Pechino sbianchetta Skype e il suo IM

Pechino sbianchetta Skype e il suo IM

Il governo cinese, che ha una vasta scelta di strumenti di controllo e censura, filtrerà i contenuti delle chat ignorando le parole non tollerabili dal regime
Il governo cinese, che ha una vasta scelta di strumenti di controllo e censura, filtrerà i contenuti delle chat ignorando le parole non tollerabili dal regime


Pechino – “Ho perso le parole… eppure ce le avevo qua un attimo fa”. Così cantava Ligabue (Radiofreccia, 1998) e così potrebbero dire alcuni utenti cinesi della chat di Skype , nel non vedere sullo schermo alcune parole appena digitate. Già, perché il governo di Pechino sta mettendo in atto la minaccia di censura, paventata qualche tempo fa: filtrando le chat tra utenti, impedendo la comparsa di parole considerate “sconvenienti”.

L’arrivo di Skype in Cina, come quello di altri sistemi di comunicazione, non ha seguito un percorso facile , ma la sua presenza era comunque tollerata.
Tuttavia, la partnership con Tom Online , che Skype aveva sottoscritto per una miglior penetrazione nel popoloso paese asiatico, e in particolare all’interno della Grande Muraglia, sta avendo alcuni effetti collaterali imprevisti e poco graditi: il provider pechinese ha dichiarato che, onde evitare problemi con il governo cinese, sarà necessario frapporre un “filtro” per monitorare l’uso delle parole classificate dal regime comunista come offensive.

Come riferito anche da BusinessWeek , la condizione è stata esposta in chiari termini di ultimatum: senza il filtro sull’instant-messaging il servizio non potrà essere utilizzato. E’ priva di fondamento, invece, la voce in circolazione in rete in questi giorni, secondo la quale anche le conversazioni VoIP effettuate tramite Skype sarebbero monitorate da un sistema di filtraggio e oscurate da un “miagolio” (alquanto strano, visto che i pechinesi… abbaiano).

Manca tuttora una spiegazione tecnica in relazione al funzionamento del sistema di controllo, quindi non è ancora possibile sapere se i client Skype “con gli occhi a mandorla” saranno corredati, ad esempio, di un plug-in con “correttore” istantaneo – non disattivabile dall’utente – con blacklist integrate (o magari aggiornate con un download automatico ad ogni connessione) o se Skype interverrà sul codice del software da distribuire in Cina.

L’impero (cinese) colpisce ancora, dunque, poiché Skype non è certo il primo a subirne il rigore: è di pochi giorni fa la notizia che Microsoft ha accettato di chiudere un blog ospitato da MSN. Sulle chat saranno dunque censurati i termini non graditi presenti nelle blacklist trasmesse a tutti gli operatori di comunicazione (locali e stranieri), in cui sono inserite parole come “Dalai Lama” e “Falun Long”, o “libertà” e “repressione” (vedi anche un elenco non ufficiale dei termini “banditi” da QQ, il più diffuso programma cinese di instant-messaging)

Per parafrasare Enrico di Navarra, “Pechino val bene una censura” sembra un motto applicato dalle aziende occidentali di comunicazioni sbarcate in Cina, visto il livello di compromesso che sono disposte ad accettare continuamente pur di rimanere. Ma mentre Enrico di Navarra disse “Parigi val bene una messa” e diventò re di Francia (Enrico IV), difficilmente la censura farà guadagnare ad un’azienda straniera lo scettro del business TLC cinese.

Dario Bonacina

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Pubblicato il 19 gen 2006
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