La parola al Partito dei Pirati

La parola al Partito dei Pirati

In un'intervista il fondatore dell'ormai celeberrimo movimento politico svedese spiega le ragioni di una battaglia che mette al centro il ridimensionamento del diritto d'autore. P2P? Consentire l'uso personale
In un'intervista il fondatore dell'ormai celeberrimo movimento politico svedese spiega le ragioni di una battaglia che mette al centro il ridimensionamento del diritto d'autore. P2P? Consentire l'uso personale

(di Federico Mello – Generazione Idrogeno) – Si chiama Piratartiet, proprio così, “Partito dei Pirati”. È nato in Svezia il primo gennaio del 2006, e dopo solo pochi giorni, un sondaggio del tabloid svedese “Aftonbladet”, mostrava come il 62% degli svedesi si dicesse d’accordo con le sue ragioni.

I pirati di cui parliamo, naturalmente, sono dei Pirati informatici. Programmatori, piccoli imprenditori, studenti che si candidano al Parlamento Svedese (elezioni previste il prossimo settembre) per difendere il diritto alla privacy, per abolire i brevetti e per ripensare il copyright. Il Piratpartiet spopola tra i giovani, e potrebbe riuscire a prendere i 225mila voti (4% del totale) necessari ad entrare in Parlamento. Ma, oltre all’aspetto più “parlamentare”, della sua nascita, il Piratpartiet rappresenta una novità vera, a tutto tondo, probabilmente la prima realtà politica tutta figlia delle rete e del nuovo paradigma tecnologico.

Ciò si riscontra in quella che è stata la breve ma intensa storia del partito (manco a dirlo è nato su Internet), nell’età dei suoi candidati addirittura impensabile qui da noi (nel Piratpartiet l’età media è di 39 anni, il più giovane ha 23 anni, il più vecchio 58 ? ma il secondo più vecchio ne ha solo 46).

Ma il Piratpartiet è figlio della rete anche perché di questa ne usa tutte le potenzialità. Sul sito www.piratpartiet.se si trovano risorse, informazioni, appuntamenti. Ma sul sito dei Pirati si trova anche uno strumento di dibattito reale, uno strumento che rompe il meccanismo classico della politica rendendo pubblico ogni dibattito: è un vero e proprio forum nel quale si discute di aspetti politici e legislativi delle varie proposte, si riflette su ciò che avviene nel mondo, ci si scambia risorse ed informazioni elettorali (come si presentano le liste, come si raccolgono le firme ecc.).

Il leader del Partito Bisogna far notare, infine, come il Piratpartiet rivendichi in pieno la sua diversità ? la sua modernità. Nelle pagine personali dei candidati c’è spazio anche per la vita privata dei leader. C’è Tor Skude, di 23 anni, che ha un’impresa di import e canta nel coro della sua città; c’è Jessica Rickardsson, di 29 anni, che “diventa mamma a luglio per la prima volta e visto che starà a casa avrà moltissimo tempo per i Piratpartiet”; c’è Steffan Müller, 41 anni, “ex sindacalista che suona la chitarra e non può vivere senza la musica”.
C’è anche Rickard Falkvinge 34 anni (nella foto), programmatore, cuoco amatoriale, ma soprattutto, fondatore del Piratpartiet. Con lui abbiamo realizzato l’intervista che segue.

Rickard Falkvinge, fondatore del Partito dei Pirati. Da chi è composto il Piratpartiet?
Nel Piratparitet abbiamo molti militanti giovani, ragazzi nati negli anni 70 e 80. I leader, invece, un po’ più grandi, sono persone che conoscono a fondo, e dall’interno, il mondo delle aziende informatiche.
I militanti sono giovani cresciuti con la tecnologia e perciò in grado di sfruttare al massimo tutte le potenzialità di Internet.
Sono ragazzi che denunciano come opprimente, soffocante, la costante opera di lobbyng di tutte quelle aziende che, appartenendo “al passato”, lavorano soltanto per preservare la propria posizione dominante sul mercato.
I nostri militanti sono persone che oggi dicono basta a questa situazione e stanno provando ad organizzarsi. Noi vogliamo dargli questa possibilità. Allora voi chi siete?
Noi, i fondatori Piratpartiet, siamo ex dipendenti di aziende informatiche: conosciamo perciò profondamente, e dall’interno, il mondo dei copyright e dei brevetti informatici. Io, leader e presidente del partito, ho una profonda conoscenza di Microsoft, avendo lavorato nel quartier generale di Redmond. Il vice presidente, Christian Engström, è stato titolare di un agenzia di registrazione marchi, venendo così a contatto con numerosi avvocati specializzati in brevetti. Christian ha in seguito abbandonato questa professione ed è diventato, a Bruxelles, un attivista a tempo pieno della campagna contro i brevetti.

Quali sono le questioni principali per le quali vi siete costituiti?
Noi lavoriamo su tre obiettivi: la drastica riduzione del copyright, la completa abolizione dei brevetti, e il diritto di ognuno alla privacy.

Facciamo un po’ di chiarezza però. Che differenza c’è tra marchi da un lato, e copyright e brevetti dall’altro?
Il marchio è uno strumento per identificare un venditore nel mercato. Esempio di marchi registrati includono la forma della bottiglia di Coca-cola, il logo Mercedes, ecc.. Bisogna dire, perciò, che i marchi sono uno strumento utile, sono una garanzia contro attori fraudolenti sul mercato.
Brevetti e copyright, invece, portano alla costruzione di monopoli, rispettivamente, sulla conoscenza e sulla cultura. Se io posseggo un brevetto su un macchinario, tu non potrai né costruirlo né venderlo, anche se non ai mai sentito nominare né me, né tantomeno il mio brevetto. Se io posseggo il copyright su un prodotto della cultura o dell’ingegno, come può essere un brano musicale, tu non potrai neanche fischiettarlo per strada (ciò, oggi, è terribilmente vero: può essere considerata un’esibizione in pubblico).
Tutto ciò va contro lo scopo originale per il quale è stato creato il copyright: promuovere cultura e innovazione. I marchi vennero creati per tutelare i consumatori. I monopoli ed brevetti esistono unicamente a tutela di monopoli e monopolisti.

Un cappellino di Partito Su questi vari aspetti, quindi, qual è la vostra posizione?
Abbiamo avuto recentemente il nostro congresso annuale, nel quale abbiamo specificato meglio le nostre posizioni. Crediamo che il livello di protezione di cui godono oggi i marchi, vista l’attuale legislazione, possa essere soddisfacente.
Per quanto riguarda i copyright, più che per l’abolizione totale, siamo a favore di una drastica riduzione sia per durata temporale, che per la tipologia di prodotti protetti. Per esempio, non dovrebbe esserci copyright su filesharing “no profit”, mentre un periodo di copertura di cinque anni per i prodotti commerciali sarebbe più che sufficiente.

Nel vostro manifesto affermate di essere un “single issue party” un partito che si occupa solo di una questione. Non è un po’ riduttiva come scelta?
Abbiamo scelto una strada che nessun partito ha mai preso finora. Sono già esistiti “single issue party”, questi però si sono dotati in seguito di una piattaforma completa di proposte politiche. Proprio per questo motivo sono stati spazzati via in quanto non comprendevano a pieno tutte le questioni che non riguardavano direttamente la loro battaglia principale.
Noi invece abbiamo scelto tre questioni (riduzione del copyright, abolizione dei brevetti, tutela della privacy) e su queste siamo competenti più di chiunque altro. Su qualsiasi altro tema la nostra risposta è “scusate, non ci occupiamo di questo argomento”. Vi considerate di destra o di sinistra?
Il Piratpartiet è il partito per la gente che considera copyright, brevetti e privacy questioni più importanti delle differenze tra lo schieramento conservatore e quello socialista. Quando il governo va contro i suoi stessi cittadini, non interessa più niente a nessuno se l’IVA è al 19 o al 20%.
Abbiamo perciò deciso, attivamente, di non prendere opinione su ogni altro tema. Se decidi di schierarti sotto questa bandiera, lo fai perché riconosci che nel Piratpartiet molte persone la pensano su molte cose in maniera differente, ma riconosci anche che abbiamo deciso di mettere da parte le nostre differenze per unirci su una battaglia che viene prima di ogni altra.

Pensi che qualcosa di simile al vostro Piratpartiet possa nascere in qualche altro paese (europeo o meno)?
Penso certamente che possa avvenire. Servono solo un paio di fanatici in grado di raccogliere una massa critica. Il movimento dei pirati ha cominciato a svilupparsi proprio in Svezia, grazie soprattutto al “Pirate Bureau” (un istituto autorevole tenuto in alta buona considerazione anche dai media), con loro la Svezia è stato il primo paese a portare tali questioni all’attenzione dell’opinione pubblica.
Un percorso simile forse sarebbe più difficile in UK o negli Stati Uniti, visto il loro sistema politico bipartitico. Ma qualcosa di simile potrebbe delle nascere in molte nazioni europee.

La nascita del vostro movimento ricalca per certi versi la nascita dei partiti ambientalisti in Europa all’inizio degli anni ottanta. Non trovi?
Più di un giornalista ha paragonato il nostro movimento dei pirati ai movimenti ambientalisti degli anni 80. Ci sono effettivamente numerose similitudini; ambedue i movimenti sono movimenti di base, nascono dal basso. Inoltre ambedue sono nati in risposta alle grandi corporation e soprattutto agli ingenti costi esterni che queste impongono alla società. Così come l’uso del gas Freon o del DDT imponeva a tutti pesanti costi esterni, cosi l’attuale legislazione su brevetti e copyright impone a tutti enormi costi secondari sulla cultura e sull’innovazione.

Piratware Si può parlare in Europa di una “variabile generazionale” su alcune temi? Le nuove generazioni hanno dei tratti specifici che li distinguono dalle generazioni precedenti?
Sicuramente! I politici subiscono spesso contestazioni, ma questo avviene perché hanno deliberatamente scelto di non prestare nessun ascolto alle nuove generazioni (potremmo dire, semplificando,a nessuno che abbia meno di 35 anni).
I politici continuano a lamentarsi perché oggi i giovani non si interessano di politica. Ma questo è un mito! È vero piuttosto che oggi i politici non si occupano di tutto ciò che interessa alle nuove generazioni, non è vero che i giovani non si interessano di politica: non sono interessati a ciò di cui discutono i politici.
Il 60% dei nostri militanti è nato negli anni ottanta. Non sono certo pochi per una gioventù “che non si interessa di politica”. Nel Piratpartiet abbiamo una composizione anagrafica in grado di spazzare via i partiti politici tradizionali.
Inoltre, credo che color che sono nati negli anni 70 e 80 abbiano imparato a mettere maggiormente in discussione il potere costituito di quanto abbiano fatto, per dire, i nati negli anni 40 e 50. E questo, secondo me, è un buon auspicio per gli anni a venire.

Intervista a cura di di Federico Mello per Generazione Idrogeno.
(ha collaborato Caroline Kocjancic)

Qui la pubblicazione originale, sul sito di Generazione Idrogeno , che ha gentilmente concesso la ripubblicazione del testo su Punto Informatico.

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Pubblicato il 25 mag 2006
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