L'antispam di AOL è censura?

L'antispam di AOL è censura?

Viene da chiederselo, visto che il provider americano, per bloccare uno spam pornografico ai danni dei propri utenti, porta in giudizio un'impresa che non ha compiuto quello spam e, anzi, lo ha scoraggiato. Attenzione
Viene da chiederselo, visto che il provider americano, per bloccare uno spam pornografico ai danni dei propri utenti, porta in giudizio un'impresa che non ha compiuto quello spam e, anzi, lo ha scoraggiato. Attenzione


Palo Alto (USA) – America Online, da sempre impegnato sul fronte dello spam, attacca un’azienda Internet perché alcuni dei propri affiliati fanno spamming. E su queste basi porta quell’azienda in tribunale chiedendo danni per sé e per i propri utenti.

Una “mossa”, quella del provider americano contro Cyber Entertainment Network (CEN), che se andasse “a buon fine” costituirebbe un pericoloso precedente: potrebbe far ricadere sulle imprese online le responsabilità per comportamenti illeciti messi in atto da terzi.

Nel caso specifico, AOL sta cercando la condanna di CEN, un network di attività pornografiche online, perché sostiene che molti siti affiliati al network ma non controllati da CEN hanno inviato spam “osé” a 27 milioni di utenti di AOL. Secondo il provider americano “il punto è che è stata violata la nostra policy anti-spam. Loro sono webmaster che fanno spam o organizzazioni che incoraggiano lo spam stesso”.

Le affermazioni di AOL sono dovute al fatto che gli affiliati hanno spammato gli utenti AOL per cercare di indurli a cliccare sulle pubblicità inserite sui propri siti, pubblicità che appartengono a CEN che riconosce un “tot” per ogni click testuale o grafico. Ma nella policy di CEN e dei network pornografici, l’affiliato viene messo in guardia dal non fare spam e dalla possibilità che attività del genere portino alla chiusura dei rapporti con la stessa CEN.

Se è facile prevedere che quest’ultima si appellerà proprio a questo per difendersi in tribunale nei prossimi giorni, rimane da vedere quale sarà l’esito finale, che potrebbe compromettere centinaia di migliaia di attività online e di rapporti tra siti, veicolando su terzi la responsabilità per illeciti commessi online.

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Pubblicato il
6 feb 2001
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