Contro Skype l'Italia si attrezza

Contro Skype l'Italia si attrezza

Si approntano i software pensati per battere i prezzi di Skype, due progetti europei. Intanto gli esperti avvisano: Skype è dannoso negli uffici. C'è chi comincia a bloccarlo e chi accusa: nasconde qualcosa
Si approntano i software pensati per battere i prezzi di Skype, due progetti europei. Intanto gli esperti avvisano: Skype è dannoso negli uffici. C'è chi comincia a bloccarlo e chi accusa: nasconde qualcosa


Roma – Il mondo reagisce a Skype : sono in molti a essere preoccupati per il suo successo, anche se per ragioni diverse. Non lo temono solo i grandi operatori telefonici, ma anche i provider nazionali specializzati in VoIP. E alcuni esperti del settore: perché Skype è un mondo chiuso, basato su protocolli proprietari , una tecnologia distruttiva che vorrebbe mangiare tutta la torta del VoIP mondiale.

“In un mondo ideale, tutti userebbero Skype per chiamare”, si legge sul sito . Già, ma un mondo ideale solo per Skype. Che, dopo l’ingresso in eBay ha certo aumentato la propria potenza di fuoco ed è ormai diventato, a tutti gli effetti, estensione di una delle multinazionali più potenti in Internet. Non a caso risaltano ora gli allarmi lanciati da ricercatori come l’americano Dennis Bergstrom, il quale ha scoperto che Skype si permette di fare, sul computer degli utenti, operazioni invisibili .

Del sasso lanciato da Skype nel mondo della telefonia mondiale, cominciano a vedersi gli effetti anche in Italia. Oggi, primo dicembre, nasce Parlacom , il software antiskype di Parla.it , già noto provider VoIP per la casa. Parlacom, che Punto Informatico ha potuto testare in anteprima, è molto simile a Skype, anche per l’interfaccia. È un instant messaging gratuito con VoIP integrato; non solo: supporta anche le video chiamate. “Nel 2006 abiliteremo anche gli SMS”, dice a Punto Informatico Eric Le Bihan, amministratore delegato di Parla.it. I prezzi sono ritagliati appunto per combattere quelli di Skype. Parlacom è combattiva soprattutto per le chiamate ai cellulari: 18 cent al minuto, contro i 30 cent di Skype. Prezzi IVA inclusa e senza scatto alla risposta. Parlacom non ha canoni obbligatori; chi vuole può però acquistare un numero per ricevere chiamate, a 5 euro l’anno, che includono un’ora di chiamate gratuite al mese (su rete fissa). Il numero è purtroppo un 199, “che non è una soluzione ideale per noi e ha tre difetti”, riconosce Le Bihan; “è costoso chiamarlo- 6 cent al minuto IVA inclusa- ed è possibile raggiungerlo solo dall’Italia; inoltre invia un messaggio di avviso al chiamante”. “Purtroppo- aggiunge- è Telecom Italia, non noi, che ha stabilito queste caratteristiche. Noi vorremmo usare un numero con decade 5, che come indicato in una bozza di delibera dell’ Autorità Garante dovrebbe essere quella congeniale per i servizi VoIP nomadici. Purtroppo la regolamentazione è ora incompleta. Forse potremo dare i numeri 5 solo a fine 2006″.

Il problema regolamentare sorge per i software VoIP che, come Parlacom, sono nomadici; che ossia non sono associabili a una precisa postazione telefonica (casa o ufficio). L’Autorità sarebbe orientata a non concedere numeri geografici nazionali a servizi nomadici; preferirebbe invece abbinarli a numerazioni speciali (in decade 5 o 6). Il problema è che, finché non c’è la delibera, la situazione resta sospesa. Del resto, la stessa Skype per ora non offre numeri geografici italiani. “Ciononostante, abbiamo deciso di partire lo stesso, di non aspettare”, dice Le Bihan.

Parlacom ha un buon asso nella manica: “è in realtà il gemello di Livecom, ne usa la stessa tecnologia: il servizio che France Telecom ha lanciato in Francia a giugno 2005, con Wanadoo”. Gli utenti di Parlacom entrano quindi in un network europeo, dove ci sono quelli di Livecom; “lanceremo servizi analoghi in Gran Bretagna, Spagna e Polonia, dove la presenza di France Telecom è molto buona”, dice Le Bihan. Il network si allarga; le chiamate al suo interno, da computer a computer, sono gratuite. Un anti-skype a tutti gli effetti, insomma. Che di Skype, però, condivide in parte la filosofia e le logiche di mercato.


Un mondo chiuso : Parlacom (come il servizio Parla.it) usa protocolli proprietari, non SIP, non interoperabili. Stando così le cose, gli utenti di altri servizi VoIP non potranno mai parlare con quelli di Parla.it/Livecom. Recinti contro recinti, è la lotta ingaggiata da France Telecom contro Skype. Nessuna sorpresa: France Telecom segue la classica strategia da ex monopolista, più incline ad alzare muraglie, per difendere le proprie posizioni, che ad aprire il proprio network e a condividere servizi, progetti, finalità. Anche Telecom Italia sta seguendo la stessa strategia, con il VoIP, andando per la propria strada (con Alice Mia) e facendo quanto possibile per sbarrare quella altrui. Ha negato ai provider l’interoperabilità su IP con i numeri di Alice Mia, di fatto chiudendoli al mondo esterno degli altri servizi VoIP. È una logica, in altre parole, tipica di un grosso operatore telefonico e opposta a quella che è figlia di Internet e che è ancora viva in molti piccoli provider. I quali infatti stanno lavorando a un progetto, in seno al consorzio VoIPex , per creare un network comune di servizi VoIP interoperabili: PI ne parlerà diffusamente già nei prossimi giorni.

È un universo complesso, dove galleggiano diverse idee, accomunate dal fatto di voler contrapporre un’alternativa a Skype. C’è anche il progetto di Vira , operatore VoIP e ADSL: “a gennaio 2006 lanceremo un nostro software, sviluppato da un’azienda svizzera e abbinato a una community che intendiamo sviluppare a livello europeo, con alcuni partner”, dice a Punto Informatico Giovanni Prignano, fondatore di Vira. Il software sarà gratis , includerà un numero gratuito; le chiamate nazionali ed europee costeranno (su rete fissa) circa 1-1,2 cent al minuto, IVA inclusa, come anticipa Prignano a Punto Informatico. Il software sarà basato su SIP , quindi interoperabile con servizi di altri operatori. “Gli utenti potranno abbinarlo anche a hardware VoIP, router, adattatori di telefoni normali”, dice Prignano; è fondamentale però notare che la nuova strategia di Vira ruoti intorno a un software VoIP sviluppato in proprio. È il nuovo fenomeno: gli operatori italiani, dopo essersi concentrati su servizi VoIP per la casa, stanno riportando in auge i software per telefonare via Internet. Questi ultimi hanno caratterizzato le prime fasi dello sviluppo del VoIP in Italia; sono poi andati un po’ fuori moda per l’arrivo massiccio di servizi VoIP da usare con i telefoni normali (senza computer). Adesso ritornano nella luce della scena, in chiave anti-skype e, a differenza di qualche tempo fa, sono sempre abbinati dagli operatori a un numero di telefono offerto agli utenti.

Una possibile obiezione. Ci sono decine di software VoIP di terze parti, gratuiti o a pagamento, abbinabili ai servizi degli operatori che supportano il SIP (NGI, MC-link, Eutelia…). Perché usare allora il software proprietario di un operatore? Per avere maggiore qualità , gratis. “I software SIP gratuiti”, dice Fabio Caponera, analista dell’area Ricerca e Sviluppo presso MC-link , “tendono a non avere supporto al codec di compressione voce G.729, molto diffuso e piuttosto efficiente ma purtroppo soggetto a licenza”. Costa integrarlo in un software. Ecco quindi che i software gratuiti integrano codec alternativi (come l’iLBC). Il problema è che, “quando si telefona tramite VoIP a un numero di rete fissa o mobile, la chiamata è poi instradata da apparati, posti presso il provider, che ancora non supportano questi codec alternativi”.

È una scelta dei produttori di questi apparati, come Cisco: supportano tutti il G.729; se però questo codec è assente nel client dell’utente, la chiamata viene poi fatta con il G.711, che è un codec ormai diventato universale per una ragione storica: è alla base anche dei canali voce ISDN. Il G.711 è quindi l’ultima spiaggia: la chiamata viene fatta così quando i due sistemi che si parlano non hanno altri codec comuni (il che capita sempre quando si chiama con un comune client gratuito un numero di rete normale). Il problema è che con il G.711 il flusso audio della chiamata è PCM puro, non compresso. Sull’ADSL dell’utente occupa quindi più banda (64 Kbps bidirezionali) di quella necessaria con altri codec, compressi (come appunto il G.729). Ne derivano possibili problemi di qualità del suono, se l’ADSL utilizzata non è di buona qualità (se non riesce a garantire sempre 64 Kbps per il VoIP). I software che alcuni operatori VoIP intendono distribuire, invece, saranno gratuiti e allo stesso tempo integreranno il G.729 (così sarà con Vira). Oppure, come fanno Parlacom e Skype, usando altri protocolli proprietari, comunque riusciranno a offrire chiamate a numeri di rete fissa con compressione dei dati e limitato consumo di banda.

Basta che l’operatore utilizzi un apparato di transcoding per aggirare il problema: la chiamata, prima di essere diretta al numero destinatario, viene così ricodificata; l’operatore si prende carico del consumo di banda e quindi l’utente può in ogni modo fare telefonate con pacchetti voce compressi. Però molti operatori, come MC-link, hanno preferito per ora non farsi carico del transcoding. “Stiamo cercando, con altri operatori, di metterci d’accordo per offrire agli utenti un software VoIP interoperabile, che integri codec compressi diffusi come il G.729”, dice Caponera. “Sarebbe opportuno però dotare questo programma anche di servizi di messaggeria e di presenza online, altrimenti perde il confronto con un telefono normale”. I software Parlacom e di Vira già fanno propria questa esigenza.


Nel frattempo Skype continua a crescere- ha ormai 66 milioni di utenti registrati, anche se, secondo una ricerca del regolatore danese di marzo 2005 soltanto un terzo di questi è attivo a tutti gli effetti e chiama di frequente. Skype cresce e fa paura, anche se, come rileva una recente ricerca di Analysys , l’impatto che ha sul mercato della telefonia fissa è ancora limitato. In Italia, passa su Skype appena lo 0,5 per cento delle chiamate fatte in totale (VoIP e tradizionali).

Ma pare che sia soltanto l’inizio; Skype ha ben altre mire. Durante la recente conferenza VON (Voice On the Net) a Toronto ha annunciato che nel secondo trimestre 2006 lancerà un client per Symbian , ossia per i cellulari evoluti. Il che significa: Skype in mobilità, pronta minaccia anche per i gestori di telefonia mobile. Skype ha già annunciato servizi di videoconferenza e la possibilità, in futuro, di usarlo senza bisogno di computer.

D’altra parte, Skype deve fronteggiare adesso un problema: gli si sta sbarrando la strada del mercato business, degli uffici insomma. Si sta diffondendo l’idea che sia pericoloso installare Skype in una rete aziendale; i motivi sono spiegati in dettaglio dalla ricerca di Bergstrom. In sostanza, una delle comodità di Skype, la facilità con cui riesce a adattarsi a qualsiasi firewall, non è una cosa buona in ambienti professionali ed è un potenziale rischio per la sicurezza . Skype funziona bucando i firewall poiché sfrutta la porta 80 (quella del browsing); worm e trojan (di cui sono arrivati da poco i primi esempi ) basati su Skype hanno insomma le porte aperte per combinare disastri.

Skype funziona inoltre con la logica del peer to peer : non ha server centrali, ma assegna ad alcuni utenti (inconsapevoli), in modo dinamico, il ruolo di supernodi. Una piccola parte delle loro risorse di banda, memoria e Cpu, sarà usato dal network (dai nodi, gli altri utenti) per fare telefonate. Chi installa Skype accetta insomma la possibilità di diventare supernodo inconsapevole e, in cambio di telefonate gratis, di cedere parte delle proprie risorse a beneficio di tutti. Il che permette a Skype di migliorare le efficienze nella gestione delle telefonate, ma il rovescio della medaglia è che sui computer di alcuni utenti avvengono operazioni non tanto trasparenti. Ne parla una recente ricerca di Maurizio Dècina , professore del Politecnico di Milano.

Ma quanti utenti Skype ne sono consapevoli? Anche coloro che lo sono non possono controllare più di tanto che cosa succede al proprio computer connesso a Skype: la tecnologia peer to peer usata è segreta. Non solo: nemmeno i dati personali degli utenti (usati per la registrazione) sono archiviati su server centrali; sono distribuiti nel network peer to peer, tra i nodi. In forma criptata, certo; ma con un sistema proprietario e segreto, quindi gli utenti non possono verificare dove e come sono trattati i propri dati personali. Devono prendere per buone le rassicurazioni di Skype. Fidarsi degli autori. Ma Skype è nato dalle mani degli stessi autori di Kazaa, software che per finanziarsi ha fatto in passato comunella con adware invasivi : non proprio un buon curriculum.

Ecco perché comincia a montare una campagna anti-skype . Tanto che i francesi di IS Decisions hanno pubblicato SkypeKiller , software gratuito che serve a bloccare Skype negli uffici. Insomma, qualcosa è cambiato: soggetti diversi (operatori, utenti, esperti) sempre più tendono a guardare Skype di sottecchi. Qualcuno già ha colto l’occasione per farne un business: Verso Technologies a settembre ha pubblicato una piattaforma, per operatori, che permette di bloccare sia il file sharing peer to peer sia il traffico Skype. La settimana scorsa l’ha venduto a un operatore cinese.

Alessandro Longo

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Pubblicato il
1 dic 2005
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