Tunisi schiaffeggia il WSIS

Tunisi schiaffeggia il WSIS

Proprio nei giorni in cui ospita il Summit ONU sulla Società dell'informazione il regime tunisino sfodera il meglio di sé: censure, sequestri, botte da orbi. Ma non ferma i delegati
Proprio nei giorni in cui ospita il Summit ONU sulla Società dell'informazione il regime tunisino sfodera il meglio di sé: censure, sequestri, botte da orbi. Ma non ferma i delegati


Tunisi – Ci sono due eventi in questi giorni nella capitale tunisina: il primo è il WSIS , un incontro internazionale voluto dall’ONU per fare il punto su internet nel mondo che inizia ufficialmente oggi, il secondo è la ritrovata mano di ferro del regime tunisino, pronto a tutto pur di dimostrare a centinaia di delegati internazionali che sì, effettivamente, Tunisi è sinonimo di censura.

I primi a denunciare quanto stava avvenendo sono stati ancora una volta quelli di Reporters sans frontières , che già venerdì hanno denunciato l’assalto ai danni di un giornalista francese: preso a botte nei pressi del suo hotel nel quartiere delle ambasciate della capitale tunisina è stato accoltellato da quattro uomini, dileguatisi poi nel nulla. Il giornalista, Christophe Boltanski, è un corrispondente del giornale transalpino Liberation e si occupa di diritti umani: tornerà in Francia ancor prima dell’inizio del Summit ONU.

Nelle scorse ore, invece, Human Rights Watch ha denunciato il divieto imposto improvvisamente dalle autorità tunisine al Citizen’s Summit : l’incontro della Società civile doveva avere luogo sugli stessi temi trattati dal WSIS, ma il governo ha imposto all’Hotel che doveva ospitarlo di cancellare l’evento. Molti rappresentanti delle organizzazioni e associazioni che sono arrivate a Tunisi per l’occasione ieri hanno deciso un nuovo luogo di riunione ma non è stato loro permesso di accedervi: una decina di poliziotti senza alcuna spiegazione hanno allontanato in malo modo sia i tunisini che intendevano parteciparvi che gli altri, spingendone a brutto muso molti lungo la strada e arrivando a confiscare il videotape della scena registrato da un cameraman belga. Altri due successivi tentativi di riunirsi sono stati bloccati da poliziotti in borghese.

“Questo nuovo atto di intimidazione – scrive Reporters sans frontières in una nota – dimostra che è stata deliberatamente organizzata una campagna contro i media stranieri e gli attivisti tunisini dei diritti umani alla vigilia del WSIS. Ancora una volta le autorità tunisine non hanno esitato ad usare la violenza contro i giornalisti”. Ai vertici di RSF, peraltro, il Governo di Tunisi ha negato l’ingresso nel paese.

La stessa “Human Rights Watch” ha diffuso in queste ore un dettagliato rapporto sulle censure operate da Tunisi in questi anni, comprensive di uccisioni di bloggers e arresti .

Su questi fatti è intervenuto ieri anche il senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, che rappresenta il Senato italiano al WSIS, parlando di un “forte condizionamento ambientale” e sottolineando come proprio in questi giorni decine di siti web legati ad associazioni per i diritti umani sono divenuti inaccessibili dal territorio tunisino. “Proprio questo contesto – ha dichiarato Cortiana – dove ad esempio due giovani, gli internauti di Zirzawi, sono in carcere per aver usato Internet, è un esempio di come sia urgente normare i diritti di cittadinanza internazionale sulla rete, fuori da legislazioni nazionali, spesso repressive”. “Oggi – ha concluso Cortiana – incontrerò i 7 leader politici che dal 18 ottobre stanno digiunando per la liberazione dei prigionieri politici e per la possibilità di costituire liberamente movimenti politici”.

Il Summit, in ogni caso, parte oggi: qui di seguito le ultime notizie da Tunisi di Vittorio Bertola, rappresentante italiano al WSIS.


Tunisi – Beh, ecco, ieri sera ero stato un po’ troppo ottimista: l’accordo sulla governance di Internet più o meno c’è, ma non si è ancora risolto in un accordo vero e proprio e firmato col sangue.

L’intera giornata è stata spesa in indecorose negoziazioni, con gli americani che accetterebbero di eliminare le loro parentesi quadre dal paragrafo 76 (creazione del forum) se gli algerini accettassero di eliminare quelle sul paragrafo 78 (garanzia che il forum non abbia un ruolo di controllo), ma loro non accettano se non vengono eliminate quelle al paragrafo 67, che però sono legate a una lunga discussione sul paragrafo 75, e così via. Piano piano, il testo converge: qui trovate le successive versioni.

L’ Unione Europea , comunque, si è svegliata dal letargo e ha tirato fuori una nuova proposta per il paragrafo 75 ? quello chiave, che si occupa della riforma di ICANN e del ruolo dei governi ? che è stata da tutti applaudita e poi usata come punto di partenza per cercare di reinserire tutti i punti contestati delle versioni precedenti. E così, si è arrivati alle 17, quando il presidente del PrepCom e mio vicino di aereo da Roma a Tunisi, l’ambasciatore lettone Janis Karklins , ha convocato tutti i capi delegazione per fare la classica ramanzina: il testo doveva essere finito a mezzogiorno, e qui si cincischia! Lo dica al russo, che ancora non ha mollato la propria irritante quanto irragionevole richiesta di menzionare l’ ITU (ancora un po’ e i distinti delegati gli mettono le mani addosso).

Insomma, l’accordo completo sul testo non c’è ancora, ma siamo fiduciosi; mal che vada, si spera al massimo di prolungare le negoziazioni fino a domani mattina.

Sul piano della libertà di espressione, invece, stamattina per protesta alcune NGO hanno cancellato gli eventi che avevano organizzato all’interno del Summit, per segnalare la propria impossibilità di lavorare in queste condizioni: del resto, i personaggi scomodi della comunità locale, per quanto invitati a parlare, non possono nemmeno entrare al Summit, visto che il governo tunisino ha ottenuto che venisse negato loro l’accredito. E non solo a loro: ad esempio, il governo cinese già mesi fa ha preteso e ottenuto la radiazione dal Summit dell’associazione Human Rights in China .

Il gioco preferito della società civile è individuare quali siti vengono filtrati dal firewall nazionale (dagli alberghi, perchè dentro il Summit la rete è apparentemente non filtrata): se andate su Google e cercate anonymizer il risultato è un beffardo page not found (pagina non trovata su Google?!?).

E in questo momento vi scrivo dalla riunione plenaria della società civile, che sta cercando di decidere cosa fare, in mezzo agli esponenti delle “GONGO” (Government Non-Governmental Organizations, il nomignolo che gli abbiamo dato) della Tunisia, che prendono la parola per applaudire il loro grande Presidente e accusare gli occidentali di venire qui a fare colonialismo culturale, con tutte le loro vuote parole sulla democrazia e la loro mancanza di rispetto per le usanze locali (repressione compresa).

Detto questo, oggi volevo dedicare un approfondimento alla Tunisia , questo meraviglioso Paese e primaria meta turistica nel Mediterraneo, e alla sue eccezionali capacità organizzative.

Immaginate quindi di essere in albergo, di solito un meraviglioso cinque stelle che tipicamente ha una fantastica piscina al centro, con regolamentari palme, in modo da sembrare eccezionale sulle foto; ma le camere, viste bene, sembrano quelle di una media pensione di Cesenatico .

Per prima cosa, dovete prendere un taxi o una navetta. In teoria, la navetta sarebbe consigliabile, se non che nessuno sa quando passano; e quando passano, non sanno dove devono andare; e se sanno dove devono andare, non sanno come arrivarci. E’ diventata leggendaria la storia della signora del governo svedese salita sulla navetta all’aeroporto e portata a spasso per un’ora e mezza, in cerca del suo albergo: almeno ha fatto un giro turistico. Ma capirete che se avete una riunione alle 9, uscire e aspettare una navetta che passa forse ogni quarto d’ora, forse ogni ora, e forse (se l’autista si è svegliato tardi) non passa proprio, non è una grande opzione.

Con i taxi, comunque, non è molto meglio; perchè ammesso di riuscire a farne arrivare uno, e di riuscire a fargli attivare il tassametro, comunque esso non sarà autorizzato ad arrivare fino al Summit: vi dovrà lasciare a un chilometro di distanza, dove, dopo avervi guardato dentro le borse (e detto di andare pure, indipendentemente dal contenuto), vi faranno salire su un’altra mini-navetta che farà l’ultimo miglio. La stessa cosa si applica persino alle auto dell’ambasciata! E il problema è che le navette sono da sei posti l’una, e arrivano anche qui con frequenza e pianificazione random: sul fotoblog trovate la foto di quel che succede quando ne arriva finalmente una che va dove serve a qualcuno (il tizio raffigurato, in mancanza di meglio, stava cercando di salire sul tetto).

Dopodichè, giunti finalmente davanti all’ingresso, dovete entrare: e qui vi trovate di fronte alle procedure di sicurezza, che cominciano con venti minuti di coda, visto che vi sono sei metal detector per 22 mila persone (VIP esclusi ? gli ambasciatori no, ma hanno una coda a parte). Dopo aver mostrato un badge dotato di tag RFID, vi dovrete spogliare davanti a un signore tunisino che non sa bene che fare, tanto è vero che potete tranquillamente mollare la borsa, la macchina foto, la giacca dentro l’apparecchio a raggi X, e poi passare dalla porta. La porta suona, ma nessuno ha voglia di vedere perchè, e così potete tranquillamente andare avanti.

In compenso, ai tunisini è sfuggito un piccolo particolare: all’uscita della macchina a raggi X servirebbe un qualcosa perchè le borse potessero attendere il proprio proprietario. Purtroppo non ci hanno pensato: attualmente il nastro scorrevole, uscito dalla macchina, finisce nel vuoto, scaraventando portatili, macchine foto e telecamere direttamente per terra da mezzo metro d’altezza a meno che qualcuno non le prenda al volo. Alcuni inservienti, al terzo americano imbufalito, si sono attrezzati mettendoci davanti una sedia di plastica, che riduca almeno l’altezza della caduta.

Dentro il Summit la situazione non migliora: si tratta di un enorme padiglione fieristico, che è stato praticamente raso al suolo e ricostruito. Tutto, tranne le toilette, che, a giudicare dall’aspetto, sono le stesse in cui il locale Sultano frustava i genovesi sei secoli fa. In più, vi sono ben due toilette con tre pissoir ciascuna… per 22 mila persone. Oggi, giorno a mezzo servizio, la coda era di cinque minuti. Da domani, non osiamo pensare.

Idem per il cibo: ci sono dei ristoranti che, ci hanno detto, dovrebbero aprire domani. Per il momento, le uniche sorgenti di cibo sono tre baretti, che vendono bibite, patatine, snack e panini preconfezionati in tre gusti. Io ho provato il tonno, uovo e harissa, che si è rivelato essere un blocco di pane con un tenue strato di harissa, una fetta di uovo, e, al centro, un qualcosa che avrebbe potuto essere mezzo grammo di tonno. Il tutto per tre euro, che qui sono più o meno il costo di un pranzo in una taverna. Ma nessuno che abbia pensato di attrezzarsi seriamente per le centinaia di delegati che partecipano al PrepCom e alle ultime negoziazioni.

Del resto, anche la logistica delle stanze è complicata: si tratta di spazi angusti e tappati, dove la temperatura arriva immediatamente a livelli sahariani. E poi, per promuovere l’orgoglio nazionale, hanno deciso di chiamarle, anziché con numeri, con i nomi delle città tunisine. Peccato che la stanza “Douga”, visto anche il livello di comfort, sia stata ormai universalmente rinominata “Dogga”; che nessun americano o giapponese riuscirà mai, per comunicare dove si trova il meeting, a pronunciare “Tozeur”; e che nessuno riesca a cogliere la differenza tra la stanza “Sidi Bou Saïd” e la stanza “Sidi Bouzid” (sì, sono due stanze diverse). In questo non siamo aiutati dal fatto che non c’è né una piantina, né una segnalazione di dove siano le varie stanze: bisogna tendenzialmente andare a vedere tutti i nomi sulle porte per trovarne una.

E non pensate di poter comunicare tanto facilmente: la rete wireless viene e va (sfido: la media è di una stanza, un access point, cento portatili; di cui un buon 50%, almeno fra la società civile, sono Mac); i telefoni prendono e non prendono, i messaggi di testo si perdono nel nulla. Ci siamo ridotti, in tempi di instant messaging, a lasciarci dei post-it presso gli uffici della società civile.

Ma la cosa forse più particolare è la quantità incredibile di persone che lavorano a questo Summit. Per chilometri intorno c’è un posto di blocco ogni trecento metri, con quattro poliziotti, filo spinato e manganelli; ci siamo chiesti come facciano ad avere tutti questi poliziotti, evidentemente un tunisino su dieci lavora in polizia. E poi, ovunque, ci sono stuoli di inservienti e attendenti, a branchi di dieci, venti, trenta. Peccato che nessuno di loro sappia esattamente cosa fare o cosa dire.

Di solito, ti dicono “non so” e si rimettono a parlare col vicino. Abbastanza spesso, ti maltrattano in francese, come se fosse colpa tua, in questo delirio, non sapere cosa devi fare. Alle volte ti danno con grande contegno e sicurezza indicazioni che si rivelano del tutto insensate. Più in generale, ti negano l’accesso, non importa da dove e a cosa e perchè tu stia andando là: per principio tu non puoi fare nulla, e il loro compito è di fare un gesto sdegnato e indicarti di tornare indietro (o di passare mezzo metro più in là, perchè a quel punto, anche se vedono, non è più di loro competenza). A un certo punto, tutti i passaggi tra la zona esposizioni e le sale di riunione sono stati chiusi, perchè ciascuno dei vari gruppi di sorveglianti sosteneva che si dovesse passare dall’altra parte; e la cosa non si è risolta finchè non hanno finito di litigare fisicamente tra loro.

Rileggendo tutto, mi accorgo che questo potrebbe sembrare semplicemente una lista di lamentele schizzinose (e non vi ho parlato dell’albergo!). Ma qui ognuno di noi ha in qualsiasi momento due o tre eventi contemporanei a cui dovrebbe partecipare, dalla mattina alla sera, e se si perdono un’ora per arrivare, un’ora per mangiare e un’ora per andare in bagno, è del tutto inutile essere venuti fin qui.

E poi, la cosa che veramente stupisce è come riescano ad essere disorganizzati in qualsiasi cosa, persino le minime: e ne ho omesse tante. L’ultima che vi racconto ancora è quella dell’Ambasciatore Bruni (persona squisita, anche per la cena che ci ha offerto) e del suo seguito che si preparano, si trovano alle 7,30 davanti all’albergo (come concordato la sera prima per poter essere alle 8 a una importante riunione degli Ambasciatori europei), attendono l’auto dell’ambasciata, alle 7,50 non si vede ancora, chiamano e… l’autista tunisino risponde inventandosi una scusa: non c’aveva voglia e, Ambasciatore o no, non era venuto.

Stasera, comunque, è la sera della verità: siccome la nostra ambasciata non ha più trovato posto a Tunisi, ci mandano a dormire ad Hammamet . A 80 chilometri da qui. Con le navette del Summit. Stavolta sì che ho bisogno di fortuna.

Vittorio Bertola
Toblòg

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Pubblicato il
16 nov 2005
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