Mio figlio non giustifica la censura

Mio figlio non giustifica la censura

Ne parla un genitore informatizzato, convinto che proteggere i bambini non sia compito né dei provider né dei webmaster. Se un bambino è in rete, dice, è perché qualcuno ce lo ha portato
Ne parla un genitore informatizzato, convinto che proteggere i bambini non sia compito né dei provider né dei webmaster. Se un bambino è in rete, dice, è perché qualcuno ce lo ha portato

Ma sono io che sono fatto male o c’è qualcosa che non capisco? Come genitore che lavora anche con Internet ormai da molto tempo sono perfettamente al corrente che in giro sul Web c’è davvero di tutto. Anzi se devo essere sincero quando ho iniziato a navigare io, parliamo penso del ’98, in giro c’era soprattutto pornografia, Punto Informatico naturalmente e poco altro. Quello che invece non capisco è perché se mio figlio può andare in rete questo debba limitare la nostra libertà di adulti.

Mi spiego. Leggendo PI e alcune altre fonti autorevoli, ma basta anche un giretto tra quei blog che ti dicono qualcosa, si capisce che da anni è in atto un accerchiamento della nostra libertà in Internet. Io mi ricordo quando mi scaricavo i newsgroup da server americani senza problemi, ma parlo di roba di ogni genere, da materiale scientifico a cose porno, olè l’ho detto. Ora succede sempre di meno, molti server non sono disponibili, altri proprio ti bloccano in ingresso e persino arrivare a molte cose importanti via newsgroup, se non fosse per quei santi che santi non sono di Google, sarebbe molto ma molto difficile.

Detto questo noto che a parte la faccenda del terrorismo, sul quale è stato già detto di tutto, quello che veramente fa naufragare la Internet che conosco io e voi tutti è la psicopatologia di massa sulla tutela dei minori. Passatemi l’espressione, vi spiegherò perché la uso.

Come padre la salvaguardia di mio figlio come si può immaginare è credo al primo posto non solo dei miei impegni ma insomma anche del mio cuore, dei miei sentimenti. Nulla più del suo benessere e della sua salute in tutti i sensi è per me importante. Bene. Mio figlio oggi ha due anni e un domani non lontano di certo gli verrà voglia di usare Internet, o quello che ne sarà rimasto, e lo farà perché io sarò lì a spiegargli di cosa si tratta, a guidarlo e a navigare insieme a lui.

Ora, considerando pure la più ampia casistica possibile sui minori, ad esempio quelli che purtroppo non hanno una famiglia propria e sono affidati a terzi o in istituti e via dicendo, cioè parlando dei bambini tutti senza eccezione, qualcuno mi deve spiegare una cosa: quando mai un bambino apre un computer e si collega ad Internet senza che un adulto in casa, scuola o biblioteca o altrove, glielo consenta? Questo implica degli obblighi per quell’adulto e mica per la Internet tutta o no?

La mia domanda credo sia chiara nella sua verità: se un bambino sta in rete è perché un adulto ce lo ha messo, ha acconsentito che ci andasse o ha messo su computer o altri aggeggi per consentire ad uno o tanti bambini di essere in rete. Voglio dire, in altre parole, che da soli non ci vanno, non ci possono andare, come farebbero? Era certo più facile per me da piccolo quando non c’era manco Internet procurarmi un giornaletto porno senza che nessun adulto lo sapesse, per dirne una.

Se le cose stanno così allora ok, mettiamo pure le censure in biblioteca, ma solo quando i PC che stanno lì vengono usati dai bambini. Mettiamole a scuola o anche a casa. Tutti luoghi peraltro dove dovrebbe esserci sempre un adulto a guardare quel che fanno. Ma datemi un solo motivo per cui si debbano censurare i contenuti pornografici o altre cose estreme in rete solo perché non dovrebbero vederli i bambini: non ci possono arrivare visto che si collegano senza una autonomia. Concentriamoci su quello e sulla supervisione e responsabilità degli adulti che gli danno l’accesso e lasciamo Internet libera grazie.

Cordiali saluti
Aldo
(Milano)

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Pubblicato il 20 lug 2006
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