Cina, ultima frontiera: censurare i podcast?

Cina, ultima frontiera: censurare i podcast?

Cresce il numero di attivisti politici che diffondono commenti proibiti sul regime di Pechino sotto forma di file audio. Ed è una forma di espressione assai difficile da censurare. Pechino dovrà attrezzarsi
Cresce il numero di attivisti politici che diffondono commenti proibiti sul regime di Pechino sotto forma di file audio. Ed è una forma di espressione assai difficile da censurare. Pechino dovrà attrezzarsi

Pechino – Anni orsono, quando le comunicazioni non erano digitalizzate, la radio era lo strumento di propaganda preferito dai dissidenti. I tempi cambiano: Han Dongfang , membro della “nuova sinistra” postmaoista e residente ad Hong Kong, ha iniziato ad utilizzare i file MP3 per diffondere il proprio dissenso nei confronti della Repubblica Popolare Cinese.

Un semplice balzo tecnologico verso la modernità? Non proprio: la diffusione dei cosiddetti podcast , che contengono dati audio in formato compresso, non può essere bloccata dalle strutture informatiche che regolano il traffico delle informazioni digitali in Cina.

A differenza di un blog, completamente testuale ed “ancorato” ad un preciso indirizzo Web, il podcast può essere infatti diffuso tramite reti P2P e raggiungere un’enorme quantità di persone. Nonostante le autorità cinesi riescano a controllare e censurare persino le chat tra gli utenti di Skype , che in Cina è gestito autonomamente dal gruppo Tom , i contenuti di un podcast non possono essere analizzati e fermati “al volo”. Analizzare un file audio, così come una conversazione vocale, non è agevole.

Han, già finito in galera per aver protestato contro il massacro di piazza Tiananmen nel 1989, è convinto che il filtraggio delle informazioni audio in tempo reale sia praticamente impossibile. In un’intervista rilasciata a NewsWeek , il direttore dell’organizzazione Human Rights In China ha dichiarato che “le informazioni non testuali si propagano con maggiore velocità e possono essere scambiate secondo il criterio del passaparola, specialmente nelle zone rurali dove la gente è scarsamente alfabetizzata”.

Considerando che la popolarità dei lettori MP3 è praticamente totale, vista l’economicità dei riproduttori sul mercato interno cinese e la diffusione di telefoni cellulari con funzioni multimediali, è possibile che i podcast diventino l’ arma definitiva dell’informazione indipendente cinese. Il totale degli utilizzatori di telefonino, infatti, ammonta a circa 400 milioni di utenti .

Secondo alcuni osservatori locali, le forze di polizia cinesi starebbero comunque lavorando ad un metodo in grado d’ostacolare la diffusione dei podcast. Alcuni esperti, come Howard Rheingold , sono certi dell’impossibilità di questa ennesima “Grande Muraglia Digitale” attrezzata contro le produzioni multimediali provenienti dalla base degli utenti Internet.

Sotto il profilo tecnico, un certo grado di controllo multimediale sarebbe possibile soltanto con l’analisi di ogni singola e-mail contenente allegati, o ciascun scambio di file tra due utenti di messaggistica istantanea. Una soluzione che, secondo Rheingold, “paralizzerebbe l’intera Internet cinese”.

Malgrado le iniziative di Han Dongfang, la lista degli attivisti politici messi al bando dal Web cinese è sempre più folta: i sistemi di censura di Pechino schermano gli oltre 100 milioni di utenti dall’influenza di informazioni considerate “pericolose” e “destabilizzanti” per la società cinese. Per rendersene conto basta utilizzare strumenti come World Wide Search , che permettono di visualizzare il grado di censura attraverso l’uso del celebre Google .

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il 4 ott 2006
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