od assenti, policy di utilizzo in cui i diritti del compratore non sono nemmeno previsti ma di solito non si diventa nemmeno proprietari di quanto scaricato perchè non lo si puo’ trasferire a terzi. In pratica si compra solo il diritto di leggere, e spesso nemmeno per un tempo illimitato. Sistemi facilmente aggirabili, certo, ma oggi come oggi raccontarli può mettere nei guai… quindi non mi spingo oltre.

Adesso mi resta solo da decidere come rovinarmi il fegato: pagando troppo le riviste su carta o finanziando il nuovo mercato dei contenuti digitali, distribuiti solo come servizio ed a forza di DRM? Suggerimenti?

Marco A. Calamari

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Pubblicato il
4 nov 2005
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