Roma – In una nota inviata ai giornalisti da Amy Wiess, vicepresidente Communications dei discografici americani della RIAA , l’associazione contesta su tutta la linea i risultati di un’indagine condotta da Jupiter Media Metrix che ha sollevato notevole scalpore affermando che chi scambia musica su internet ne compra di più nei negozi.
Secondo la RIAA questi risultati non sono attendibili, oltre ad essere vecchi. Si tratterebbe infatti di informazioni raccolte nella prima metà del 2001 esclusivamente presso utenti internet di più di 18 anni.
La RIAA fa notare come quei dati possano riflettere i comportamenti solo di quegli utenti e solo nella prima metà del 2001, quando per la seconda metà di quell’anno uno studio realizzato per conto della RIAA ha invece dimostrato un aumento significativo tanto nelle attività di downloading quanto in quelle di masterizzazione.
Non solo: secondo la RIAA, Jupiter non ha condotto alcuna analisi sui diversi gruppi di età, un dato che inficerebbe i risultati in quanto proprio gli adolescenti, non coperti dallo studio, sarebbero tra i più attivi scaricatori di musica e quelli che secondo la RIAA sono più probabilmente interessati a rimpiazzare l’acquisto di CD originali con musica scaricata da internet, o acquistando CD pirata “da amici di scuola” a prezzi bassissimi.
Lo studio RIAA, ha spiegato l’associazione, dimostra che alla fine del 2001 il 23 per cento del campione intervistato affermava che “scaricare o copiare musica gratuitamente” da internet era la prima ragione per non ricorrere all’acquisto di CD nei negozi. Una percentuale che aumenta al 38 per cento tra gli under30.