L’uso del termine “pod” all’interno del nome di un prodotto commerciale, secondo i legali di Apple , è una violazione del trademark dei produttori del celebre iPod. Gli avvocati dell’azienda di Steve Jobs hanno rilanciato l’ offensiva legale pensata per costringere numerose aziende a cambiare il nome dei propri prodotti e dei servizi online offerti.
Il mirino di Apple è puntato su piccole imprese che realizzano ogni genere di cose: da Podcast Ready , produttore di un software per l’aggregazione di podcast chiamato “myPodder”, fino a TightPod , un negozio online che vende una sorta di guscio protettivo per computer portatili.
Guai a chi non desiste e non cambia immediatamente il proprio marchio con qualcosa che non ricordi, anche vagamente, il lettore multimediale prodotto da Apple: Terry Wilson, creatore della linea di prodotti TightPod, ha preferito assecondare le richieste della multinazionale per “evitare i costi proibitivi di una battaglia legale”.
Il termine “pod” è infatti un trademark di Apple, valido negli Stati Uniti così come nell’Unione Europea. Secondo gli esperti, il valore di questa parola di tre lettere è pressoché astronomico, poiché molto semplice da ricordare. Secondo molti esperti non passerà molto tempo prima che Apple blinderà anche l’uso di “podcast”: l’uso del termine, ormai entrato a far parte del linguaggio comune della Rete, sarebbe un’esclusiva di Apple.
Molti commentano quanto sta accadendo. Mantellini , editorialista di Punto Informatico, attacca: “L’iniziativa a tutela (tardiva) del fortunato marchio Apple è deprecabile”, perché come tutte le altre iniziative del genere “presume fino a prova contraria una certa povertà di analisi del proprio cliente, incapace di distinguere fra marchio registrato e prodotti differenti”.
Alcuni esponenti californiani dell’industria digitale, come il responsabile di PodTech Robert Scoble, sono convinti che l’intera comunità di utenti dovrebbe rispondere all’offensiva di Apple con una semplice mossa: eliminare l’uso di “podcast” dal vocabolario ed adottare termini più specifici come “audiocast” e “videocast”.
L’uso di “podcast”, ironicamente, pare essere tutto a favore della stessa Apple: come fanno notare gli osservatori di Engadget , “ci sono molte aziende che vorrebbero avere altrettanta pubblicità gratuita”. C’è da scommettere che Microsoft o SanDisk , rispettivi produttori dei player Zune e SanSa , non storcerebbero di certo il naso se tutta la comunità di utenti iniziasse a chiamare “zunecast” o “sansacast” le proprie registrazioni radiofoniche diffuse su Internet.
Tommaso Lombardi