Complice l’attenzione della stampa, cartacea e online, nonché di un efficace passaparola, la petizione online sui costi di ricarica dei telefoni cellulari sta davvero raggiungendo le 400mila adesioni, come Punto Informatico aveva preannunciato ad inizio agosto . Una cifra che, seppur “lorda” e da precisare, denota un fenomeno difficilmente ripetibile.
Quella definita “un’anomalia tutta italiana” dal promotore dell’iniziativa, Andrea D’Ambra, evidentemente non è cosa gradita all’utenza italiana: i costi implicati dalle operazioni di ricarica del credito del telefonino non vengono ritenuti giustificati e la campagna informativa che è girata attorno a questa petizione ha conseguito un risultato di tutto rispetto.
Le adesioni sottoscritte – circa 390mila, al momento della pubblicazione di questo articolo – ne danno ampia dimostrazione, benché questo valore, come accennato sopra sia purtroppo “lordo”, da sgrossare: infatti, a fianco di firmatari “diligenti” che hanno fornito compiutamente i propri dati anagrafici, si trovano molti utenti che hanno sottoscritto la propria adesione in modo incompleto o poco ortodosso (con nickname o iniziali), o addiritura ripetendo più volte la sottoscrizione a proprio nome. Ma questo non toglie valore all’iniziativa: fermo restando il fatto che una petizione online non ha, ad oggi, valore legale, questa sottoscrizione non è da prendere alla leggera. C’è infatti da sottolineare che l’iniziativa dello studente ischitano ha raggiunto un obiettivo fondamentale: sensibilizzare l’opinione pubblica su un argomento che interessa la stragrande maggioranza degli utenti, e che è giunto all’attenzione della Commissione Europea .
Non solo: in seguito all’interessamento UE, ad inizio giugno, come ricorda lo stesso D’Ambra, il Presidente dell’ Agcom Corrado Calabrò aveva annunciato un tempo di due mesi per l’indagine congiunta Antitrust-Agcom sui costi di ricarica. L’indagine è stata avviata in data 6 Giugno, quindi i due mesi sono già ampiamente trascorsi, e di conseguenza ci si aspetta un’imminente pronunciamento in merito. “C’è comunque un tempo limite da rispettare verso la Commissione europea – ricorda D’Ambra nella newsletter sottoscrivibile dal sito che pubblicizza l’iniziativa – che è di 120 giorni (4 mesi)… se continuano cosi mi sa che interverrà di nuovo la Commissione europea”.
Le novità potrebbero essere quindi imminenti.
D.B.