I rischi dell'anagrafe fiscale

I rischi dell'anagrafe fiscale

di Marco Calamari - Lettera aperta al ministro dello Sviluppo economico e al Garante della privacy. Quali sono le conseguenze del nuovo database centrale? Qualcuno ci ha pensato?
di Marco Calamari - Lettera aperta al ministro dello Sviluppo economico e al Garante della privacy. Quali sono le conseguenze del nuovo database centrale? Qualcuno ci ha pensato?

Caro onorevole Bersani, credo che molte persone in Italia abbiano apprezzato lo sforzo che il suo ministero sta compiendo nella lotta all’evasione fiscale; aldilà dell’ovvia ed internazionale avversione alle tasse, credo che i contribuenti corretti (anche se spesso forzatamente e non per scelta) apprezzino il tentativo di far pagare anche coloro che evadono sistematicamente, aumentando il carico fiscale di chi paga e diminuendo le risorse per la comunità.

Essendo Lei laureato in filosofia e non in informatica o diritto, mi chiedo se si sia mai soffermato a considerare gli effetti sui diritti civili dei cittadini che avrà la creazione della nuova anagrafe fiscale , resa obbligatoria dalle Sue ultime iniziative. Malgrado le note vicende legate agli indebiti accessi ai dati personali di Telecom Italia e di altre sorvegliatissime banche dati statali e non, sembra che nessuno valuti il rapporto costi/benefici di iniziative come la sua per il cittadino e la società.

Il punto cruciale è la creazione di una banca dati alimentata obbligatoriamente dagli elenchi dei clienti e dei fornitori dei titolari di partita Iva, e l’obbligatorietà per i cittadini di effettuare i pagamenti a loro dovuti non in contanti ma con mezzi di pagamento tracciabili per cifre anche piccole .

Quali benefici si attende da questa iniziativa? Stroncare una volta per tutte l’evasione, così diffusa tra certe categorie di professionisti? Mi chiedo che impatto possa avere un obbligo aggiuntivo per gli evasori totali, che già disattendono tutti gli altri obblighi. E perché l’amministrazione finanziaria, che dispone addirittura di suo un corpo di polizia, non esegue semplicemente degli accertamenti ispettivi severi ed esemplari verso i professionisti che praticano l’evasione fiscale?

Basta entrare in uno studio professionale, identificare i clienti presenti (la finanza lo puo’ fare) e procedere ad una verifica della rubrica clienti e delle fatture recenti, seguita da sanzioni esemplari. Oppure controllare nei tribunali i nominativi dei legali che sono stati impegnati nei procedimenti e verificare che abbiano denunciato redditi adeguati. O svolgere altri tipi di indagini, altrettanto semplici quanto di sicuro effetto.

Creare invece banche dati permanenti che contengano gli elenchi clienti e fornitori dei professionisti equivale a concentrare in un unico posto ed a memorizzare permanentemente tutte le relazioni personali e di lavoro di una buona parte degli italiani, e quindi di memorizzare dati personali e sensibili che possono essere usati ed abusati in maniere potenzialmente anche gravi. Non mi risulta che in nessun altro paese ad economia sviluppata si siano mai realizzate intrusioni così gravi nella privacy dei cittadini finalizzate non alla lotta al terrorismo (e qui si aprirebbe un atro discorso, troppo lungo da fare in questa sede) ma semplicemente alla lotta all’evasione fiscale.

Prenda il caso degli Stati Uniti e del loro temutissimo IRS (il servizio di riscossione ed accertamento delle imposte); ecco un esempio di come una economia decisamente evoluta fa pagare le tasse senza fare polpette della privacy dei cittadini, semplicemente con accertamenti severi e stangate esemplari agli evasori.

La sua iniziativa invece, a parte i possibili effetti positivi che Lei prevede, provocherà certamente danni gravissimi alla privacy dei cittadini, perchè verrà certamente abusata come e più delle banche dati di Telecom. Si rende conto di quale valore sono le informazioni che memorizzerà? Di quale valore può avere per un concorrente l’elenco dei clienti di una ditta? E lei pensa che i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni, notoriamente più colabrodo di quelli già deboli delle aziende, impediranno questi abusi? Le chiedo un po’ di realismo. Ha consultato l’ufficio del Garante per una valutazione dei costi sociali che la sua nuova banca dati avrà?

Caro professor Pizzetti, credo di essere stato uno dei pochi italiani che ha apprezzato le sue ultime prese di posizione, non solo nel caso di Telecom Italia ma anche di quello più ridanciano delle Iene e della loro rilevazione sull’uso di droga dei parlamentari. Specialmente in quest’ultimo caso credo che nella pubblica opinione il sentimento e la simpatia verso questi fustigatori della immoralità pubblica e privata abbia prevalso su una visione obbiettiva della questione e del merito del Suo intervento, cioè di un prelevamento di dati sanitari effettuato con l’inganno, e giustamente da Lei colpito con sollecitudine. Lei aveva ragione al 100%, e spero che agirà con la stessa decisione in analoghi casi, anche quando non rivolti contro parlamentari della Repubblica. Le ho riconosciuto anche in passato (per il poco che vale la mia opinione) una incisività superiore al suo predecessore, l’ottimo professor Rodotà, che pur rivolgendo comunicati interessanti alla pubblica opinione su fatti importanti, evitava di farlo in casi di cronaca.

Le chiederei pero’ interventi di pari o superiore incisività verso iniziative come quella dell’onorevole Bersani, non diretti solo ad accertare la legalità o meno della costituzione di banche di dati personali, ma volti ad accertare i terrificanti costi sociali di certe operazioni.

Lei è il Garante istituzionale della privacy degli italiani; da chi altri possiamo aspettarci una difesa del nostro diritto alla privacy, non solo nelle sfere legali ma anche nei fatti sostanziali? Giochi di anticipo prendendo posizione su pericolosissime iniziative come quelle dell’onorevole Bersani, e faccia pesare la sua tempestiva, autorevole ed istituzionale opinione sui loro costi e pericoli sociali.
Concorderà certo con me che sono potenzialmente molto più pericolose di quelle, simpatiche ma sbagliate, degli spumeggianti emuli dei Blues Brothers.

Marco Calamari

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Pubblicato il
20 ott 2006
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