Chip RFID nel bisturi

Chip RFID nel bisturi

Terminata negli States la sperimentazione di una tecnica per evitare di far troppi danni in sala operatoria. L'ultimo ostacolo da superare è rendere questa tecnica fail-safe
Terminata negli States la sperimentazione di una tecnica per evitare di far troppi danni in sala operatoria. L'ultimo ostacolo da superare è rendere questa tecnica fail-safe

New York (USA) – Uno studio americano dimostra che l’applicazione degli ormai arcinoti Radiofrequency ID chip negli strumenti normalmente utilizzati dai chirurghi durante le operazioni azzererebbe quasi del tutto il rischio che il paziente, ad intervento concluso, si trovi un paio di forbici dentro lo stomaco.

In casi del genere oltre alla seccatura di dover tornare sotto i ferri c’è anche la possibilità che possano sopraggiungere delle infezioni che, in alcuni casi, hanno portato ad un epilogo letale.

L’esperimento ha coinvolto otto volontari, ai quali un primo chirurgo, dopo aver praticato un’incisione sull’addome, vi ha lasciato scivolare dentro diversi strumenti di chirurgia, alcuni equipaggiati con il chip, altri no. Il resto dell’operazione è stata affidata ad un secondo chirurgo, non a conoscenza del corpo estraneo da rimuovere, che ha rilevato la presenza degli strumenti chippati in tre secondi grazie ad uno speciale strumento denominato “wand”, uno scanner equiparato, forse per l’ambientazione dell’esperimento, ad una bacchetta magica.

“Solitamente – dice il dottor Alex Macario della Stanford University, in California – i membri dell’equipe medica prima dell’intervento effettuano il conteggio degli strumenti che vengono utilizzati. Tale conteggio viene verificato alla fine dell’operazione per accertarsi che il chirurgo non si sia dimenticato nulla dentro il paziente. Tuttavia ci sono dei margini d’errore che non possono non essere considerati”.

“Quando siamo partiti – continua Macario – ero più interessato a curare l’aspetto tecnologico della faccenda, ora che il primo passo è compiuto il vero dilemma sarà su come introdurre questo nuovo sistema all’interno delle sale operatorie. Abbiamo bisogno di apparecchi che siano a prova di errore o di guasto, per impedire che il paziente appena operato lasci l’ospedale con un corpo estraneo dentro di sé”. C’è anche chi non considera urgente l’implementazione di questo modello: sono incidenti che avvengono di media negli USA una volta ogni 10mila interventi, una percentuale che qualcuno considera “accettabile”.

I microchip sono una realtà affermata ai giorni nostri: hanno fatto capolino persino nel gioco d’azzardo a Las Vegas . Fino ad ora però non se ne era ventilato l’uso in campo chirurgico.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il 19 lug 2006
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