Random049/ Il ritorno dell'e-Radio Pirata

Random049/ Il ritorno dell'e-Radio Pirata

I pagamenti sono retroattivi dal 1998, data di approvazione del DMCA. Quindi una radio online che funziona da qualche anno con un migliaio di ascoltatori deve pagare entro un mese e mezzo centinaia di migliaia di dollari
I pagamenti sono retroattivi dal 1998, data di approvazione del DMCA. Quindi una radio online che funziona da qualche anno con un migliaio di ascoltatori deve pagare entro un mese e mezzo centinaia di migliaia di dollari


Roma – Il primo maggio, tradizionale giorno di festa dei lavoratori, ha visto anche uno dei primi e più riusciti scioperi mai attuati in Rete, quello delle Radio che trasmettono in stream audio e che, dal 21 maggio prossimo, rischiano di chiudere.

La situazione attuale del webcast vede il predominio di una miriade di piccole radio (piuttosto che di grossi gruppi) spesso gestite anche da singoli appassionati, che hanno il grande pregio di trasmettere musica non sempre legata alle playlist decise dalle case discografiche o dalle agenzie pubblicitarie.

Se si considera il fatto che molte di queste emittenti non hanno quasi pubblicità e che si sostengono spesso solo attraverso i contributi volontari degli ascoltatori, si capisce subito quanto grandi e potenti siano gli interessi che si nascondono malamente dietro la richiesta dell’Ufficio per il Copyright statunitense , basata sul famigerato DMCA (Digital Millennium Copyright Act) che tanti danni sta provocando alla libera circolazione delle informazioni e che prevede anche la possibilità per le case discografiche di incassare diritti per i brani trasmessi digitalmente.

Le richieste di pagamento dei diritti possono arrivare anche a decine di migliaia di dollari al mese e la cosa peggiore è il fatto che non si tratta di pagamenti di tipo forfettario ma “per utente”, vale a dire che ogni volta che un pezzo viene trasmesso la stazione radio dovrebbe pagare 0,0014 dollari per ogni ascoltatore collegato.
Ma non basta: stando a quanto deciso da una commissione di arbitrato, questi pagamenti devono partire, retroattivamente, dal 1998, data di approvazione del DMCA. Il che significa che una radio che funziona da qualche anno ed ha un migliaio di ascoltatori dovrebbe pagare, entro un mese e mezzo dalla richiesta, centinaia di migliaia di dollari.

Come è ovvio, una situazione del genere, se non ci saranno cambiamenti, rischia di provocare, negli Stati Uniti, la chiusura della maggior parte delle radio di piccole e medie dimensioni.

Sembra quasi, per chi se lo ricorda, di essere tornati al tempo della nascita delle “Radio libere” in Italia: prima la fioritura di migliaia di antenne messe in piedi più dalla passione di singoli o di piccoli gruppi che da grossi imprenditori, e poi il primo scontro con la richiesta del pagamento dei diritti d’autore alla SIAE. E tutti sappiamo come è finita: della miriade di radio “libere, ma libere veramente”, come cantava Finardi, ne sono sopravvissute solo pochissime mentre oggi l’etere è pieno di radiocloni che trasmettono tutte gli stessi pezzi e le stesse pubblicità.

Internet, qui come in altri campi, ha spazzato via il vecchio e, attualmente, gli appassionati di un genere musicale – magari uno di quelli che difficilmente trova ospitalità nella programmazione delle radio tradizionali – ha la possibilità di ascoltare, 24 ore su 24, la musica che preferisce e con una qualità vicina a quella delle trasmissioni via etere.

Le prime risposte che un gruppo di Radio indipendenti hanno programmato per cercare di contrastare un provvedimento giudicato capace da solo di affossare, per sempre, un mezzo di comunicazione nascente, sono la “giornata del silenzio” del primo maggio e un appello a tutti i netizen (anche non americani) perchè scrivano ai parlamentari ed ai giornalisti statunitensi per chiedere una soluzione meno sfavorevole del problema.

La “fine del gratis in Rete” non passa solo per la chiusura di servizi fino a ieri gratuiti o la loro sostituzione con altri a pagamento, ma anche attraverso casi come questi, nei quali iniziative tecnicamente avanzate si trovano a dover fare i conti con leggi e provvedimenti che spesso si traducono in veri e propri tentativi di azzeramento delle esperienze più innovative.

L’unica consolazione è pensare che, male che vada – come già accade nella vita reale – qualcuno troverà sicuramente il modo ed il tempo per far rinascere le care vecchie Radio Pirata anche sulle “onde” del web.

Giuseppe

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Pubblicato il 10 mag 2002
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