Papà denuncia il P2P, ma non suo figlio

Papà denuncia il P2P, ma non suo figlio

Può uno degli uomini chiave dell'industria musicale avere un downloader pirata in casa? Pare di sì, e l'interessato, il CEO di Warner Music, lo ammette con estrema naturalezza
Può uno degli uomini chiave dell'industria musicale avere un downloader pirata in casa? Pare di sì, e l'interessato, il CEO di Warner Music, lo ammette con estrema naturalezza

La notizia ha fatto il giro della rete, rimbalzando dal Manteblog a Engadget , approdando infine su arstecnica : Edgar Bronfman, potente CEO di Warner Music (una delle grandi sorelle dell’industria musicale americana e internazionale), ha candidamente ammesso di aver beccato uno o più dei suoi sette figli a scaricare musica con il file sharing . “Sono abbastanza sicuro che lo abbiano fatto, e sono abbastanza sicuro del fatto che ne abbiano sofferto le conseguenze” ha detto, confermando poi che sì, il download in effetti c’è stato senza ombra di dubbio.

Warner è una delle principali sostenitrici delle campagne di RIAA , l’associazione dei discografici americani, con cui si contrasta da anni l’utilizzo delle piattaforme di peer-to-peer per lo scambio illecito di contenuti protetti dal diritto d’autore. Tradizionalmente, per offrire al pirata telematico una più facile via d’uscita, i legali dell’industria accettano il patteggiamento in cambio del pagamento di un numero variabile di migliaia di dollari , a seconda della gravità del danno denunciato dalle etichette.

Nel caso del troppo intraprendente figlio di Bronfman una denuncia non sarebbe fuoriluogo, vista la propensione delle major di colpire anche categorie come quella dei minori: nel tempo, la potente lobby dell’industria musicale americana ha dimostrato di non guardare in faccia nemmeno ai morti , pur di far valere le proprie ragioni. Pur tuttavia, considerando l’alto rango del papà-manager di quella stessa industria inviperita contro la risma di teenager downloader, il tutto pare essersi concluso con una bella ramanzina, la paghetta non corrisposta per un mese e a letto senza PlayStation 3 per un po’.

“Ho spiegato ai miei figli cosa io penso sia giusto”, dice con toni da educatore il sostenitore delle denunce RIAA, “cioè che il principio di rubare musica è rubare musica. Onestamente, quel che è giusto è giusto e quel che è sbagliato è sbagliato, soprattutto quando un genitore parla a suo figlio una linea di demarcazione netta attorno alla responsabilità morale è molto importante. Posso essere certo del fatto che non lo faranno più”.

Facile ironia a parte, il caso è l’ennesima dimostrazione della rivoluzione culturale rappresentata oggi dal file sharing : un utente della rete appassionato di musica, sia esso adolescente o adulto, trova immediato ed oltremodo comodo scaricare un MP3 da eMule. Una rivoluzione culturale che l’industria teme più di ogni altra cosa, e con cui sta cercando disperatamente di venire a patti .

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 7 dic 2006
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