Roma – Una delle tante questioni bollenti che circondano la Chiesa di Scientology è la segretezza dei materiali che vengono affidati agli adepti di alto livello. Per questo molti anni fa, nel 1995, quando sui server di un provider olandese apparvero alcuni di questi documenti, Scientology decise di denunciare tanto il provider quanto la persona che aveva messo su quelle pagine.
Ci sono voluti quattro gradi di giudizio per fermare Scientology, convinta che il provider dovesse essere considerato responsabile della pubblicazione, alla stregua di chi l’aveva prodotta. Un caso complesso che ha visto difendersi l’isp olandese XS4ALL , da lungo tempo in prima linea per la difesa della libertà di espressione e nelle battaglie antispam: pur avendo vinto nel primo procedimento nel 1999, il tribunale di Amsterdam ha ammesso nella sentenza che i provider possano essere ritenuti responsabili anche dei link a materiali illegali eventualmente pubblicati da propri clienti.
Una questione complessa – raccontata in queste ore anche da EDRI-Gram – che dietro le spinte di Scientology avrebbe potuto portare a ghigliottinare la libertà di link oltre ad imporre ai provider olandesi responsabilità enormi sulle attività dei propri clienti, con conseguenze a cascata sulle libertà digitali. Ma nel 2003 Scientology fu di nuovo sconfitta e anche quella impostazione, sui link e sulle responsabilità, si esaurì in un nulla di fatto.
La Chiesa di Scientology ha poi fatto ricorso alla Corte Suprema olandese che avrebbe dovuto pronunciarsi lo scorso dicembre. Ma Scientology si è ritirata dal procedimento prima della sentenza consegnando così tutte le ragioni al provider e al suo cliente.
Va detto che le pressioni di Scientology su alcune delle più celebri attività online non si contano. Da quelle su Slashdot alle denunce contro Google , la Chiesa ha sempre trovato il modo per tenere in attività i propri uffici legali.