Una stampante per... organi?

Una stampante per... organi?

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha messo a punto una sorta di carta organica che può essere stampata per assemblare tessuti vascolari. L'alba degli organi fai-da-te?
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha messo a punto una sorta di carta organica che può essere stampata per assemblare tessuti vascolari. L'alba degli organi fai-da-te?


Salt Lake City (USA) – Le frontiere della ricerca tecnologica, è ben noto, a volte si spingono fino a terre lontanissime, esplorate soltanto dalla fantascienza popolare: questo il caso della carta organica da utilizzare per assemblare, da semplici progetti al computer, intere trame di tessuti vascolari come capillari e vasi sanguigni. Presto vedremo stampanti capaci di assemblare organi funzionanti?

L’ idrogel , il materiale organico sviluppato dall’equipe del Prof. Glenn Prestwich, può essere utilizzato come “base” per stampare serie ben precise di aggregati cellulari. Realizzato da alcuni scienziati del Dipartimento Farmaceutico dell’Università dello Utah , negli Stati Uniti, questo ritrovato è ancora in fase protosperimentale ma promette una cambio paradigmatico nel settore biomedico, pari soltanto all’impatto che si prevede avranno le nanotecnologie sul prossimo futuro.

Il progetto è finanziato dal governo statunitense con un budget pari a cinque milioni di dollari e le speranze della comunità scientifica d’oltreoceano sono tutte indirizzate alla fabbricazione di organi . “Poco per volta, dopo numerosi passaggi”, dichiara Prestwich in una intervista rilasciata alla stampa locale, “possiamo stampare tanti fogli di idrogel che, una volta uniti, serviranno per ricostruire strutture organiche solide e tridimensionali”.

Per il momento si parla di ricostruzione di tessuti danneggiati grazie alla sovrapposizione di “sfoglie” d’idrogel, a base di zuccheri, uniti a cellule vive, inserite all’interno del materiale connettivo. “Entro un po’ di tempo riusciremo a fondere varie cellule all’interno dell’idrogel”, spiega Prestwich, “ed entro breve potremmo costruire parti funzionali per l’apparato circolatorio e renale”.

Le stime degli esperti parlano di almeno cinque anni necessari prima di ottenere risultati apprezzabili con l’applicazione pratica di questa nuova tecnologia. “Non stiamo giocando ad essere Dio”, conclude il chimico, “ma vogliamo semplicemente organizzare ciò che la biologia offre, in modo da poter riparare più facilmente le parti del corpo danneggiate”.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
9 nov 2005
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