Microsoft: ecco perché abbracciamo OpenDocument

Microsoft: ecco perché abbracciamo OpenDocument

Ha sorpreso molti la scelta del big di Redmond di lavorare in modalità open source su un tool di conversione per il supporto ODF in Office. L'azienda ora spiega: una scelta che rispetta i clienti. L'intervista di PI
Ha sorpreso molti la scelta del big di Redmond di lavorare in modalità open source su un tool di conversione per il supporto ODF in Office. L'azienda ora spiega: una scelta che rispetta i clienti. L'intervista di PI

L’annuncio in poche ore ha fatto breccia sui giornali di tutto il Mondo e di certo si è trattata per molti di una grossa sorpresa: Microsoft ha deciso di far sì che i clienti della propria celebre suite Office possano utilizzare e gestire il formato aperto OpenDocument (ODF). Una notizia che qualcuno ha salutato come un’evoluzione delle strategie di Redmond e qualcun altro persino come un avvallo definitivo dei formati non proprietari. Ma è davvero così? Per capire come la vede Microsoft, Punto Informatico ha scambiato quattro chiacchiere con Andrea Valboni , National technology Officer di Microsoft Italia.

Punto Informatico: Open XML è e rimane il formato su cui si basa il futuro Office. Cosa ha spinto Microsoft a muoversi verso OpenDocument? Hanno giocato un ruolo le decisioni di certe pubbliche amministrazioni nel mondo a favore di OpenDocument? Penso al Belgio, o al Massachussetts..?
Andrea Valboni: Se si va a ben vedere sono poche le amministrazioni che hanno formalizzato una scelta del genere. Può dunque essere vero, ma solo in parte: è più corretto dire che siamo in una fase che vede un progressivo affermarsi di certi standard documentali.

PI: Che cosa intende?
AV: Ad esempio ISO, che ha recentemente formalizzato la definizione di standard per ODF o il progresso di Open XML in questa direzione.

PI: Da questo cosa ne consegue?
AV: Che dal punto di vista dei produttori e della pubblica amministrazione è importante ed ora possibile identificare standard che possano garantire una gestione del ciclo di vita dell’informazione nell’amministrazione. Ovvero la possibilità non solo di creare un documento o di gestirlo, ma anche di conservarlo e di poterlo riutilizzare in qualsiasi momento, oltreché distribuirlo e via dicendo.

PI: Sembrerebbe che per voi sia un fatto neutro se la PA finisca per utilizzare ODF piuttosto che Open XML
AV: Noi con questa scelta riaffermiamo il bene dell’interoperabilità, dove è l’utente finale, e in particolare l’utente della Pubblica Amministrazione, a scegliere, è lui a decidere se e come interagire con OpenDocument, così come avverrà con il PDF.

PI: Fino ad oggi OpenDocument, formato supportato da molti dei principali rivali di Microsoft, da IBM a Novell passando per OpenOffice.org, è stato vissuto da molti come il diretto concorrente di Open XML. Non per caso, se si pensa al dibattito sui formati a cui si è assistito proprio in Massachussets. La nuova posizione di Microsoft serve a spazzar via un nemico?
AV: Microsoft guarda molto alle reazioni del mercato e molto poco ai concorrenti: le indicazioni raccolte dal mercato vanno nella direzione di supportare formati diversi.
Il motivo per cui è nato Open Xml non è fare la guerra a ODF, né lo si è mai pensato come formato alternativo o cooncorrenziale. Semmai c’è un aspetto di ottimizzazione che non va sottovalutato. I nuovi formati nascono infatti con l’obiettivo di garantire maggiore efficienza ed è questa la caratteristica fondamentale del formato proprietario.

PI: Ovvero?
AV: Il motivo principale per il quale Open XML è nato è quello di garantire al parco utenti di Microsoft, parliamo di milioni di persone e miliardi di documenti già prodotti e prodotti ogni giorno, la possibilità di sfruttare un percorso di migrazione che assicurasse la compatibilità all’indietro.
L’idea è appunto quella di un accesso efficiente e rapido all’esistente e la proiezione di una maggiore efficienza in futuro.

PI: ODF non era dunque all’altezza…
AV: È solo questione di differenze.

PI: In qualche modo le evidenziava Alan Yates, nome di punta di Microsoft, che qualche settimana fa ha descritto OpenDocument come un formato “lento”
AV: ODF si è guadagnato l’approvazione di ISO ed è uno standard di riferimento. È ovvio che ci possano essere delle differenze tra i formati: basti pensare che tra i paesi che hanno approvato ODF quelli arabi hanno votato contro, e questo perché ODF non supporta la scrittura bidirezionale.
Ma sono differenze che nel tempo con ogni probabilità verranno risolte. I due formati tenderanno ad assomigliarsi sempre di più nel tempo, pur mantenendo caratteristiche tipiche del mondo da cui provengono, e nel lungo periodo forse si andrà anche oltre… PI: Non solo Microsoft dichiara di abbracciare OpenDocument ma lo fa spingendo un progetto open source. Dopo il varo delle licenze shared source e dell’allargamento ulteriore a nuove licenze più aperte nei mesi scorsi, c’è chi legge il progetto open source sul tool ODF come la consacrazione di una nuova rotta di Micosoft verso il codice aperto. È così?
AV: In sé non è una nuova rotta ma è vero che è un passaggio importante. Il nostro obiettivo è dar vita ad un interscambio che sia elemento di interoperabilità tra formati, in modo tale che chiunque possa creare in modo libero contributi e tool ulteriori, oppure verificare la qualità e le modalità di conversione, apportare miglioramenti ed estensioni.
Poiché gli standard evolvono in modo autonomo, una volta che un formato è divenuto standard, la sua evoluzione è indipendente dal produttore. Una volta che si hanno standard di fatto è chiaro che la loro evoluzione debba arrivare dalla comunità e questo lo si può fare solo con un approccio open source.

PI: È lecito quindi affermare che oggi Microsoft guarda con più flessibilità, diciamo così, ai modelli di sviluppo alternativi al proprio modello tradizionale, quello proprietario
AV: Microsoft guarda al mercato e alle necessità, ad esempio quelle dell’e-Government. Con tutte le licenze espresse in questi anni, pur non rinunciando al principio di tutela delle nostre proprietà intellettuali, che riteniamo di dover difendere, riconosciamo che ci siano istanze che necessitano di risposte.

PI: Ad esempio?
AV: Per esempio la trasparenza. Si pensi alla Pubblica Amministrazione, alla necessità di trasparenza del patrimonio informativo, che dev’essere convertibile, migrabile, conservabile nel tempo, senza limitazioni sui contenuti derivanti dal formato. Questo è una delle regole del mondo informatico oggi, regole che condividiamo e che noi per primi proponiamo ai nostri partner e clienti.

PI: Sviluppare il tool non sarà semplice, la piena compatibilità quando si viene a formule, macro e via dicendo non potrà essere garantita. Che succederà in quei casi?
AV: Mi aspetto che la comunità migliori ed evolva gli standard, che non nascono mai perfetti, e che laddove oggi i due formati non riescono ad interoperare, nel corso del tempo vi sia pian piano un allineamento. Da esperto di questi problemi posso affermare che non esiste un convertitore perfetto, un tool che ti consente un round trip perfetto: quando da un formato passi un contenuto ad un altro e da lì torni al formato precedente non avrai mai una resa identica.
I formati rispecchiano gli strumenti che li utilizzano e come tali non possono mai essere del tutto perfetti. Però sono migliorabili.

Intervista a cura di Paolo De Andreis

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Pubblicato il
14 lug 2006
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