Patente obbligatoria per l'utente internet

Patente obbligatoria per l'utente internet

di Gilberto Mondi. Non si capisce perché guidare richieda una patente e invece ci si possa immettere nel traffico internet ignorando ogni regola. Occorre introdurre subito un esame obbligatorio o, in alternativa, una connessione limitata
di Gilberto Mondi. Non si capisce perché guidare richieda una patente e invece ci si possa immettere nel traffico internet ignorando ogni regola. Occorre introdurre subito un esame obbligatorio o, in alternativa, una connessione limitata


Roma – Serve una patente per collegarsi ad internet. Voglio essere ancora più provocatorio: chi non supera uno specifico esame non può avere libero accesso alla rete o può sfruttarne solo alcune caratteristiche. Ancora meglio: chi dimostra di ignorare le comuni regole di convivenza, chi inoltra messaggi senza leggerli, chi non utilizza neppure un antivirus sul proprio Windows deve essere privato del libero accesso e deve poter sfruttare solo un accesso protetto e controllato.

Nulla di nuovo; del bisogno di una patente per chi naviga e utilizza servizi internet parlava già anni fa anche Robert Cailliau, uno dei guru che insieme a Tim Berners-Lee ha dato al web quella sfuggente essenza che tutti ipnotizza. Ed io ammetto di essere arrivato solo adesso a quella consapevolezza: Cailliau aveva ragione.

Il caso della bufala sull’ADSL di cui Punto Informatico ha parlato in questi giorni oppure l’enorme diffusione che riesce ad avere il worm Klez in tutte le sue varianti sono due facce della stessa medaglia: quella dei danni procurati alla comunità internet da chi della rete ne sa così poco da rappresentare un pericolo per sé stesso (la propria riservatezza o i propri documenti conservati sul computer) e per gli altri (i destinatari incolpevoli delle email spedite dal suo computer).

Se è vero che gli istinti più bassi e aggressivi li suscita chi effettua lo spam o anche chi diffonde in rete virus che avrebbero potuto quantomeno rimanere “in provetta” è anche vero che una parte consistente del traffico di email e messaggi pericolosi, disturbatori, inutili e persino dannosi arriva dai più inconsapevoli tra i “newbie”, cioè coloro che da poco tempo hanno conosciuto internet.

Costoro sono capaci di mandare messaggi a liste di indirizzi infilandoli tutti nel campo “TO”, rendendoli così visibili a tutti, e di utilizzare lo stesso sistema per inoltrare le catene di Sant’Antonio più disparate, i falsi allarmi, le bufale meno credibili. Il tutto porta ad una moltiplicazione senza fine di idiozie, all’intasamento delle mailbox e persino alla costituzione di enormi elenchi di indirizzi email validi, quelli che mano a mano si accumulano in un messaggio inoltrato centinaia di volte a centinaia di diversi indirizzi inseriti nel TO. Elenchi che, manco a dirlo, sono facile preda degli squali dello spam.

C’è dunque un problema di consapevolezza e un problema culturale. Strumenti come SalvaPC sono senz’altro utili a cambiare questo stato di cose ma quello che serve è un richiamo forte ai fornitori di accesso: sono loro infatti a poter più di tutti trasmettere ai propri utenti la necessità di informarsi su questioni che ormai appaiono così lontane e dimenticate, come la netiquette. Chi più di un provider che fornisce accesso può aiutare l’utente ad avvicinarsi alla rete nel modo migliore? Chi più della motorizzazione dovrebbe accertarsi che il possessore di una patente sappia effettivamente guidare? O, con la mailbox piena di virus e immondizia, vogliamo ancora far finta che la cosa non ci interessi?

Gilberto Mondi

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Pubblicato il
8 mag 2002
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