Un faldone per ogni italiano

Un faldone per ogni italiano

di Marco A. Calamari - Lo spionaggio di Stato sulle attività degli italiani non ha solo riempito i faldoni del Viminale, sta anche riempiendo i database di mezza Italia
di Marco A. Calamari - Lo spionaggio di Stato sulle attività degli italiani non ha solo riempito i faldoni del Viminale, sta anche riempiendo i database di mezza Italia


Roma – Tirare le somme a fine anno non è cosa nuova o particolarmente originale. Ma quando un riflessione personale riguarda molti (per non dire quasi tutti) può valere la pena di metterla giù e sottoporla alla pazienza dei 2,5 abituali lettori di questa rubrica perché ne traggano magari spunti di riflessione personali.
Giocando come al solito in bilico tra parole e concetti, diciamo che le somme sono solitamente fatte di numeri, ed i numeri, quando dati bene, possono essere importanti anche se non sono relativi al lotto; anche un numero solo puo’ esserlo. Solo un paio di anni orsono, quindi già nel terzo millennio, ho avuto modo di ritrovare in un articolo di politica interna un numero che già avevo letto più volte precedentemente, sia sulla stampa che in una interrogazione parlamentare.

Il numero è 70.000.000, e rappresenta una stima del numero di faldoni (quei fascicoli di cartone legati con i nastri e pieni di fogli, che prosperano negli uffici pubblici e nei tribunali italiani) informativi su cittadini italiani che sarebbero archiviati negli uffici delle varie autorità di pubblica sicurezza, ed in particolare di una di esse.

L’esistenza di un faldone informativo (quindi non relativo a persona con indagini o procedimenti penali in corso o passati) per quasi ogni cittadino italiano vivente, ed anche per un cospicuo numero di defunti, è stata richiamata anche dall’ex presidente dell’Autorità garante della Privacy Stefano Rodotà; solo il numero è stato messo in discussione, l’esistenza invece non è stata mai smentita. Questo numero potrebbe essere inferiore, ma, dato che è noto da oltre un decennio, potrebbe anche essere nel frattempo aumentato.

Si tratta di dati considerati alla stregua di quelli investigativi, quindi gestiti (legalmente) al di fuori di ogni regolamentazione della privacy; questo significa che al cittadino è negato sia il diritto all’accesso ai propri dati che quello alla eventuale rettifica od integrazione.

Una trentina di anni fa, in una nota città universitaria, correva voce che tramite amicizie si potesse sapere quanti centimetri era alto il proprio faldone; pochi erano interessati, molti no, o forse preferivano non pensarci. Bene, questi faldoni cartacei non sono in pericolo di estinzione; chi vi scrive ha potuto constatare di persona, durante la sua attività professionale, che godono di ottima salute e sono molto usati.

Non è questa la sede per discutere l’opportunità, i benefici ed i danni di questo fatto; i faldoni esistono, esistono da tanto tempo, sono legali e dovrebbero essere utilizzati esclusivamente a fin di bene.

Ma i “faldoni elettronici” esistono? Quanto sono alti ? Dove sono? Chi li detiene ? Chi li può consultare?

Ahi, qui l’informatica e la telematica amplificano il problema. Come è noto ormai anche ai meno smaliziati, usare la Rete dissemina nei posti più svariati informazioni che vengono registrate, conservate ed utilizzate in molti posti e modi e per i fini più diversi. Spesso viene obbiettato che è proprio il frazionamento e la disseminazione dei dati che li rende ancora dannosi per la privacy, ma che impedisce di fatto la creazione di un Grande Fratello orwelliano.

Purtroppo si tratta di una opinione errata.

Chi volesse saperne di più potrebbe approfondire l’argomento andando a vedere come lavorano alcune aziende praticamente sconosciute, come l’impronunciabile Acxiom Corporation, quale quantità di dati posseggono e controllano e che tipo di servizi commerciali forniscono. Per perdere ulteriormente il sonno potrebbe poi procurarsi un libro in tema, ad esempio No place to Hide di R. O’Harrow, che descrive nei dettagli l’orripilante situazione delle interazioni tra banche dati investigative e banche dati private nel mondo post 11 settembre.

Il Grande Fratello non solo è tra noi, impiegato dai governi per la caccia ai terroristi, ma è anche in vendita al miglior offerente che necessiti di informazioni per qualunque scopo, no question asked .

In Italia le recenti normative sulla data retention, che ha superato quasi indenne l’ostacolo costituito dalle azioni delle associazioni per i diritti civili, sono passate praticamente sotto silenzio.

I motivi sono due; oltre a quello classico della disinformazione e del menefreghismo della maggioranza delle persone, c’è il fatto che il decreto Pisanu, noto anche con il molto elettoralmente palatabile nome di “Pacchetto Sicurezza”, va già oltre quanto prescritto dalla direttiva UE in materia di data retention. In Italia, tutti i dati di tutte le forme di comunicazione telefonica o telematica devono essere conservati fino al 2007 dai privati che sono tenuti a raccoglierli ed a metterli a disposizione delle autorità. Due anni di conservazione selvaggia e praticamente non regolamentata di una tipologia di dati che neanche la Acxiom ha mai avuto integralmente a disposizione, invece dei sei mesi prescritti dalla direttiva.

Possiamo perciò dare qualche abbozzo di risposta alle domande precedenti.

I faldoni elettronici esistono, non solo per molti ma per tutti.
Quanto sono alti? Molto, molto, molto più di quelli cartacei.
Dove sono? In un sacco di posti, noti e no.
Chi li detiene? Tutti i gestori telefonici, tutti gli ISP, tutti gli Internet cafè…
Chi (in pratica) li puo’ consultare? Tutti i precedenti gestori di faldoni cartacei, più molti altri soggetti, a cominciare da chi questi dati è obbligato a detenere.

Buon 2006 ! E grazie al “pacchetto sicurezza” anche buon 2007 ! Come minimo.

Marco A. Calamari

I precedenti interventi di M.A.C. sono disponibili qui

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Pubblicato il
30 dic 2005
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