Perché Microsoft apre i formati di Office?

Perché Microsoft apre i formati di Office?

Punto Informatico lo ha chiesto ad Umberto Paolucci, uno dei massimi dirigenti Microsoft, secondo cui Open XML e la richiesta di standard sono tappe di una strada intrapresa da tempo dal big di Redmond. Ecco dove porta
Punto Informatico lo ha chiesto ad Umberto Paolucci, uno dei massimi dirigenti Microsoft, secondo cui Open XML e la richiesta di standard sono tappe di una strada intrapresa da tempo dal big di Redmond. Ecco dove porta


Roma – L’annuncio è di pochi giorni fa: Microsoft, con l’appoggio di una serie di imprese e organizzazioni (da HP ad Apple, da British Library ad Intel), ha presentato ad ECMA International il suo formato Office Open XML, affinché divenga standard di mercato, integrabile facilmente in applicazioni e strumenti informatici sviluppati da terzi. Si tratta infatti di specifiche che possono essere adottate con licenza libera da royalty da chiunque (vedi anche la Guida ai formati XML di Microsoft disponibile qui ). In più, il nuovo formato garantisce interoperabilità ed accesso con i documenti precedenti di Office. L’annuncio ha comprensibilmente alzato molta polvere: Office è la suite di applicativi più utilizzata da istituzioni, pubbliche amministrazioni ed imprese nel mondo. La novità, dunque, è destinata ad interessare un pubblico enorme. Per questo Punto Informatico ha parlato della cosa con Umberto Paolucci , senior chairman di Microsoft EMEA e vicepresident di Microsoft Corporation.

Punto Informatico: Il dibattito sui formati aperti è di vecchia data, perché proprio ora Microsoft ha scelto di muoversi, con ECMA, verso la standardizzazione del formato di riferimento del prossimo Office, Office 12?
Umberto Paolucci: Microsoft si è mossa da lungo tempo sul fronte degli standard aperti, basti pensare alla crociata che conducemmo sull’HTML. Decidere per OpenXML è la conseguenza ovvia di uno scenario in cui un formato aperto, grazie a soluzioni ormai mature ed affidabili, può tradursi in un vantaggio sia per i consumatori che per il mercato.

PI: Un formato come Open XML va incontro alle specifiche sull’accesso e conservazione dei documenti che sempre più spesso vengono adottate dal settore pubblico. E’ così? Qual è stata la reazione dei vostri partner e clienti all’annuncio?
UP: Office ha sempre puntato su XML, e questo è un passo avanti in una strategia di apertura centrata su XML, da qui l’idea che con l’avvento di una nuova versione di Office, Office 12 appunto, fosse opportuno tenere conto di questo scenario, quindi consentire la possibilità di rendere accessibili documenti già realizzati con precedenti formati.
L’obiettivo è quindi allargare gli spazi, fare in modo che l’IT sia via via più pervasivo e questo passa anche attraverso l’apertura dei formati. In questo senso, al di là dell’appoggio di organizzazioni come Apple o Intel, la reazione all’annuncio è stata molto positiva, sia da parte dei nostri partner che degli osservatori, dei referenti commerciali e via dicendo.

PI: In questi giorni si è sentito di tutto, in molti ritengono che se Office non adottasse formati aperti la Commissione Europea potrebbe persino formalmente “sconsigliarne l’adozione” da parte delle pubbliche amministrazioni della UE. La scelta Microsoft è una conseguenza di questo genere di preoccupazione? C’è da parte delle PA nel mondo una sempre maggiore attenzione a certe scelte tecnologiche, scelte che spesso vanno nella direzione di formati aperti e software libero
UP: Non possiamo prevedere quello che pensa la Commissione Europea ma certamente le autorità di controllo hanno obiettivi non dissimili dai nostri, quelli di un mercato più accessibile, più aperto.

PI: Non tutti crederanno alla sincerità di questo approccio da parte di Microsoft
UP: Bisogna capire che da parte delle istituzioni, delle pubbliche amministrazioni e via dicendo c’è letteralmente fame di soluzioni riutilizzabili, per rendere i documenti accessibili nel tempo. C’è un forte interesse a lavorare con noi per fare in modo che questo patrimonio di conoscenze e di dati, anche in campo artistico, pensiamo ai libri, sia accessibile e rimanga tale nel tempo.

PI: Come si ottiene questo risultato nello scenario disegnato da Microsoft?
UP: Questo si fa con la prevedibilità dell’evoluzione delle tecnologie, ossia con l’apertura dei processi di sviluppo. Si tratta, in sostanza, di valorizzare uno standard in cui abbiamo creduto fin dall’inizio e che offre proprio questo, l’accesso al passato della gestione documentale e la garanzia che in futuro quelle informazioni rimarranno accessibili.
In tutto questo si innescano evidentemente le considerazioni sull’interoperabilità delle applicazioni: la domanda del mercato è sempre più chiara e a questa intendiamo rispondere.
Il nostro approccio è rendere gli strumenti e le informazioni più accessibili e semplici e questo si ottiene con offrire sia semplicità a chi la cerca e ne ha bisogno sia maggiore raffinatezza, sistemi più sofisticati, a chi può avvalersene, con vantaggi in termini di maggiore efficacia, tempi di sviluppo ridotti e costi contenuti. Nella nostra posizione abbiamo il dovere commerciale, industriale ed etico di muoverci in questa direzione.


PI: I formati aperti sono tradizionalmente legati, pur con notevoli eccezioni, al mondo dell’open source. Di recente Microsoft ha presentato le prime proprie licenze che aprono ad una condivisione dei codici sorgenti di certi suoi prodotti: la scelta verso i formati aperti è stata in qualche modo condizionata dal loro imporsi sul mercato derivato anche alla crescente diffusione di software libero?
UP: Con Shared Source Microsoft da lungo tempo ha iniziato un cammino di apertura: il punto chiave è che il nostro focus è nel dare di più, nell’investire sull’innovazione e sull’integrazione nel nome, come dicevo, di soluzioni più facilmente accessibili e disponibili per tutti. Non c’è quindi un allineamento su denominatori comuni con realtà magari meno ricche sia in termini di tecnologie che di contenuti. Da un lato, vediamo l’esistenza, ma anche la bellezza, della filosofia di sviluppo collettivo ma dall’altro dobbiamo concentrarci sui risultati e questi devono essere i maggiori possibili.

PI: Sbagliato quindi ragionare sulle strategie di Microsoft prendendo punti di riferimento comuni con l’open source?
UP: Da parte nostra c’è un grande rispetto e una grande attenzione verso lo sviluppo collettivo, che spesso sfocia e viene canalizzato in componenti commerciali e viene veicolato anche da nomi illustri del settore IT, ma il nostro impegno rimane nel continuare ad innovare, nel non trascurare niente, nell’investire al massimo.

PI: È vero però che in molti ambiti, soprattutto istituzionali, prodotti proprietari e prodotti open source sono sempre più spesso posti in diretta competizione…
UP: Sul mercato ci sono soluzioni di varia natura e le pubbliche amministrazioni devono scegliere ciò che meglio si adatta alle proprie esigenze, ragionando su ogni singola soluzione, tenendo conto di criteri generali come la capacità di diffusione o la sensibilità verso i portatori di disabilità, spesso trascurati dall’open source, che non sempre offre su certi temi l’attenzione che noi cerchiamo di avere. È insomma importante una dialettica di alternativa ma è anche giusto che noi si faccia il nostro mestiere nel migliore dei modi.

PI: Come a dire, anche, che la vostra non è una risposta all’avanzata dell’open source trascinato pure, tra le molte cose, dai formati aperti
UP: La nostra è una strategia della cui bontà siamo profondamente convinti: credo ci sia per noi un’opportunità perché vi è un allineamento, una coincidenza di obiettivi di natura industriale e commerciale e obiettivi che derivano dalla nostra responsabilità quale leader di mercato. Scenario dai quali deriva il nostro impegno per la creazione di conoscenza diffusa e di far sì che i nostri partner e clienti facciano sempre più da sé, il cosiddetto empowerment , modelli che non sempre vengono sottesi dal fenomeno dell’open source. Siamo fieri di dire che il valore aggiunto per noi è quello dei nostri partner, dove loro fatturano 8 noi fatturiamo 1.

PI: Il nuovo Office, Office 12, supporterà formalmente anche il formato PDF. Qualche settimana fa circolavano indiscrezioni rispetto ad un possibile supporto esteso anche ad OpenDocument. Si tratta di illazioni? Si può considerare OpenDocument, che lo stato del Massachussets vuole sostituire a tutti gli altri formati per i documenti pubblici, una sorta di concorrente di OpenXML negli interessi di Microsoft?
UP: Dobbiamo tenere conto non solo del futuro ma anche della valorizzazione dei documenti che già esistono, del passato: con OpenDocument perderemmo tutto il passato ed è quindi una strada che per ragioni tecniche non intendiamo perseguire.

PI: E il fatto che con Open XML gli utenti possano scegliere di utilizzare software diversi per la gestione dei documenti non rappresenta una preoccupazione per Microsoft? Darete più spazio ai vostri competitor
UP: Noi crediamo che Office sia sempre più una piattaforma nella quale il grosso del valore viene aggiunto dalle terze parti. Quindi, perché questa promessa sia vera, è necessario che ci sia una strategia di apertura, non possiamo pretendere di fare tutto da soli.

PI: Con tutte queste novità, perdipiù così ravvicinate, parlo delle licenze aperte e dei formati aperti, si può dire che è cambiato qualcosa nel modo in cui Microsoft considera il software libero e più in generale un modello di produzione e sviluppo che fin qui si è contrapposto direttamente al “mercato tradizionale” del software?
UP: Microsoft da tempo sta allargando, trasformando ed innovando il modo in cui i nostri partner possono accedere al software, oggi sono ormai oltre un milione le organizzazioni che in vari modi hanno accesso al nostro codice. È chiaro che vogliamo garantire l’integrità del codice e della piattaforma ma non è certo una novità che Microsoft si stia muovendo in questa direzione.

intervista a cura di Paolo De Andreis

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Pubblicato il 25 nov 2005
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