Contro le armi oltre 10mila adesioni online

Contro le armi oltre 10mila adesioni online

La petizione viaggia in rete e raccoglie vasti consensi. In ballo c'è la difesa di una legge che pone importanti restrizioni alla vendita di armi leggere. A sostenere l'appello sono molte associazioni e storici siti italiani
La petizione viaggia in rete e raccoglie vasti consensi. In ballo c'è la difesa di una legge che pone importanti restrizioni alla vendita di armi leggere. A sostenere l'appello sono molte associazioni e storici siti italiani

Roma – Corre sulla rete una petizione che ha ormai superato le 10mila adesioni, testimoniando così l’enorme interesse che anche su internet sta generando un tema importante come la vendita delle armi leggere. La petizione si propone infatti di difendere “a spada tratta”, è proprio il caso di dirlo, le attuali normative, che pongono severi limiti alla vendita. Ma sono normative che a breve il Parlamento si propone di stralciare.

Sono diversi i siti “storici” italiani che sostengono l’attuale battaglia, a cominciare da Vita.it per arrivare a Rete di Lilliput , legati dal comune desiderio di offrire un forte segnale al Parlamento, anche attraverso internet, affinché non venga cancellata la legge 185 del 1990. Sul sito di Peacelink è anche offerto un “kit di mobilitazione” con “volantini, logoi, bozze mozioni per gli enti locali, testi della legge e del disegno di legge”.

Tra i tanti coinvolti nell’iniziativa anche: Missione Oggi, Pax Christi, Emergency, Associazione Obiettori non Violenti, Osservatorio sul commercio delle armi e sull’applicazione della legge n. 185/1990, Nigrizia, AltrEconomia, Amnesty International, Unimondo, Medici senza Frontiere, Lunaria, AIFO, Caritas Italiana, Acli, Arci.

A spingere per lo stralcio della legge, stando ai sostenitori di questa necessità, sono i trattati sul libero commercio che riguardano anche materiali così controversi come le armi leggere che, come noto, in Italia e non solo fino a questo momento sono state soggette ad un regime decisamente rigido.

L’appello che sta circolando e che sta producendo una così vasta mobilitazione è il seguente:

“Noi rappresentanti di diverse realtà della società civile organizzata, esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo, delle religioni e dello sport, degli istituti missionari e degli organi di informazione, del volontariato e organizzazioni non governative, cittadine e cittadini… ricordiamo che, così come esplicitato nell’art. 1 della Legge 185/90 che regola il commercio delle armi, la Costituzione Repubblicana all’articolo 11 ?ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali?. Coerentemente riteniamo che nessun atto legislativo del Parlamento possa contraddire quel dettato favorendo in qualche modo il ricorso allo strumento della guerra. Per questo motivo affermiamo la nostra contrarietà alle misure introdotte dall’Accordo quadro tra Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Gran Bretagna e Irlanda del Nord ?relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell’industria europea per la difesa? siglato a Fanborough il 27 luglio 2000 e sottoposto ora alla ratifica del Parlamento italiano con il Disegno di Legge n. 1927. Si tratta di un accordo firmato tra stati che figurano tra i maggiori produttori mondiali di sistemi d’arma (90% della produzione bellica europea) e, data la genericità delle misure di controllo contenute in quell’accordo, crediamo che la sua attuazione possa contribuire solo a far circolare nel mondo una quantità maggiore di armi ancora più ?efficienti?.

Chiediamo che le istituzioni comunitarie si dotino di adeguati strumenti di garanzia di trasparenza e di controllo in tema di produzione e commercio di armi.

Il nostro ?NO? si fa ancora più deciso verso la proposta contenuta nella ratifica dell’Accordo, di modificare la Legge 185 del 1990.
Quella legge fu ottenuta grazie all’impegno di alcune realtà di base per vincolare a criteri etici e di trasparenza il commercio di armi. In particolare vanno salvaguardati i principi di fondo che diedero vita a quella legge e le stringenti normative che vietano l’esportazione di armi italiane ?a Paesi in stato di conflitto armato; Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’art. 11 della Costituzione; Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite; Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell’uomo; Paesi che, ricevendo dall’Italia aiuti ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese?.

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Pubblicato il
8 mag 2002
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