Speciale/ Più la rabbia che l'orgoglio
a cura di Massimo Mantellini. Cosa c'è dietro la crociata legale con cui Oriana Fallaci cerca di reprimere la diffusione del suo celebre articolo, pubblicato da decine di siti internet? Diffidata dalla Fallaci, la risposta di S. Zandiri

Esiste un limite di buonsenso che la diffida dei legali della autrice de "La rabbia e l'orgoglio" ha infatti ampiamente superato: non può definirsi diversamente l'accanimento mostrato contro la duplicazione di un articolo giornalistico, già pubblicato in grande evidenza dal Corriere della Sera del 29 settembre scorso, su siti web che lo "copiano" al di fuori di ogni ipotesi di lucro. Ed insieme al buonsenso i legali della Fallaci e della Rizzoli Corriere della Sera scelgono di ignorare anche una idea, quella dei diritti dei lettori, con la quale dovremo tutti - noi e loro - prima o poi iniziare a fare i conti anche in Italia.
Per chiarire un po' meglio vale la pena di citare uno dei capisaldi della applicazione su Internet della cosiddetta dottrina del fair use nelle parole ormai famose di Philippe Queau pronunciate all'European IT Forum di Parigi del 1995:
Si tratta di una citazione lunga ma necessaria poichè la giurisprudenza italiana sembra particolarmente restia ad occuparsi dei diritti del lettore mentre, come si vede, dei diritti degli autori ci si può occupare con sufficiente alacrità, anche in relazione a leggi dello stato sempre più stringenti.
Per queste ragioni, in funzione di questa insostenibile asimmetria fra i diritti accertati degli autori e quelli ignorati degli utenti, la mia prima reazione alla lettura della diffida è stata quella che per una volta fosse il caso di resistere, invitando i lettori alla ormai vecchia e consolidata pratica di mirroring delle pagine incriminate.
Poi ho cambiato idea. Vi spiego perchè.
Gia nei giorni successivi alla pubblicazione de "La rabbia e l'orgoglio" i lettori del Corriere si erano trovati nella poco invidiabile situazione di animare un forum sul sito web del giornale senza poter leggere il pezzo di cui si stava discutendo: di questo e di altre stranezze Simonetta Zandiri aveva scritto su Punto Informatico. Le voci di corridoio sussurravano già allora che La Fallaci avesse vietato la riproduzione del pezzo in questione che avrebbe dovuto far parte (come poi è avvenuto) di un libro di successiva pubblicazione. Per qualche tempo l'articolo era in seguito ricomparso sul web del Corriere per poi scomparire di nuovo. Ma a parte la ondivaga scomparsa/comparsa/riscomparsa su corriere.it, il pezzo della Fallaci, è stato comunque duplicato/pubblicato/letto centinaia di volte sul web.
Basta fare una rapida ricerca su un motore qualsiasi per trovare decine e decine di copie "abusive" del lavoro in questione, nella stragrande maggioranza dei casi incollate dentro pagine web personali, dentro siti di scuole pubbliche, di associazioni politiche e perfino nelle pagine web personali del Presidente della Regione Piemonte Enzo Ghigo. Chissà se gli avvocati hanno diffidato anche Ghigo (insieme alle centinaia di altre persone che hanno riprodotto l'articolo sul web, dentro mailing list o newsgroup e in chissà quali altri posti della Internet non solo italiana) per aver "posto in essere una duplicazione senza il consenso del titolare dei diritti sull'opera". Chissà se hanno chiesto conto di tale illecito utilizzo al Centro Walter Tobagi, a qualche decina di scuole pubbliche medie e superiori che hanno utilizzato l'articolo come materiale didattico, se hanno diffidato il sito di Forza Italia della Regione Emilia Romagna o la rivista politica Quaderni Radicali per averne indebitamente copiato il contenuto. E sarebbe poi interessante sapere se il sito web del TG5 abbia ricevuto l'autorizzazione alla pubblicazione del pezzo (che nemmeno il Corriere ha più) o se la medesima diffida spedita a Simonetta sia giunta alla sede di Alleanza Nazionale di Mestre sul cui sito web l'articolo è tutt'ora, come in tutti quelli appena citati, accessibile. Chissà infine se i legali della scrittrice e giornalista fiorentina hanno esteso il fermo invito alla rimozione anche a Google attraverso la cui memoria cache qualsiasi utente della rete Internet fino a pochi giorni fa poteva raggiungere la vecchia versione "legale " del pezzo pubblicata sul web del Corsera. Oggi per qualche ragione tale link non è più attivo.
Ecco, come vedete la mia era una idea assurda: non esiste alcuna necessità di mirrorare alcunchè. Solo il pensiero di limitare la diffusione in rete di un pezzo giornalistico che tante polemiche e discussioni ha scatenato, è al di fuori da ogni applicabilità. Sarebbe già tanto rivolgere simili attenzioni a chi ha utilizzato per fini commerciali l'articolo della Fallaci, limitando in questo modo un diritto di sfruttamento economico che ha invece più di una ragione per essere tutelato.
Altre e meno grossolane di quelle tentate oggi sono invece le strade per tutelare gli autori nell'era digitale nei confronti della diffusione fra i lettori dei parti del loro ingegno. Altra dovrebbe essere poi, da parte di tutti, magistrati e legislatori compresi, la considerazione dei diritti stessi dei lettori, specialmente quando, come in questo caso, essi coincidono con l'interesse comune.
Quanto poi ad Oriana Fallaci ed alle sue pretese di controllare il frutto del proprio lavoro in maniera tanto stringente, la scrittrice ci perdonerà un piccolo suggerimento: "Pensi alle biblioteche!". Sono piene di volumi da lei scritti sui quali i lettori continuano, impunemente, a non pagare alcun dazio. La biblioteca come eccezione alle leggi che regolano il sistema del diritto d'autore sembra l'unico punto serio da cui partire per continuare a garantire il primato della libera circolazione delle idee anche ai tempi di Internet. Gli autori dovranno prima o poi prendere atto che da quando le loro parole sono diventate bit le dimensioni fisiche delle nostre biblioteche si sono enormemente allargate e che tale ampliamento non può e non deve essere considerato un limite.
Massimo Mantellini
TAG: censura