P2P, nuove denunce a raffica. Anche in Italia

P2P, nuove denunce a raffica. Anche in Italia

IFPI e FIMI sul piede di guerra: scattano denunce in 17 paesi per utenti delle più diverse piattaforme. In Italia nel mirino utenti Direct Connect e gestori di server. La nuova operazione dell'industria colpisce 8mila appassionati
IFPI e FIMI sul piede di guerra: scattano denunce in 17 paesi per utenti delle più diverse piattaforme. In Italia nel mirino utenti Direct Connect e gestori di server. La nuova operazione dell'industria colpisce 8mila appassionati

Una nuova operazione fondata sulle denunce di massa contro gli appassionati di musica di ogni genere è stata annunciata ieri da IFPI , la federazione internazionale dell’industria musicale: sono 8 mila le denunce scattate nelle scorse ore, 26 delle quali in Italia.

Stando a quanto dichiarato dalle major, ad essere presi di mira sono in particolare gestori di server sfruttati per agevolare lo scambio di file e i cosiddetti grandi uploaders , coloro cioè che attraverso le piattaforme peer-to-peer pongono in condivisione grandi quantità di brani musicali, mettendoli a disposizione degli altri utenti.

La campagna internazionale coinvolge 17 paesi e per la prima volta sono stati presi di mira anche utenti polacchi, brasiliani e messicani.

Nel nostro paese, specifica una nota, 19 dei 26 denunciati sono utenti Direct Connect e gli altri sono invece tutti considerati gestori di server open nap. Questi ultimi, come noto, sono server basati sul vecchio protocollo del fu-Napster e sono sfruttati da decine di diversi applicativi di sharing.

La violazione della legge sul diritto d’autore, che nel nostro paese fino a questo momento è stata contestata a 170 utenti P2P, può portare ad una denuncia penale e alla richiesta di risarcimenti “per migliaia di euro”, come sottolinea la nota.

“Molti di coloro che vengono denunciati – afferma IFPI – sono genitori i cui figli hanno utilizzato illegalmente i sistemi di file sharing. Stanno scoprendo che in molti paesi sono legalmente responsabili di qualsiasi attività che terze parti intraprendano usando la loro connessione ad Internet”.

La nota non manca di ricordare che delle 13mila denunce presentate dall’industria al di fuori degli Stati Uniti per attività illegali sul P2P, 2.300 si sono già risolte con accordi extragiudiziali che hanno portato mediamente a “rimborsi” per le major di 2.420 euro per ciascun caso. IFPI si perizia anche di suggerire specifiche situazioni, come quella di una madre che in Argentina “ha costretto il figlio a vendere la sua automobile per ripagarla dell’assegno che ha dovuto versare”.

Un aneddoto-avvertimento che, a detta di IFPI, ora rischia di colpire tutti coloro che in queste ore sono oggetto di denunce civili e penali, utenti, specificano gli industriali della musica, di tutte le più note piattaforme di sharing , comprese BitTorrent, eDonkey, Direct Connect, Gnutella, SoulSeek, Limewire e WinMX.

Il Brasile è finito nel mirino dell’industria dopo che le rilevazioni IFPI avevano segnalato lo scambio sui network del paese di almeno un miliardo di file a contenuto musicale, il tutto a fronte del crollo del 50 per cento del mercato tradizionale dei CD negli ultimi cinque anni. Secondo IFPI, nel Mondo l’anno scorso sarebbero state scambiate illegalmente 20 miliardi di canzoni. L’industria non ha dubbi nell’attribuire al download e alla condivisione di file questi dati commerciali. E sono proprio queste le considerazioni che hanno spinto IFPI ad intervenire anche in paesi fin qui “isole felici” dello sharing, come il Messico o la Polonia. “L’azione penale non piace a nessuno – ha commentato Enzo Mazza , presidente di FIMI , ossia la Federazione dell’Industria Musicale Italiana – però oggi, di fronte ad un’offerta legittima sempre piùampia, è necessario colpire con efficacia coloro che offrono musica abusivamente o che ne favoriscono la diffusione con grave danno delle imprese che investono milioni di euro nella musica digitale”.

“I consumatori oggi – ha invece dichiarato John Kennedy , CEO di IFPI – possono ottenere musica legalmente in modi che erano inimmaginabili solo pochi anni fa, con più di 3 milioni di tracce disponibili su 400 siti nel mondo e per le più diverse piattaforme. Ciò nonostante, alcuni continuano a consumare musica illegalmente, rifiutandosi di rispettare il lavoro creativo degli artisti, degli autori e dei produttori di musica”. “Alcuni” che, come noto, non fanno che crescere: nel 2006 è stato superato il record assoluto di utenti P2P connessi simultaneamente nel mondo.

“Come risultato di questa situazione – ha continuato Kennedy – siamo costretti nostro malgrado a mandare avanti le azioni legali, ed oggi vediamo un’escalation di quella campagna pensata per dimostrare che chi condivide file di musica protetta da diritti d’autore corre davvero rischi legali, tolti quelli alla privacy e i rischi di contrarre spyware e virus (dai file scaricati dalla rete, ndr.)”.

Secondo Kennedy “molti nel mondo hanno già pagato un prezzo pesante per il file sharing illegale. Tutti loro pensavano che fosse improbabile essere presi, ma insegnanti, postini, manager IT, scienziati e persone di molte altre professioni, così come genitori, hanno finito per dover affondare le mani nelle proprie tasche. I denari che hanno dovuto pagare come risultato dell’azione legale poteva essere speso in altro modo”.

“In ciascuno dei 17 paesi coinvolti nelle azioni di oggi – ha concluso Kennedy – i consumatori hanno a disposizione servizi musicali legali. Non ci sono scuse: la gente deve capire che può essere presa indipendentemente dal tipo di network che utilizza. La prossima volta che una serie di denunce viene annunciata sarai tu che potresti riceverne una, se sei un utente di file sharing illegale”.

Nell’annunciare le denunce di massa, l’industria ieri ha anche ricordato gli sforzi fin qui condotti per cercare di sensibilizzare gli utenti di mezzo mondo al problema dell’uso illegale dei sistemi di condivisione. E viene citata in una nota una ricerca dell’Università Lingnan di Hong Kong secondo cui queste campagne hanno avuto “un impatto positivo tra i ragazzini e le loro famiglie. L’anno scorso più del 30% dei genitori, grazie alle campagne informative, ha potuto educare i propri figli a scaricare musica in forma legale e il 67% degli intervistati è convinto che le azioni legali siano un buono strumento per combattere e ridurre l’illecito nel download di musica da internet”.

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Pubblicato il 18 ott 2006
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