Pirati al cinema

Pirati al cinema

di Marco Calamari - Non si tratta di una recensione de il Forziere Fantasma ma di considerazioni molto più generali del rapporto tra cinema, passione del cinema, cultura del cinema e spot antipirateria prima della proiezione
di Marco Calamari - Non si tratta di una recensione de il Forziere Fantasma ma di considerazioni molto più generali del rapporto tra cinema, passione del cinema, cultura del cinema e spot antipirateria prima della proiezione

Vedere un film al cinema è una modalità di accesso alla cultura ed all’intrattenimento da sempre popolare, particolarmente per chi si ricorda di quando non esistevano alternative digitali e neppure televisive.
Questo antico piacere ha beneficiato di grandi miglioramenti tecnologici che lo hanno ulteriormente esaltato ; al fascino della sala buia e del grande schermo, che fanno sentire in mezzo all’azione, si aggiungono effetti speciali, audio tecnologico e pellicole ad alta risoluzione.

Certo, anche al cinema esistevano fattori negativi; al non basso prezzo del biglietto (per le tasche di uno studente) si aggiungeva la necessità di sottoporsi al rito preliminare delle diapositive, della pubblicità, del cinegiornale e se il film era un cartone animato, anche del documentario. Ma una nuova ed almeno per me peggiore causa di disturbo, anzi di vero fastidio, si è aggiunta in questi ultimi tempi.

Vi sarete certo accorti che finito il rito preliminare, invece del film parte uno spot (“Non faresti questo, non faresti quello….”) che sembra girato da un operatore svolazzante su oscuri bassifondi, sonorizzato da un rumorista sadico, titolato da una persona affetta da delirium tremens e sceneggiato da quello che qualcuno potrebbe ritenere un esattore della mafia.

C’è un dubbio che mi assilla; qual è lo scopo per cui questo spot viene proiettato al cinema? Perché proprio li e non, ad esempio, in televisione?

Se la logica spicciola funzionasse, il cinema è l’ultimo posto dove proiettarlo. Il cinematografo è un tempio in cui ci si reca per onorare l’attuale modello storico della proprietà intellettuale, almeno temporaneamente. I frequentatori di questo tempio obbediscono religiosamente a tutti i comandamenti, inclusa la carità di un obolo in contanti. Perché punirli? Perché sottoporli a questo messaggio, sgradevole e, dato il contesto, particolarmente inutile ed inadatto? Sono spettatori paganti, i cui soldi finiscono direttamente e nelle percentuali stabilite dalle leggi nelle casse delle major del cinema e degli enti che si propongono di proteggerle dall’assalto della “pirateria”.

Viene spontaneo indirizzare un messaggio, anzi una preghiera, a chi con mano illuminata e severa tali enti dirige. Lo spot somministratelo negli internet café e nei negozi di pc, posti sordidi notoriamente frequentati da filibustieri di tutte le specie. Martellate la gente per televisione. Al limite proiettatelo a scopi (dis)educativi nelle scuole per formare le giovani menti.

Non è un’idea originale, all’estero tentano di fare così, ed hanno creato addirittura i fumetti di Capitan Copyright su questo tema. Quanto cio’ funzioni è un’altra questione, che non ci interessa in questa sede. E per fortuna c’è anche un personaggio rivale . In Italia il peggio che vi potrebbe capitare è che una novella Giovanna , mamma piuttosto che nonna di un futuro Corsaro Nero, protestasse col preside e scrivesse al ministro.

Riduco tutto ad una unica domanda: “Perché state importunando i VOSTRI CLIENTI con questo spot?”
Io riesco a vedere solo una spiegazione razionale che può giustificare una simile ed apparentemente suicida strategia: il sapere che la cosiddetta pirateria è un comportamento ormai sociale, adottato praticamente da tutti, incluso coloro che vanno al cinema. Come il bere ai tempi del proibizionismo.

Gli spettatori, in questo caso, sarebbero solo un bersaglio molto più facile di altri da raggiungere e tentare di dissuadere con ogni mezzo. Sono seduti a portata di mano e se si alzassero e se ne andassero perderebbero i soldi del biglietto. Gli tocca restare e subire. Se questa fosse la spiegazione, vorrei appunto comunicarvi che state facendomi passare la voglia di andare al cinema. Nel caso degli altri ovviamente non so, provate ad investire qualche soldo non in spot ma in un sondaggio.

Ma se così non fosse, se questa spiegazione fosse errata, sarei lieto di avere quella giusta da chi commissiona queste campagne pubblicitarie. La cosa potrebbe interessare a molte persone.

Marco Calamari

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Pubblicato il 27 ott 2006
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