Pechino: ma quale censura su Internet!

Pechino: ma quale censura su Internet!

Il Governo comunista reagisce alle critiche di RSF, che lo considera tra i 13 nemici di Internet a causa delle censure in rete. Tutte fandonie, replica Pechino
Il Governo comunista reagisce alle critiche di RSF, che lo considera tra i 13 nemici di Internet a causa delle censure in rete. Tutte fandonie, replica Pechino

Pechino – Censura sistematica delle opinioni sgradite al partito? Ma quando mai. Controllo pervasivo attraverso l’utilizzo dei più moderni filtri di contenuti su tutti i cittadini che accedono alla rete? Assurdo. L’obbligo di registrare le identità reali da parte dei blogger cinesi e il controllo preventivo dei podcast ? Ma no… tutto secondo gli standard internazionali, e la Cina è il paese della cuccagna telematica! Tutto secondo norma, niente da vedere, circolare circolare

Questi i contenuti della risposta ufficiale del governo cinese nei confronti delle accuse della RSF , che ha insignito la Cina del titolo onorifico di “stato canaglia” nella colonna infame dei 13 nemici di Internet , per la persecuzione telematica dei dissidenti e di chi semplicemente va dicendo da anni la verità sullo stato dei diritti civili nel paese.

Secondo un portavoce del Ministro degli Esteri, che ha voluto rimanere anonimo, le accuse di Reporters sans Frontières sono “prive di fondamento”. “I cinesi”, osserva puntiglioso l’ignoto funzionario di partito, “godono dell’accesso libero ad Internet e possono avere tutte le informazioni che vogliono. Attualmente, le informazioni che il popolo cinese si procura sono molte di più di quante fossero disponibili prima dell’introduzione di Internet in questo paese”.

Con i suoi 123 milioni di internauti, la Cina detiene il secondo posto nella classifica della popolazione connessa dopo gli Stati Uniti. Sebbene, a parole, i comunisti al potere promuovano l’uso della rete, nei fatti la sorveglianza e le iniziative di controllo di chi si connette fanno scattare allarmi tra le community on-line e sulla stampa internazionale con cadenza quasi quotidiana . Il regime comunista si dimostra particolarmente efficace nel contrastare l’accesso dei cinesi a materiale considerato osceno per la morale collettivista e politicamente sovversivo per l’ideologia di partito.

La volontà di controllo della dittatura, se non agisce direttamente con iniziative specifiche, costringe altresì i provider e i fornitori di servizi di rete ad operare una censura preventiva , epurando gli spazi di discussione pubblica dai materiali “inadatti” o giudicabili negativamente da parte dell’onnipresente potere politico. Non bastasse questo, come già segnalato da Punto Informatico riguardo un caso recente , RSF denuncia l’incarcerazione di 52 giornalisti dissidenti , colpevoli solo di fare inchiesta e parlare criticamente dei bravi patrioti governativi che si spartiscono denari e sfere di influenza in ogni settore della corrotta società cinese.

“Come in tutti gli altri paesi, Internet viene gestita in accordo con gli standard internazionali, la legge, e l’auto-regolamentazione degli Internet Service Provider”, dichiara a riguardo il funzionario. Come a dire che, se gli ISP fanno pulizia, prendetevela con loro ché noi non c’entriamo. Il governo ha recentemente negato, con un esercizio di rifiuto della realtà non molto dissimile dal bipensiero orwelliano , ogni addebito circa “ipotetici” arresti dovuti ad articoli o post critici apparsi in rete: “A nessuno dovrebbe essere mai impedito di pubblicare notizie on-line o di scrivere un blog”, ha dichiarato un portavoce. La denuncia di RSF si è recentemente concretizzata nella campagna Act Now! – twenty-four hours against Internet censorship , in cui ognuno può registrare il proprio voto di protesta e lasciare un commento: ad ogni click corrisponde l’accensione di una piccola luce di speranza per la lotta contro la censura e le dittature telematiche nel mondo.

RSF punta inoltre il dito contro quelle aziende private ree di aver collaborato col governo comunista per rafforzare l’efficacia della sua azione coercitiva: l’associazione è recentemente venuta in possesso di una copia del verdetto nel caso di Jiang Lijun, dalla cui consultazione appare chiaro come il search portal Yahoo! abbia avuto un ruolo chiave nell’identificazione dell’uomo, reo di aver parlato di democrazia on-line. “Un conto è chiudere un occhio sulla censura – un altro e collaborare alla sua attuazione” ha dichiarato Lucie Morillon, portavoce dell’associazione a Washington.

Per quanto oramai qualcuno tema che il modello della Internet cinese, tutto incentrato sul controllo pervasivo e sulla censura, possa dilagare nel resto del mondo , le dot.com enterprise col maggiore indice di crescita continuano a guardare con interesse all’enorme bacino di utenza potenziale della nazione-continente.

Secondo quanto segnalato da Reuters , sarebbe solo questione di stabilire il “quando” per il lancio del MySpace cinese . Il tempo di trovare il partner commerciale adatto, e il social broadcasting sarà pronto ad invadere il paese: previa censura dei dissidenti e delle opinioni invise al governo, naturalmente. Ma questo, News Corp. (proprietaria del portale) non lo dice, almeno non ufficialmente.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
10 nov 2006
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