Contrappunti/ Il rock'n'roll dell'audiovisivo

Contrappunti/ Il rock'n'roll dell'audiovisivo

di Massimo Mantellini - Doveva accadere e sta accadendo: la mediazione va crollando anche sul fronte dei contenuti audio-video. Sorretti da servizi che scommettono (quasi) alla cieca ma che già cambiano tutto
di Massimo Mantellini - Doveva accadere e sta accadendo: la mediazione va crollando anche sul fronte dei contenuti audio-video. Sorretti da servizi che scommettono (quasi) alla cieca ma che già cambiano tutto

Era nell’aria. Fra i tanti baluardi infranti ogni giorno dalla comunicazione mediata da Internet, prima o poi doveva venire il turno di quello dei contenuti audio-video: la forma più evoluta e complessa (forse) di comunicazione a nostra disposizione. Come molti avranno osservato, con la nascita recente di siti di aggregazione video come Youtube o Google Video , sono state di colpo cancellate alcune delle grandi limitazioni tecniche che impedivano fino a ieri una efficace distribuzione di simili materiali in rete, vale a dire la capacità di storage e quella di streaming.

Oggi, per merito di simili iniziative, i contenuti prodotti da telecamere più o meno amatoriali, webcam da 15 euro, così come vere e proprie produzioni cinematografiche, sono definitivamente approdati ai meccanismi di diffusione e condivisione propri della rete.

Il punto di passaggio è stato – come talvolta accade – meramente tecnologico: ciò che ieri era difficile e costoso in termini di apparecchiature, di software, ma soprattutto di banda, oggi non lo è più. Ciò che prima non era possibile ai normali utenti della rete attraverso un accesso a larga banda oggi lo diventa. Chiunque può caricare su Youtube, o su sistemi analoghi che accettano registrazioni libere e rendono disponibili enormi risorse di spazio disco e connessione gratuitamente (in nome di modelli di business come al solito piuttosto complicati e per nulla certi), ogni sorta di materiale audio-video.

Così oggi i critici della rete internet amatoriale – già li sento – avranno nuovo pane per i loro denti. Ognuno di noi oltre alle foto, ai propri pensierini ed ai racconti delle vacanze, potrà mettere on line e condividere i filmati della propria vita o eventualmente dedicarsi, senza troppe competenze, all’arte inarrivabile del cinema. O a quella meno nobile della TV. Aspettiamoci quindi le alte grida di quanti vorranno spiegarci quanto il “broadcast yourself” andrà a scapito di qualità, interesse e competenza, condannando simili contenuti ad una sostanziale inutilità.

Chiunque abbia visto in rete un documentario come Loose Change 9 11 , opera prima di tre ventenni autodidatti americani che tratta in poco più di un’ora di montato molte delle teorie cospirative che ruotano attorno agli attacchi dell’11 settembre, si sarà accorto di come, al di là di qualsiasi valutazione sulle tesi contenute nel film, siamo di fronte ad un prodotto che ha più di una parentela con il miglior documentarismo professionale. In termini se non altro di ritmo narrativo, di qualità delle scene, di montaggio e di inventiva. Ebbene, si tratta di un prodotto assemblato da tre neofiti con un computer portatile Compaq, l’utilizzo di software molto noti e diffusi come Adobe Premiere e After Effects e successivamente reso disponibile in rete attraverso i circuiti di sharing come YouTube di cui si diceva poco fa.

Nel giro di pochissimo tempo è stato visto da oltre due milioni di persone (su google video è disponibile anche una versione sottotitolata in italiano a cura di arcoiris.tv) almeno fino a quando i suoi autori (che avevano anche preparato un dvd in vendita, acquistato pare da circa 55mila persone) non sono incappati in questioni di copyright.

Ciò che oggi per noi è interessante considerare è che anche il consumo di materiale “simil-televisivo-cinematografico” una volta applicata ad esso la “terapia Internet”, da un lato produce un effetto parcellizzazione imponente (quello che molti chiamano “la lunga coda”), che aumenta di molto la personalizzazione e l’autonomia del consumo di simili contenuti, dall’ altro, come già accade, consente attraverso meccanismi di apertura del campo di attenzione e del passaparola la selezione di alcuni contenuti sopra altri, in base a criteri fino a ieri inimmaginabili, ma soprattutto slegati da quelli conosciuti dell’industria dei media.

Il che, tutto sommato, è una buona notizia.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
20 giu 2006
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