Mosca – Il terrorismo informatico e la criminalità tecnologica sono al centro della nuova agenda del Governo russo: lo ha spiegato nelle scorse ore il ministro degli Interni Rashid Nurgaliyev che si è appellato al Mondo intero affinché lavori insieme per porre fine alle attività di cracking .
“Un intero arsenale di tecnologie distruttive – ha dichiarato Nurgaliyev – viene utilizzato dai criminali contro le infrastrutture dell’informazione”. La centralità delle reti per ogni genere di attività, dall’ambito militare alla pubblica amministrazione, passando per l’industria e le imprese private, è tale, secondo Mosca, che nessuno può concedersi un ritardo in una crociata contro il crimine informatico che deve essere senza tregua e senza quartiere.
Nurgaliyev utilizza toni epocali per descrivere la propria preoccupazione: “In certe condizioni, le conseguenze per l’umanità dell’utilizzo (di queste tecnologie di attacco, ndr.) potrebbero rivelarsi paragonabili a quelle dell’uso di armi di distruzioni di massa”.
Secondo il Ministro russo è ormai solo questione di tempo prima che si verifichino atti gravissimi, in grado di mettere in ginocchio le infrastrutture di interi paesi. E per questo, ha dichiarato, c’è una sola possibile soluzione: un accordo internazionale che sfoci in nuove norme e nuove procedure capaci di reprimere il fenomeno.
Che lo sforzo debba essere congiunto e provenire da tutti i paesi interessati è palese proprio per la natura transfrontaliera delle attività della criminalità tecnologica. L’esempio più immediato, ha spiegato, è il moltiplicarsi dei ricatti informatici , realizzati da crew di cracker contro imprese di diversi paesi grazie ad attacchi distribuiti denial-of-service (DDoS), capaci di buttare letteralmente fuori dalla rete attività economiche importanti: aggressioni che vengono fermate solo dietro pagamento di importanti somme da parte delle vittime.
“Erigere un muro che prevenga la diffusione di queste pratiche, che hanno una chiara natura transnazionale – ha spiegato il Ministro russo – non è possibile in assenza di una unità di tutti i paesi colpiti”.
Va detto che da tempo decine di paesi, tra cui l’Italia, hanno firmato ed approvato la Convenzione internazionale contro il Cybercrime , un trattato che amplifica i poteri di polizia contro la criminalità informatica e stimola il passaggio di informazioni utili alla lotta contro l’e-crime tra paesi diversi. La Convenzione, da più parti criticata per l’erosione dei diritti degli utenti che rappresenta in alcune delle sue parti, non viene più percepita come sufficiente. A testimoniarlo, anche gli atti del recente congresso e-Crime 2006 di Londra, in cui i maggiori esperti internazionali hanno dichiarato che vanno rafforzate sia le normative sia la cooperazione internazionale.