Esperya ha perso l'eccezione

Esperya ha perso l'eccezione

di Massimo Mantellini. Dal pacco del diffidente al forum aperto a tutti: Tombolini ha creato una piccola grande eccezione nel panorama dell'e-commerce italiano. Una diversità produttiva che ora viene messa alla porta
di Massimo Mantellini. Dal pacco del diffidente al forum aperto a tutti: Tombolini ha creato una piccola grande eccezione nel panorama dell'e-commerce italiano. Una diversità produttiva che ora viene messa alla porta


Roma – Non conosco Antonio Tombolini, credo di aver scambiato con lui un paio di mail solo una volta qualche anno fa, quando iniziavano a girare in rete voci sulla acquisizione di Esperya da parte di Kataweb, però un paio di commenti al suo licenziamento in tronco vorrei farli ugualmente.

Chiunque abbia almeno una volta visitato il sito web di Esperya si sarà reso conto che non assomiglia per nulla alle migliaia di pagine commerciali che sono spuntate in rete in questi anni. La bottega online di Tombolini (mi piace chiamarla così anche ora che non lo è più) è molto più simile a quelle pagine personali, che chiunque di noi ha provato a mettere online conoscendo 4 rudimenti di html, che non alle sfavillanti opere dei creatori di siti web professionali.

Alcune pagine di Esperya poi, come per esempio quelle in cui si pubblicizza il pacco del diffidente (una delle tante grandi idee di Tombolini) potrebbero portare ad una crisi di nervi qualsiasi solone dell’usabilità, per quella dialogante mancanza di concretezza che costringe l’utente a 10 click successivi per ottenere le medesime informazioni che sarebbe stato possibile condensare in un’unica pagina.

Ed in ogni caso tutto il sito web di Esperya è una chiara affermazione dell’ininfluenza del web design: una idea espressa molto nettamente che fa molto internet dei primordi e rimanda ad una concretezza (ma anche ad una discorsività) che il web commerciale sembra aver completamente accantonato.

Ignoro quali siano i benefici che una fulminante intro in flash possa portare ad un sito web che vende caciotte di qualità, ma sono fra quanti continuano a credere che la concretezza nel commercio elettronico sia una scelta alla quale non sia possibile sottrarsi.

E come potrebbe definirsi diversamente il fatto che Esperya fornisca ai propri utenti un forum libero nel quale ognuno può esprimere qualsiasi valutazione sui prodotti in vendita così come su qualsiasi disservizio nel quale sia incappato? Un forum, in ogni caso e nonostante tutte le controindicazioni (tutti noi sappiamo che razza di arma malevola e infida possa essere un forum nelle mani di certi individui), quello su Esperya pensato libero fin dall’inizio, partendo dalla idea che gli eventuali panni sporchi vadano lavati in pubblico e che l’informazione sia un valore prezioso sempre e comunque per tutti, anche quando essa è di segno negativo, e non un ammennicolo del quale farsi belli solo per incensare e pubblicizzare le proprie merci o i propri punti di vista.

Non so nulla della situazione economica di Esperya nè del conto in banca di Tombolini (che insieme ai suoi soci ha venduto a suo tempo a Kataweb il sito) e nemmeno dei prossimi piani commerciali della gestione di Esperya-Kataweb dopo l’allontanamento improvviso del suo fondatore ed ideatore. Conosco con qualche miglior approssimazione la politica commerciale di Kataweb di questi anni in rete, giocata prima sulle corde di una grandeur a tutto tondo e poi su una politica di tagli altrettanto convinta.

Nel panorama delle decine di siti web che Kataweb ha sfornato, spesso seguendo logiche piuttosto misteriose e contraddittorie, Esperya rappresentava una importante eccezione per una semplice ragione: era un progetto imprenditoriale agli antipodi rispetto a gran parte dei siti web di e-commerce italiani. Questi ultimi hanno in genere al centro della proposta commerciale il prodotto, nel primo il centro era invece inconfutabilmente il cliente.


In questo è stata fino ad oggi la diversità di Esperya: l’aver capito (e averlo capito molto presto) che per vendere qualsiasi prodotto su Internet è necessario prima di tutto comprendere le dinamiche della rete, accettarne e condividerne le regole. E allora, informazione prima di tutto, vendendo mozzarelle esattamente come si venderebbe software o notizie, impacchettandole insieme ad un forum nel quale chiunque possa scrivere che le mie bufale fanno schifo o sono buonissime, aggiungendo magari un bottegaio in carne ossa sempre online che ti chiama sul cellulare se hai dei dubbi su un acquisto, o mille altre piccole cose tutte pensate dal droghiere come se fosse il cliente.

Insomma la concretezza e l’utilità di una Internet che diventa per davvero uno spazio nuovo, un negozio nuovo, dove, per una volta, a differenza di quanto avviene nel mondo reale, se il droghiere bluffa può essere smascherato all’istante e in mondovisione. E’ tutto qui il valore aggiunto che la rete può offrire al commercio elettronico e non si tratta di cosa da poco. Siti del genere, che nascono da simili presupposti, non hanno bisogno di orpelli o coreografie spaziali e non è un caso che Antonio, nella cruda realtà di un business senza cuore tanto in voga oggi, si sia trovato proprio lui a corto di “informazione”, con l’account di posta aziendale disabilitato prima ancora di sapere del suo licenziamento.

Così come non è un caso che dai piani alti di Kataweb nessuno si sia sentito in dovere di postare due righe sul sito web di Esperya o sui suoi forum, per giustificare la decisione di licenziarne in tronco l’inventore. Nemmeno uno straccio di comunicato stampa ad uso e consumo di quei guardoni dei giornalisti o dei tanti immancabili profeti tardivi dell’io-l’avevo-detto.

Attendiamo un necessario restyling del sito web di Esperya, in linea con le scelte imprenditoriali fatte: datemi una bella intro da 500kb in flash nella quale le caciotte, i tranci di tonno e i salami di Falorni si materializzino sullo schermo del mio computer in un tripudio di rotazioni 3D. Poi moderate i forum o addirittura sostituiteli con un più efficace customer care telefonico, più riservato e “a misura di cliente” (che i panni sporchi è sempre meglio lavarli in famiglia) infine limate alcune delle eccessive garanzie che Tombolini riservava ai suoi clienti: forse così i conti ricominceranno a quadrare.

Oppure non quadreranno ugualmente, ma almeno sarà possibile sollevare le mille eccezioni che hanno giustificato i fallimenti dei primi anni del cosiddetto commercio elettronico business to consumer. Dove il consumatore lo si vorrebbe con le medesime caratteristiche di inattività e scarsa curiosità al quale è stato abituato negli anni da un marketing televisivo tanto sapiente quanto invasivo. E dove chi fa business – anche su Internet – continua a volerlo fare ignorando bellamente il mezzo che sta utilizzando. Ecco, l’unica cosa che so oggi, è che Antonio Tombolini non è uno di questi.

Massimo Mantellini

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
15 apr 2002
Link copiato negli appunti