Italia, l'hi-tech costerà di più?

Italia, l'hi-tech costerà di più?

Le nuove norme sui rifiuti tecnologici impongono uno sforzo al settore ma non è detto che si riesca a inquinare di meno e ad ottemperare a breve alle richieste europee. I costi saliranno e forse a pagare saranno i consumatori
Le nuove norme sui rifiuti tecnologici impongono uno sforzo al settore ma non è detto che si riesca a inquinare di meno e ad ottemperare a breve alle richieste europee. I costi saliranno e forse a pagare saranno i consumatori

Milano – Le speranze di un futuro tecnologico capace di impattare meno duramente sull’ambiente si scontrano con le difficoltà delle imprese italiane dell’IT nell’aggiornare i propri processi e con la possibilità che produrre meglio, e inquinare meno, finisca per alzare i prezzi finali dei prodotti tecnologici .

Ieri a Milano hanno fatto il punto i membri dell’ Associazione Nazionale delle imprese ICT (Assintel) , di Assorecuperi e Comufficio, in un convegno che ha segnalato alcuni importanti traguardi ma ha anche preso atto del sostanziale ritardo del sistema Italia nell’adottare quei provvedimenti imposti dall’Europa con la Direttiva RAEE e recepiti da tempo nel nostro ordinamento.

Le norme impongono nuovi obblighi ai produttori sul fronte del trattamento, del riciclo e dello smaltimento dei rifiuti tecnologici, vale a dire computer, stampanti, scanner, palmari e via elencando. L’idea è prendere di petto e porre fine alla lunga via del piombo . Per questo è stato presentato un vademecum che affronta tutti i nodi della Direttiva. In particolare la produzione dei rifiuti, la promozione del re-impiego delle tecnologie, l’ottimizzazione dei processi dell’intera filiera (produttori, distributori, operatori del trattamento dei rifiuti e consumatori) e la riduzione dell’uso di sostanze pericolose all’interno delle apparecchiature.

Ad essere messi al bando dal primo luglio di quest’anno sono piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati e etere di difenile polibromurato . Ed entro la fine del 2008, dovrà essere raggiunta la soglia di almeno 4 Kg l’anno pro capite di RAEE ottenuto tramite raccolta differenziata.

A condire il tutto, il fatto che per i rifiuti informatici e della telefonia , il decreto che recepisce la Direttiva europea impone ai produttori per il 31 dicembre 2006, una percentuale di recupero pari almeno al 75% del peso medio per apparecchio e una percentuale di reimpiego e di riciclaggio di componenti, di materiali e di sostanze pari almeno al 65% del peso medio per apparecchio.

Per capire meglio come andrà e cosa si può fare, Punto Informatico ha parlato con Paolo Giuliani , vicepresidente di Assintel.

Punto Informatico: Una delle cose che salta all’occhio nel processo innestato dalla Direttiva è il fronte dei costi. Come siamo messi?
Paolo Giuliani: Manca un meccanismo per gestire i costi da sostenere per lo smaltimento dei rifiuti che in passato non è stato preventivato e messo a budget, quindi per adeguarsi le imprese devono sostenere dei costi non programmati.

PI: Uscirne richiederà una nuova forma di concertazione tra tutti i soggetti della filiera…
PG: Quello è un aspetto critico ed è difficile da attuare perché toglie l’iniziativa relativa allo smaltimento alla singola società.

PI: E quindi?
PG: Quindi se volesse autogestirsi si scontrerebbe con l’aspetto consortile.

PI: Diciamo quindi che ci vorranno accordi, e ci vorrà tempo
PG: Per il completamento della direttiva e per entrare a regime ci vorranno almeno tre anni e questo principalmente per mancanza di cultura. Ci sono Comitati Ministeriali in corso che lavorano per rendere operativa l’iniziativa ma il processo sarà molto lungo.

PI: L’aspetto culturale è quello che forse preoccupa maggiormente. Qual è il grado di consapevolezza dei soggetti della filiera della produzione rispetto alla direttiva e, più in generale, alla tutela ambientale?
PG: Molto basso o inesistente, infatti molte aziende non sanno neppure cosa sia la normativa e come approcciarla.

PI: Molti ritengono che l’attuazione della direttiva possa comportare oneri eccessivi per le imprese di settore. Ma è proprio cosi?
PG: I costi sono potenzialmente molto onerosi, i margini operativi di ogni azienda sono già molto bassi e ogni variazione di costi non può essere assorbita dall’impresa.

PI: Brutte notizie per i consumatori, dunque
PG: Probabilmente un aumento di costi di gestione per l’impresa potrebbe ricadere sul prodotto e sul consumatore finale.

a cura di Paolo De Andreis

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Pubblicato il
5 lug 2006
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