DTT, rischio naufragio in Sardegna e Valle d'Aosta

DTT, rischio naufragio in Sardegna e Valle d'Aosta

Saltate le scadenze per il passaggio anticipato al digitale terrestre nelle due regioni, ora si ragiona su una nuova data. Ma le speranze sul DTT nuotano ancora in acque agitate. Parla la Fondazione Ugo Bordoni
Saltate le scadenze per il passaggio anticipato al digitale terrestre nelle due regioni, ora si ragiona su una nuova data. Ma le speranze sul DTT nuotano ancora in acque agitate. Parla la Fondazione Ugo Bordoni

Roma – Senza dubbio un bel pasticcio. Più passa il tempo e più si rischia di arenarsi o addirittura indietreggiare. Sul versante del digitale terrestre e del primo switch off sperimentale in Sardegna e Valle D’Aosta buone notizie proprio non ce ne sono. Eppure il passaggio dalla Tv analogica a quella digitale è un traguardo che i ministeri delle Comunicazioni e quello dell’Innovazione attendono con ansia per poter finalmente dimostrare con i fatti quanto possa essere utile la televisione di ultima generazione.

Tuttavia sono saltati i termini di gennaio e quelli di marzo che avrebbero dovuto segnare la morte dell’analogico nelle due regioni. Ora si attende l’ennesima scadenza (fine di luglio 2006).
Da agosto, dunque, i normali televisori sprovvisti di decoder saranno “accecati”. Ma sono in pochi al momento pronti a scommettere sul verificarsi dell’evento.

Le ragioni dei continui rinvii sono molteplici e non sono solo di ordine tecnologico: la questione si impantana ogni giorno di più per ragioni strettamente locali, di intrecci e interessi, di lobby o più semplicemente di politica locale. A mettere il bastone tra le ruote al progetto governativo ci si sono messi un po’ tutti; dagli assessori ai governatori fino alle associazioni dei consumatori. Poi si sono registrate le proteste e le paure della gente comune, le lamentele sui costi da sostenere per le famiglie. Ma soprattutto, a pervadere tutto come una nebbia, la scarsa attrattiva verso il digitale e le sue fin qui inespresse potenzialità.

Cosa sarebbe dovuto accadere
Secondo i due protocolli di intesa firmati dalle istituzioni centrali e locali ( Sardegna e Valle D’Aosta ) occorreva “effettuare tutti gli interventi tecnici necessari da parte dei broadcaster affinché gli attuali impianti esercìti in tecnica analogica fossero predisposti per la trasmissione in standard digitale e per il passaggio allo switch/off entro il 31 gennaio 2006, in almeno i capoluoghi di provincia presenti nella regione nonché predisporre i piani di investimento necessari”.

Inoltre, occorreva predisporre il “co-finanziamento Stato-Regione dei decoder per le famiglie meno abbienti (circa il 10% della popolazione) al fine di assicurare a queste la piena gratuità del decoder” e quello “per lo sviluppo di servizi di T-government”.

L’intenso lavoro dei mesi passati è stato portato avanti da un gruppo di lavoro nel quale ha avuto un ruolo importante la Fondazione Ugo Bordoni -chiamata ad operare dal Ministero delle Comunicazioni – la quale si è impegnata con proprio personale allo sviluppo delle piattaforme tecnologiche innovative in collaborazione con le Istituzioni di ricerca esistenti e le università delle due regioni.

Occorreva sviluppare, inoltre, sinergie tra emittenti locali, sviluppare progetti di T-gov e coinvolgere gli enti locali. Ma permanevano enormi problemi di copertura.

“A Cagliari abbiamo problemi di ricezione, e lo posso dire per esperienza personale”, spiega a Punto Informatico Maurizio Agelli che cura il settore del digitale per il CRS4 , il centro di ricerca della Regione Sardegna, “per esempio ci sono molte difficoltà a ricevere addirittura i canali della Rai. In queste condizioni era impensabile poter avviare lo spegnimento del canale analogico. Un altro aspetto fondamentale del rinvio è dovuto alla diffusione dei decoder ancora troppo lenta e poco capillare”.

Il tecnico ribadisce concetti già ascoltati in quegli enti locali che hanno abbandonato la sperimentazione digitale lamentando “una grossa aspettativa dal digitale terrestre che poi è sembrata sfumare”. “C’erano molte aspettative sulla tv interattiva ma ci si è resi conto col passar del tempo che questa ha forti limiti”, spiega Agelli, “e che non può essere uno strumento da affiancare ad Internet: non si possono offrire gli stessi servizi che si offrono su Web”.

Il progetto della Regione Sardegna di T-gov si vorrebbe focalizzato su una decina di aree tematiche equivalenti a quelle già presenti sul portale Internet (“sul quale punta in maniera decisa e prevalente”). Ovvero contenuti informativi e possibilità di personalizzazione specifiche per l’utente. Un progettone da oltre 2 milioni di euro ma al momento incapace di dare una svolta al profilo del T-Gov.

Buona parte dei giochi si sono svolti sui tavoli politici; da una parte, il presidente della Sardegna Soru più volte ha dato battaglia e richiesto certezze che evidentemente non sono arrivate, dall’altra, l’assessore all’Innovazione della Valle d’Aosta, Aurelio Marguerettaz, invece ha richiesto confronti con il Ministero delle Comunicazioni e l’apertura di un nuovo tavolo al quale potessero sedere anche le associazioni di consumatori.

Ed infatti, a dare maggiori grattacapi al ministero delle Comunicazioni è stata l’ Adiconsum .
Solo qualche giorno fa il suo segretario generale, Paolo Landi, ha dichiarato: “Spegnere la televisione analogica in Sardegna e Valle d’Aosta nel luglio 2006 è una scelta impraticabile che va contro i consumatori. La nostra associazione da sempre si batte a favore dell’innovazione tecnologica, ma la strada tracciata dal consorzio DGTVi e da questo Governo non porta da nessuna parte”.

E così l’associazione ha proposto il suo progetto di “reale sperimentazione” alla fine della quale si potranno indicare con certezza i tempi, i modi e quale decoder sarà più proficuo utilizzare: “le scelte fatte da DGTVi portano in un vicolo cieco segnato da tecnologie nate già vecchie”.

In sostanza, il progetto propone una maggiore concertazione a livello locale e con maggiori interlocutori. (altri dettagli qui )
La partita resta aperta ed un nuovo rinvio metterebbe in seria crisi una sperimentazione che sembra essere passata decisamente in secondo piano.



Roma – Senza dubbio un bel pasticcio. Più passa il tempo e più si rischia di arenarsi o addirittura indietreggiare. Sul versante del digitale terrestre e del primo switch off sperimentale in Sardegna e Valle D’Aosta buone notizie proprio non ce ne sono. Eppure il passaggio dalla Tv analogica a quella digitale è un traguardo che i ministeri delle Comunicazioni e quello dell’Innovazione attendono con ansia per poter finalmente dimostrare con i fatti quanto possa essere utile la televisione di ultima generazione.

Tuttavia sono saltati i termini di gennaio e quelli di marzo che avrebbero dovuto segnare la morte dell’analogico nelle due regioni. Ora si attende l’ennesima scadenza (fine di luglio 2006).
Da agosto, dunque, i normali televisori sprovvisti di decoder saranno “accecati”. Ma sono in pochi al momento pronti a scommettere sul verificarsi dell’evento.

Le ragioni dei continui rinvii sono molteplici e non sono solo di ordine tecnologico: la questione si impantana ogni giorno di più per ragioni strettamente locali, di intrecci e interessi, di lobby o più semplicemente di politica locale. A mettere il bastone tra le ruote al progetto governativo ci si sono messi un po’ tutti; dagli assessori ai governatori fino alle associazioni dei consumatori. Poi si sono registrate le proteste e le paure della gente comune, le lamentele sui costi da sostenere per le famiglie. Ma soprattutto, a pervadere tutto come una nebbia, la scarsa attrattiva verso il digitale e le sue fin qui inespresse potenzialità.

Cosa sarebbe dovuto accadere
Secondo i due protocolli di intesa firmati dalle istituzioni centrali e locali ( Sardegna e Valle D’Aosta ) occorreva “effettuare tutti gli interventi tecnici necessari da parte dei broadcaster affinché gli attuali impianti esercìti in tecnica analogica fossero predisposti per la trasmissione in standard digitale e per il passaggio allo switch/off entro il 31 gennaio 2006, in almeno i capoluoghi di provincia presenti nella regione nonché predisporre i piani di investimento necessari”.

Inoltre, occorreva predisporre il “co-finanziamento Stato-Regione dei decoder per le famiglie meno abbienti (circa il 10% della popolazione) al fine di assicurare a queste la piena gratuità del decoder” e quello “per lo sviluppo di servizi di T-government”.

L’intenso lavoro dei mesi passati è stato portato avanti da un gruppo di lavoro nel quale ha avuto un ruolo importante la Fondazione Ugo Bordoni -chiamata ad operare dal Ministero delle Comunicazioni – la quale si è impegnata con proprio personale allo sviluppo delle piattaforme tecnologiche innovative in collaborazione con le Istituzioni di ricerca esistenti e le università delle due regioni.

Occorreva sviluppare, inoltre, sinergie tra emittenti locali, sviluppare progetti di T-gov e coinvolgere gli enti locali. Ma permanevano enormi problemi di copertura.

“A Cagliari abbiamo problemi di ricezione, e lo posso dire per esperienza personale”, spiega a Punto Informatico Maurizio Agelli che cura il settore del digitale per il CRS4 , il centro di ricerca della Regione Sardegna, “per esempio ci sono molte difficoltà a ricevere addirittura i canali della Rai. In queste condizioni era impensabile poter avviare lo spegnimento del canale analogico. Un altro aspetto fondamentale del rinvio è dovuto alla diffusione dei decoder ancora troppo lenta e poco capillare”.

Il tecnico ribadisce concetti già ascoltati in quegli enti locali che hanno abbandonato la sperimentazione digitale lamentando “una grossa aspettativa dal digitale terrestre che poi è sembrata sfumare”. “C’erano molte aspettative sulla tv interattiva ma ci si è resi conto col passar del tempo che questa ha forti limiti”, spiega Agelli, “e che non può essere uno strumento da affiancare ad Internet: non si possono offrire gli stessi servizi che si offrono su Web”.

Il progetto della Regione Sardegna di T-gov si vorrebbe focalizzato su una decina di aree tematiche equivalenti a quelle già presenti sul portale Internet (“sul quale punta in maniera decisa e prevalente”). Ovvero contenuti informativi e possibilità di personalizzazione specifiche per l’utente. Un progettone da oltre 2 milioni di euro ma al momento incapace di dare una svolta al profilo del T-Gov.

Buona parte dei giochi si sono svolti sui tavoli politici; da una parte, il presidente della Sardegna Soru più volte ha dato battaglia e richiesto certezze che evidentemente non sono arrivate, dall’altra, l’assessore all’Innovazione della Valle d’Aosta, Aurelio Marguerettaz, invece ha richiesto confronti con il Ministero delle Comunicazioni e l’apertura di un nuovo tavolo al quale potessero sedere anche le associazioni di consumatori.

Ed infatti, a dare maggiori grattacapi al ministero delle Comunicazioni è stata l’ Adiconsum .
Solo qualche giorno fa il suo segretario generale, Paolo Landi, ha dichiarato: “Spegnere la televisione analogica in Sardegna e Valle d’Aosta nel luglio 2006 è una scelta impraticabile che va contro i consumatori. La nostra associazione da sempre si batte a favore dell’innovazione tecnologica, ma la strada tracciata dal consorzio DGTVi e da questo Governo non porta da nessuna parte”.

E così l’associazione ha proposto il suo progetto di “reale sperimentazione” alla fine della quale si potranno indicare con certezza i tempi, i modi e quale decoder sarà più proficuo utilizzare: “le scelte fatte da DGTVi portano in un vicolo cieco segnato da tecnologie nate già vecchie”.

In sostanza, il progetto propone una maggiore concertazione a livello locale e con maggiori interlocutori. (altri dettagli qui )
La partita resta aperta ed un nuovo rinvio metterebbe in seria crisi una sperimentazione che sembra essere passata decisamente in secondo piano.

Punto Informatico ha avuto l’occasione di scambiare qualche idea con Sebastiano Triglia, ingegnere di chiara fama responsabile del progetto Digitale Terrestre della Fondazione Ugo Bordoni , che ha giocato un ruolo fondamentale per la stipula dei protocolli d’intesa tra le due regioni ed il Ministero.

Punto Informatico: ingegner Trigila, come stanno le cose?
Sebastiano Triglia: Guardi la questione è di quelle veramente delicate. Talmente delicata che mentre parliamo il contesto è già cambiato. Si consiglia estrema prudenza.

PI: D’accordo, allora parliamo di quello che è già successo. Perché l’ennesimo rinvio dello switch off?
ST: Lo spostamento della data o il mancato rispetto è dovuto essenzialmente alla estrema lentezza di diffusione dei decoder. In numero di famiglie che ne possiede uno è ancora insufficiente.

PI: Qual è la causa secondo lei?
ST: In verità è difficile trovarli nei negozi

PI: Difficile?
ST: Eh sì, perché in ogni caso erano poche le persone che richiedevano il decoder e, dunque, nessun esercente immobilizza capitali e occupa spazio nel suo negozio per merce non appetibile. Insomma, soprattutto in Valle d’Aosta i decoder sono spariti dai negozi. La gente non li cercava, i negozi non li vendevano più: un gioco micidiale di causa-effetto che alla fine ha influito in maniera decisiva.

PI:Può essere più preciso nell’inquadrare la parabola discendente relativa alla richiesta di decoder?
ST: Diciamo che hanno iniziato ad essere acquistati ad un ritmo inferiore già nel corso del 2005, poi il calo è stato più netto nei primi mesi di questo anno. Ma bisognerebbe chiedersi come mai sono così poche le persone che vogliono acquistare il decoder…

PI: Già, come mai?
ST: Nel frattempo sono intervenute numerose ragioni sia di ordine politico che di interessi. Sono state fatte campagne pubblicitarie e di comunicazione da parte del Governo che tuttavia sembra si siano infrante su quelle orchestrate da chi era contrario, giunte da più parti. Il primo che s’alzava la mattina sparava a zero contro la sperimentazione della tv digitale e non ultima l’associazione dei consumatori Adiconsum che sta portando avanti una vera e propria crociata.
Non che non ne abbia pienamente diritto ma spesso in tutto questo turbinio di informazioni è facile spaventare la gente e dire inesattezze.

PI: Come quella del costo eccessivo e dell’acquisto non necessario?
ST: In fondo i decoder costano intorno ai 100 euro, di sicuro una spesa affrontabile dunque da qualunque famiglia.

PI: È anche vero che in famiglia vi sono spesso più di un televisore, in questo caso la spesa lievita
ST: E poi continuando a trovare difetti, la gente si è convinta che fosse una spesa rinviabile.

PI: La maggiore critica che viene mossa alla sperimentazione è l’eccessiva fretta
ST: Chi dice che possiamo aspettare non conosce a fondo il problema. In realtà abbiamo una grande fretta di liberare un numero di frequenze che ci possono essere utili, per esempio, per i cellulari di ultima generazione ma soprattutto c’è fretta di offrire una pluralità vera di scelte.
E poi la situazione italiana dell’etere e sempre stata nota per l’eccessivo affollamento e caos. Con la televisione digitale si può finalmente mettere ordine nelle frequenze.

PI: C’è poi la questione della presunta obsolescenza dei decoder
ST: Su questo aspetto c’è da intendersi. Se si dice che i decoder utilizzati sono vecchi non significa che non siano funzionali per la nostra sperimentazione. Quello che abbiamo scelto è uno strumento con funzioni essenziali ma non c’è pericolo che questo diventi inutilizzabile a breve.
Nel 2004 infatti sono state codificate le specifiche tecniche alle quali bisogna attenersi. Per esempio, quella di essere in grado di collegarsi alla Rete con un canale di ritorno telefonico che sia in grado di dialogare con i protocolli di base del Web utilizzando una interfaccia semplificata. Significa ovviamente utilizzare la Rete in maniera diversa, visto che l’utente utilizza un telecomando. È esattamente come dire che oggi chi ha un computer collegato con un modem a 56K è obsoleto… secondo me è sbagliato dire: siccome posso avere la gallina domani, oggi rifiuto l’uovo.

PI: Cosa risponde invece a quelle critiche che riguardano il merito della sperimentazione: cambiare metodo, strumenti, incisività
ST: Anche in questo caso l’Adiconsum è intervenuta. Sarebbe opportuno che ognuno facesse il proprio mestiere… Se questa associazione pretende di coordinare la sperimentazione forse sta andando troppo in là. Le associazioni devono essere coinvolte e sono sempre ben viste ma forse al momento potrebbe essere in atto una strumentalizzazione. Quello che posso dire è che in tempi non sospetti il tentativo di coinvolgere le associazioni c’è stato ma senza successo. Che tipo di dialogo ci può essere se ti rispondono che bisogno abbiamo del digitale terrestre?

PI: Ma voi siete proprio sicuri del vostro metodo di sperimentazione?
ST: Assolutamente sì. Sono state scelte Sardegna e Valle d’Aosta perché la prima ha un vasto territorio ed è geograficamente facile da coprire con il segnale in più è molto popolosa, la seconda invece molto piccola, scarsamente popolata, dal territorio impervio. Sono questi i migliori territori per la sperimentazione. L’essenza vera della sperimentazione è proprio testare l’affermazione del digitale, calibrare l’offerta, diventare sempre più appetibile e dunque lavorare sui contenuti, ampliarli e migliorarli. Dal punto di vista tecnico tutto è ok, ma sono intervenute quelle interferenze di cui parlavamo.

PI: Non le pare tuttavia che questo meccanismo si sia inceppato alle prime difficoltà?
ST: C’è chi ha remato contro, la disarmonia ha lavorato a favore di chi il digitale non lo vuole. Certo se il Governo fosse stato più sicuro e la strategia di comunicazione più chiara… forse le cose sarebbero andate diversamente. Nessuno qui sta facendo un’operazione di imposizione. Se tentiamo di passare al digitale è solo per aumentare un’offerta libera.

PI: A luglio vedremo l’inizio della fine dell’era analogica?
ST: Purtroppo ci sono troppe variabili incontrollabili che possono influire. Dal punto di vista della copertura totale siamo a buon punto, anche le televisioni locali sono pronte a commutare i loro segnali. Entro luglio si può raggiungere quella soglia sufficiente anche di diffusione dei decoder.

PI: Perché qualcuno rischia di esser tagliato fuori…
ST: Dobbiamo fare di tutto per ridurre al massimo il numero di famiglie che inevitabilmente non vedrà più la tv al momento del fatidico passaggio. È l’obiettivo primario.

a cura di Alessandro Biancardi <!–P3 fine- DTT, rischio naufragio in Sardegna e Valle d’Aosta –>

Roma – Senza dubbio un bel pasticcio. Più passa il tempo e più si rischia di arenarsi o addirittura indietreggiare. Sul versante del digitale terrestre e del primo switch off sperimentale in Sardegna e Valle D’Aosta buone notizie proprio non ce ne sono. Eppure il passaggio dalla Tv analogica a quella digitale è un traguardo che i ministeri delle Comunicazioni e quello dell’Innovazione attendono con ansia per poter finalmente dimostrare con i fatti quanto possa essere utile la televisione di ultima generazione.

Tuttavia sono saltati i termini di gennaio e quelli di marzo che avrebbero dovuto segnare la morte dell’analogico nelle due regioni. Ora si attende l’ennesima scadenza (fine di luglio 2006).
Da agosto, dunque, i normali televisori sprovvisti di decoder saranno “accecati”. Ma sono in pochi al momento pronti a scommettere sul verificarsi dell’evento.

Le ragioni dei continui rinvii sono molteplici e non sono solo di ordine tecnologico: la questione si impantana ogni giorno di più per ragioni strettamente locali, di intrecci e interessi, di lobby o più semplicemente di politica locale. A mettere il bastone tra le ruote al progetto governativo ci si sono messi un po’ tutti; dagli assessori ai governatori fino alle associazioni dei consumatori. Poi si sono registrate le proteste e le paure della gente comune, le lamentele sui costi da sostenere per le famiglie. Ma soprattutto, a pervadere tutto come una nebbia, la scarsa attrattiva verso il digitale e le sue fin qui inespresse potenzialità.

Cosa sarebbe dovuto accadere
Secondo i due protocolli di intesa firmati dalle istituzioni centrali e locali ( Sardegna e Valle D’Aosta ) occorreva “effettuare tutti gli interventi tecnici necessari da parte dei broadcaster affinché gli attuali impianti esercìti in tecnica analogica fossero predisposti per la trasmissione in standard digitale e per il passaggio allo switch/off entro il 31 gennaio 2006, in almeno i capoluoghi di provincia presenti nella regione nonché predisporre i piani di investimento necessari”.

Inoltre, occorreva predisporre il “co-finanziamento Stato-Regione dei decoder per le famiglie meno abbienti (circa il 10% della popolazione) al fine di assicurare a queste la piena gratuità del decoder” e quello “per lo sviluppo di servizi di T-government”.

L’intenso lavoro dei mesi passati è stato portato avanti da un gruppo di lavoro nel quale ha avuto un ruolo importante la Fondazione Ugo Bordoni -chiamata ad operare dal Ministero delle Comunicazioni – la quale si è impegnata con proprio personale allo sviluppo delle piattaforme tecnologiche innovative in collaborazione con le Istituzioni di ricerca esistenti e le università delle due regioni.

Occorreva sviluppare, inoltre, sinergie tra emittenti locali, sviluppare progetti di T-gov e coinvolgere gli enti locali. Ma permanevano enormi problemi di copertura.

“A Cagliari abbiamo problemi di ricezione, e lo posso dire per esperienza personale”, spiega a Punto Informatico Maurizio Agelli che cura il settore del digitale per il CRS4 , il centro di ricerca della Regione Sardegna, “per esempio ci sono molte difficoltà a ricevere addirittura i canali della Rai. In queste condizioni era impensabile poter avviare lo spegnimento del canale analogico. Un altro aspetto fondamentale del rinvio è dovuto alla diffusione dei decoder ancora troppo lenta e poco capillare”.

Il tecnico ribadisce concetti già ascoltati in quegli enti locali che hanno abbandonato la sperimentazione digitale lamentando “una grossa aspettativa dal digitale terrestre che poi è sembrata sfumare”. “C’erano molte aspettative sulla tv interattiva ma ci si è resi conto col passar del tempo che questa ha forti limiti”, spiega Agelli, “e che non può essere uno strumento da affiancare ad Internet: non si possono offrire gli stessi servizi che si offrono su Web”.

Il progetto della Regione Sardegna di T-gov si vorrebbe focalizzato su una decina di aree tematiche equivalenti a quelle già presenti sul portale Internet (“sul quale punta in maniera decisa e prevalente”). Ovvero contenuti informativi e possibilità di personalizzazione specifiche per l’utente. Un progettone da oltre 2 milioni di euro ma al momento incapace di dare una svolta al profilo del T-Gov.

Buona parte dei giochi si sono svolti sui tavoli politici; da una parte, il presidente della Sardegna Soru più volte ha dato battaglia e richiesto certezze che evidentemente non sono arrivate, dall’altra, l’assessore all’Innovazione della Valle d’Aosta, Aurelio Marguerettaz, invece ha richiesto confronti con il Ministero delle Comunicazioni e l’apertura di un nuovo tavolo al quale potessero sedere anche le associazioni di consumatori.

Ed infatti, a dare maggiori grattacapi al ministero delle Comunicazioni è stata l’ Adiconsum .
Solo qualche giorno fa il suo segretario generale, Paolo Landi, ha dichiarato: “Spegnere la televisione analogica in Sardegna e Valle d’Aosta nel luglio 2006 è una scelta impraticabile che va contro i consumatori. La nostra associazione da sempre si batte a favore dell’innovazione tecnologica, ma la strada tracciata dal consorzio DGTVi e da questo Governo non porta da nessuna parte”.

E così l’associazione ha proposto il suo progetto di “reale sperimentazione” alla fine della quale si potranno indicare con certezza i tempi, i modi e quale decoder sarà più proficuo utilizzare: “le scelte fatte da DGTVi portano in un vicolo cieco segnato da tecnologie nate già vecchie”.

In sostanza, il progetto propone una maggiore concertazione a livello locale e con maggiori interlocutori. (altri dettagli qui )
La partita resta aperta ed un nuovo rinvio metterebbe in seria crisi una sperimentazione che sembra essere passata decisamente in secondo piano.

Punto Informatico ha avuto l’occasione di scambiare qualche idea con Sebastiano Triglia, ingegnere di chiara fama responsabile del progetto Digitale Terrestre della Fondazione Ugo Bordoni , che ha giocato un ruolo fondamentale per la stipula dei protocolli d’intesa tra le due regioni ed il Ministero.

Punto Informatico: ingegner Trigila, come stanno le cose?
Sebastiano Triglia: Guardi la questione è di quelle veramente delicate. Talmente delicata che mentre parliamo il contesto è già cambiato. Si consiglia estrema prudenza.

PI: D’accordo, allora parliamo di quello che è già successo. Perché l’ennesimo rinvio dello switch off?
ST: Lo spostamento della data o il mancato rispetto è dovuto essenzialmente alla estrema lentezza di diffusione dei decoder. In numero di famiglie che ne possiede uno è ancora insufficiente.

PI: Qual è la causa secondo lei?
ST: In verità è difficile trovarli nei negozi

PI: Difficile?
ST: Eh sì, perché in ogni caso erano poche le persone che richiedevano il decoder e, dunque, nessun esercente immobilizza capitali e occupa spazio nel suo negozio per merce non appetibile. Insomma, soprattutto in Valle d’Aosta i decoder sono spariti dai negozi. La gente non li cercava, i negozi non li vendevano più: un gioco micidiale di causa-effetto che alla fine ha influito in maniera decisiva.

PI:Può essere più preciso nell’inquadrare la parabola discendente relativa alla richiesta di decoder?
ST: Diciamo che hanno iniziato ad essere acquistati ad un ritmo inferiore già nel corso del 2005, poi il calo è stato più netto nei primi mesi di questo anno. Ma bisognerebbe chiedersi come mai sono così poche le persone che vogliono acquistare il decoder…

PI: Già, come mai?
ST: Nel frattempo sono intervenute numerose ragioni sia di ordine politico che di interessi. Sono state fatte campagne pubblicitarie e di comunicazione da parte del Governo che tuttavia sembra si siano infrante su quelle orchestrate da chi era contrario, giunte da più parti. Il primo che s’alzava la mattina sparava a zero contro la sperimentazione della tv digitale e non ultima l’associazione dei consumatori Adiconsum che sta portando avanti una vera e propria crociata.
Non che non ne abbia pienamente diritto ma spesso in tutto questo turbinio di informazioni è facile spaventare la gente e dire inesattezze.

PI: Come quella del costo eccessivo e dell’acquisto non necessario?
ST: In fondo i decoder costano intorno ai 100 euro, di sicuro una spesa affrontabile dunque da qualunque famiglia.

PI: È anche vero che in famiglia vi sono spesso più di un televisore, in questo caso la spesa lievita
ST: E poi continuando a trovare difetti, la gente si è convinta che fosse una spesa rinviabile.

PI: La maggiore critica che viene mossa alla sperimentazione è l’eccessiva fretta
ST: Chi dice che possiamo aspettare non conosce a fondo il problema. In realtà abbiamo una grande fretta di liberare un numero di frequenze che ci possono essere utili, per esempio, per i cellulari di ultima generazione ma soprattutto c’è fretta di offrire una pluralità vera di scelte.
E poi la situazione italiana dell’etere e sempre stata nota per l’eccessivo affollamento e caos. Con la televisione digitale si può finalmente mettere ordine nelle frequenze.

PI: C’è poi la questione della presunta obsolescenza dei decoder
ST: Su questo aspetto c’è da intendersi. Se si dice che i decoder utilizzati sono vecchi non significa che non siano funzionali per la nostra sperimentazione. Quello che abbiamo scelto è uno strumento con funzioni essenziali ma non c’è pericolo che questo diventi inutilizzabile a breve.
Nel 2004 infatti sono state codificate le specifiche tecniche alle quali bisogna attenersi. Per esempio, quella di essere in grado di collegarsi alla Rete con un canale di ritorno telefonico che sia in grado di dialogare con i protocolli di base del Web utilizzando una interfaccia semplificata. Significa ovviamente utilizzare la Rete in maniera diversa, visto che l’utente utilizza un telecomando. È esattamente come dire che oggi chi ha un computer collegato con un modem a 56K è obsoleto… secondo me è sbagliato dire: siccome posso avere la gallina domani, oggi rifiuto l’uovo.

PI: Cosa risponde invece a quelle critiche che riguardano il merito della sperimentazione: cambiare metodo, strumenti, incisività
ST: Anche in questo caso l’Adiconsum è intervenuta. Sarebbe opportuno che ognuno facesse il proprio mestiere… Se questa associazione pretende di coordinare la sperimentazione forse sta andando troppo in là. Le associazioni devono essere coinvolte e sono sempre ben viste ma forse al momento potrebbe essere in atto una strumentalizzazione. Quello che posso dire è che in tempi non sospetti il tentativo di coinvolgere le associazioni c’è stato ma senza successo. Che tipo di dialogo ci può essere se ti rispondono che bisogno abbiamo del digitale terrestre?

PI: Ma voi siete proprio sicuri del vostro metodo di sperimentazione?
ST: Assolutamente sì. Sono state scelte Sardegna e Valle d’Aosta perché la prima ha un vasto territorio ed è geograficamente facile da coprire con il segnale in più è molto popolosa, la seconda invece molto piccola, scarsamente popolata, dal territorio impervio. Sono questi i migliori territori per la sperimentazione. L’essenza vera della sperimentazione è proprio testare l’affermazione del digitale, calibrare l’offerta, diventare sempre più appetibile e dunque lavorare sui contenuti, ampliarli e migliorarli. Dal punto di vista tecnico tutto è ok, ma sono intervenute quelle interferenze di cui parlavamo.

PI: Non le pare tuttavia che questo meccanismo si sia inceppato alle prime difficoltà?
ST: C’è chi ha remato contro, la disarmonia ha lavorato a favore di chi il digitale non lo vuole. Certo se il Governo fosse stato più sicuro e la strategia di comunicazione più chiara… forse le cose sarebbero andate diversamente. Nessuno qui sta facendo un’operazione di imposizione. Se tentiamo di passare al digitale è solo per aumentare un’offerta libera.

PI: A luglio vedremo l’inizio della fine dell’era analogica?
ST: Purtroppo ci sono troppe variabili incontrollabili che possono influire. Dal punto di vista della copertura totale siamo a buon punto, anche le televisioni locali sono pronte a commutare i loro segnali. Entro luglio si può raggiungere quella soglia sufficiente anche di diffusione dei decoder.

PI: Perché qualcuno rischia di esser tagliato fuori…
ST: Dobbiamo fare di tutto per ridurre al massimo il numero di famiglie che inevitabilmente non vedrà più la tv al momento del fatidico passaggio. È l’obiettivo primario.

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Pubblicato il
3 mag 2006
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