Nanotecnologie senza controllo?

Nanotecnologie senza controllo?

Un rapporto USA parla di gravi mancanze nella legislazione di controllo sulle nanotecnologie. Ma gli enti governativi ribattono: nessun pericolo per la salute. Almeno per ora
Un rapporto USA parla di gravi mancanze nella legislazione di controllo sulle nanotecnologie. Ma gli enti governativi ribattono: nessun pericolo per la salute. Almeno per ora


Washington (USA) – Le nanotecnologie sono sempre più spesso protagoniste di un acceso dibattito all’interno della comunità scientifica mondiale sulla sicurezza dei materiali avanzati. I nuovi materiali trovano sempre più spazi applicativi ma la loro sperimentazione, così come la diffusione sul mercato, non sembra soggetta a regole capaci di tutelare la salute pubblica e l’ambiente. Almeno negli USA.

Un rapporto indipendente, realizzato per il Project on Emerging Nanotechnologies della Woodrow Wilson International Center for Scholars – organizzazione di ricerca della Smithsonian Institution – ha evidenziato che i controlli sui nanocosi sono insufficienti perché la legislazione in materia è carente.

Secondo Clarence Davies – analista di politiche ambientali e redattore del documento – le leggi non sarebbero in grado di proteggere i cittadini dai rischi provenienti dalle nanotecnologie. “Esiste ancora la possibilità di recuperare e fare tesoro dagli errori commessi in passato in altri ambiti tecnologici. Sappiamo da quello che è successo per le biotecnologie applicate all’agricoltura, o nel settore nucleare, che senza un adeguato supporto legislativo le reali potenzialità non possono essere espresse al meglio. In questo caso il sistema legislativo non è in grado di servire la causa”, ha spiegato Davies.

Le affermazioni di Davies sono tenute di buon conto a Washington, soprattutto per il suo passato professionale legato alle amministrazioni Johnson, Nixon e Bush. Senza contare la sua attuale collaborazione con l’accreditato think tank Resources for the Future .

Alcuni rappresentanti del Governo, nonché certi portavoce del settore privato, hanno reagito aspramente alle conclusioni del rapporto. “Abbiamo ancora molto da imparare. Prendi un foglio e leggi che una cosa è tossica e dannosa, ne leggi un altro e scopri che è falso e che in verità porta benefici. Tutti gli enti con cui siamo in contatto da tempo ci hanno detto che, con le informazioni attualmente disponibili, le regolamentazioni sono sufficientemente adeguate”, ha dichiarato E. Clayton Teague, direttore del National Nanotechnology Coordinating Office , che supervisiona gli investimenti governativi (circa un miliardo di dollari) nel settore nanotecnologico.

La nanotecnologia, come noto, si occupa della manipolazione atomica di sostanze. A queste dimensioni, i materiali sono in grado di mostrare proprietà fisiche e chimiche radicalmente diverse da quelle a cui siamo abituati. Alcuni studi hanno rivelato che la dispersione di particelle così piccole potrebbe creare gravi effetti collaterali sia all’ambiente che alla salute dell’uomo. Il rapporto di Davies si concentra proprio su questo punto, ovvero sugli strumenti che la legge ha istituito per proteggere la comunità dagli eventuali rischi.

Il Toxic Substances Control Act ( TSCA ), ad esempio, obbliga i produttori a comunicare alla Environmental Protection Agency quali composti chimici desiderino commercializzare, e danno all’agenzia governativa il potere di veto su quelli potenzialmente rischiosi. Il problema è che la clausola della “piccola quantità” non rende possibile applicare il TSCA a tutte le produzioni: le sostanze chimiche prodotte in quantità inferiori alle 11 tonnellate sono infatti escluse dalle limitazioni.

“Il fatto che ne siano prodotte poche quantità non è sinonimo di sicurezza”, ha aggiunto Davies. “Le aziende descrivono i nanomateriali come composti ordinari che differiscono solo per dimensioni . Bene, proprio questo aspetto è l’elemento chiave”. L’EPA, che è a favore di una regolamentazione “volontaria”, non si è ancora espressa al riguardo.

“Le altre leggi sono troppo deboli perché non richiedono studi sulla sicurezza prima che i prodotti vengano commercializzati”, ha spiegato Davies. Federal Hazardous Substances Act e le indicazioni del Food, Drug and Cosmetic Act riguardanti i cosmetici – uno dei settori dove viene fatto ampio uso di nanoingredienti – mettono il Governo in condizione di agire solo dopo un eventuale danno registrato dai clienti.

Secondo l’indagine, inoltre, le agenzie che dovrebbero occuparsi di monitorare la situazione sarebbero sottodimensionate. Occupational Safety and Health Administration dispone di una forza lavoro inferiore del 25% rispetto al 1980, mentre nel tempo i suoi compiti sono aumentati considerevolmente. Consumer Product Safety Commission , che lavora per far rispettare l’ Hazardous Substances Act impiega solo 446 persone.

Food and Drug Administration ha rilasciato un comunicato riguardante i dubbi sollevati da Davies. “(…) L’attuale regolamentazione è probabilmente adeguata per la maggior parte dei prodotti nanotecnologici. Stiamo continuando a seguire gli sviluppi rilevanti di questo settore e valuteremo i benefici che questa nuova tecnologia potrà dare”, si leggeva nel documento ufficiale.

“I nanomateriali sono sempre più elaborati con sostanze biologiche attive che incrementeranno i pericoli per l’ambiente e le persone. Sarebbe utile che le aziende spiegassero maggiormente alle istituzioni il loro operato”, ha dichiarato David Rejeski, responsabile del programma nano-scientifico presso Woodrow Wilson Center. “I comportamenti di queste sostanze sono quanto mai complicati. Ma non vi sono state molte discussioni al riguardo. Siamo praticamente senza dati”.

Dario d’Elia

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Pubblicato il
12 gen 2006
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