Contrappunti/ La fine della carta

Contrappunti/ La fine della carta

di Massimo Mantellini. Entro la fine del 2002 sarà venduto un miliardo di ebook: parola di Dick Brass, Microsoft. E Negroponte prevede l'uscita di scena della carta entro sei anni. Vecchie e nuove previsioni cercano un futuro possibile
di Massimo Mantellini. Entro la fine del 2002 sarà venduto un miliardo di ebook: parola di Dick Brass, Microsoft. E Negroponte prevede l'uscita di scena della carta entro sei anni. Vecchie e nuove previsioni cercano un futuro possibile

“Nel giro di quattro, sei anni la carta costerà troppo e i giornali spariranno.
Le notizie di leggeranno su schermi di plastica”.
Nicholas Negroponte del MIT, marzo 2002.

Nel 1979 il Washington Post pubblicò una foto di un ufficio modello appena aperto nella capitale americana. Si trattava di un esperimento che impressionò moltissimo: era il primo ufficio senza carta. Belle signorine in piedi fra apparecchi tecnologici di varie fogge e misure lavoravano in un ambiente in cui ogni supporto cartaceo era reso inutile dalle nuove futuristiche tecnologie utilizzate.

Sembra una immagine che proviene dalla preistoria eppure nemmeno allora si trattava di una novità assoluta. Già nei primi anni settanta uno scrittore futurologo molto noto, Alvin Toffler, trovava modo di scrivere: “Fare una copia cartacea di qualsiasi cosa è un utilizzo primitivo delle macchine e ne viola lo spirito più intrinseco” .

Solo qualche anno dopo, nel 1975, a Palo Alto i guru del centro ricerche della Xerox partorirono e diedero una valenza scientifica ad una delle idee più affascinanti (e finora più clamorosamente errate) fra quelle che hanno avuto per oggetto lo sviluppo tecnologico. Si trattava di immaginare un futuro prossimo venturo nel quale non ci sarebbe più stato bisogno di carta, il cui consumo, per usare le loro parole di 30 anni fa, “sarebbe calato drammaticamente nel momento in cui gli uffici avessero avuto accesso a documenti in formato elettronico allo sfiorare di un bottone” .

Come molti sanno, da quando la digitalizzazione dei testi ha raggiunto tutti gli uffici del pianeta, il consumo di carta non solo non è diminuito ma è andato costantemente aumentando. Nonostante questa evidenza indiscutibile la folla dei futurologi che continua ad affascinarci con ipotesi del genere non sembra diradarsi. Basta leggere le recenti parole di Nicholas Negroponte del MIT di cui diamo conto ad inizio articolo.

Dal 1980 al 1995 il consumo di carta in USA è raddoppiato e questa tendenza all’incremento si è mantenuta negli anni successivi. Per una accurata e intelligente analisi di un caso italiano recente rimando poi a Incartati dalla rete , un bell’articolo pubblicato da Andrea Addobbati dell’Università di Pisa sulla Rivista dell’ateneo, che conferma una tendenza all’aumento dell’uso di carta in piena era elettronica. Una tendenza che macroscopicamente tutti noi abbiamo sperimentato e che io, nel mio piccolo, mi sento di confermare in pieno: basta che alzi per un istante gli occhi dal monitor ad osservare la stanza attorno a me.

La foto del Washington Post Insomma oggi poco importa se Negroponte, (che nel suo libro Essere Digitali per qualche ragione aveva miracolosamente scansato l’hype sulla fine della carta), ricicla – è il caso di dirlo – una idea vecchia di 30 anni vestendola di nuovi improbabili significati come quello secondo il quale la carta, il cui consumo nessun device elettronico è riuscito fino ad ora a ridurre, fra pochi anni scomparirà lo stesso in ragione dei suoi costi eccessivi.

Anche in questo caso si tratta di una dichiarazione di fede alla quale chi lo desidera potrà prestare ascolto. Resta il fatto che il vecchio vizio di mitizzare le nuove tecnologie ad uso e consumo della gente comune sembra continuare a perseguitarci.

Uno degli esempi più divertenti di queste attività profetico-astrologiche può essere considerato quello di Dick Brass di Microsoft che solo tre anni fa, con una sicurezza che confinava con l’impudenza (e come non farsi venire in mente una vecchia bellissima frase di Mark Twain che diceva “Nella vita occorrono solo ignoranza e fiducia in se stessi, dopo di che il successo è assicurato” ), ci informava su quale sarebbe stata la tempistica della morte della carta e del corrispondente travolgente successo del formato elettronico, riassumendola in otto semplici tappe:

2001 – Venduti 1 milione di ebook
2002 – Venduti 1 miliardo di ebook
2006 – Comparsa delle prime edicole elettroniche
2008 – Anno dell’inversione del rapporto fra numero di pubblicazioni cartacee ed elettroniche
2009 – I maggiori autori di libri venderanno direttamente i loro prodotti elettronici ai lettori
2010 – Gli ebook reader peseranno poche centinaia di grammi, avranno batterie da 24 ore e memorie di terabyte.
2012 – Gli editori lanceranno una campagna pubblicitaria per sostenere la crisi del libro cartaceo
2019 – La fine della carta

Purtroppo la versione originale del documento non è più raggiungibile sul sito web di Microsoft alla url in cui si trovava, ma una buona versione giornalistica è comunque consultabile in questo vecchio articolo su Wired .

Così, dopo che Bill Gates in persona è andato per qualche tempo in giro profetizzando la fine nel giro di pochi anni dei quotidiani cartacei sostituiti dalle loro versioni elettroniche, è curioso notare come, nella medesima sede in cui l’evangelista dell’ebook Dick Brass espose qualche anno fa la sua timeline sulla morte della carta, i Seybold Seminars, proprio in questi giorni Arthur O. Sulzberger Jr. presidente del New York Times si sia dimostrato invece molto ottimista sulla lunga vita della versione di carta del proprio quotidiano che continua ad essere letto e stimato nel suo più antico formato, nonostante le previsioni dei guru della tecnologia.

Se prevedere il futuro è in generale sempre stata una attività piena di rischi (basti pensare alle ipotesi sulla fine delle scorte petrolifere della fine degli anni ’70), prevedere il futuro tecnologico sembra oggi una forma di cabalistica contemporanea. Sembra oltretutto contrarsi sempre di più il lasso di tempo in cui le previsioni, qualunque esse siano, si dimostrano profondamente errate quando non totalmente folli.

E nonostante questo, pensare il domani è una attività naturale e imprescindibile alla quale non vogliamo né dobbiamo rinunciare. Ciò di cui invece sarebbe possibile fare a meno è un certo machismo di facciata di chi, con grande sicurezza, immagina gli scenari futuri (spesso con un occhio interessato al proprio interesse commerciale) senza curarsi di osservare ciò che è appena accaduto. Se così fosse, certe incrollabili certezze dei guru delle nuove tecnologie forse si attenuerebbero un po’, per lasciare spazio ad un minimo di salutare dubbio. Ma si sa, modestia e tecnologia sono ormai parole di due differenti vocabolari.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
25 mar 2002
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