La Germania vuole punire la violenza virtuale

La Germania vuole punire la violenza virtuale

Nella Repubblica Federale Tedesca, dopo aver ipotizzato il divieto di vendita per i killer games, i governi regionali vogliono punire anche i casi di violenza all'interno dei videogame. Sanzioni per chi produce e chi gioca
Nella Repubblica Federale Tedesca, dopo aver ipotizzato il divieto di vendita per i killer games, i governi regionali vogliono punire anche i casi di violenza all'interno dei videogame. Sanzioni per chi produce e chi gioca

Il caso della sanguinosa sparatoria ad opera del giovane Sebastian Bosse, avvenuta circa un mese fa e che tante polemiche ha sollevato in Germania sull’ annosa questione degli effetti negativi dei cosiddetti killer game , produce ora una nuova, clamorosa iniziativa di due dei governi locali della Repubblica Federale Tedesca. L’unica soluzione al problema, dicono i legislatori, è punire i casi di violenza virtuale perpetrati contro personaggi umani all’interno dei mondi tridimensionali dei videogame .

Gli sparatutto in prima persona, dal glorioso primo episodio di Doom in poi, saranno puniti per legge , perché uccidere così impunemente i cattivi soldati, o gli Imp demoniaci dalla forma troppo umanoide così come è costume dei videogiocatori da oltre una decade ormai è considerato fonte di grave disorganizzazione mentale per i caratteri fragili e disturbati, e il legislatore non può più osservare passivamente la situazione senza porvi rimedio.

Politici di due lander dello stato federale (Baviera e Bassa Sassonia) hanno proposto una nuova contravvenzione per videogiocatori e software house produttrici , che servirà a punire “atti di violenza crudele su umani o personaggi umanoidi” nei killer game.

Il ministro bavarese Günther Beckstein, sponsor della legge, taglia corto sulla decennale questione del possibile collegamento dei videogiochi con gli atti di violenza reale, e dichiara con gran pompa: “È un fatto assolutamente oltre ogni ragionevole dubbio che i cosiddetti killer game desensibilizzino le personalità instabili e possano avere un effetto stimolante”.

Secondo il pensiero di Beckstein, Bosse (che aveva gravi problemi psicologici) era un potenziale assassino anche perché era appassionato giocatore di Counter-Strike: vale in questo contesto ricordare che il dibattito, in verità, non è affatto chiuso come vorrebbe il ministro tedesco , e i videogame continuano ad essere materia di studio dei ricercatori riguardo le loro reali conseguenze sulla psiche, e per i possibili effetti nella vita reale delle intense stimolazioni dovute ai combattimenti frenetici tipici di una certa moderna produzione del settore.

La legge, qualora venisse approvata, potrebbe portare a 12 mesi di galera e a multe salatissime per aver promosso o messo in atto azioni di violenza virtuale sui poveri personaggi in 3D. Considerando che la stragrande maggioranza dei moderni sparatutto o arcade-adventure prevedono la rappresentazione di violenza assolutamente gratuita e feroce (questa infatti è una delle cifre caratteristiche di talune produzioni), si prospetta la galera per una buona percentuale della popolazione tedesca , tra adulti e adolescenti appassionati giocatori, e fenomeni di delazione familiare di genitori o congiunti eccessivamente preoccupati per le sessioni di gioco troppo intense alla PS2 o sul PC….

Intanto, i produttori più rinomati di videogame made-in-Germany si preparano a organizzare proteste nei confronti della nuova iniziativa di legge.

Ma la protettiva Germania non pensa soltanto ai videogiocatori bisognosi di difesa da parte dei cattivi killer game: e il governo federale infatti è sul punto di mettere al bando i siti di scommesse online . In modo solo per alcuni aspetti simile a quanto già successo in Italia con la premiata iniziativa di censura web da parte della AAMS , è interesse dello Stato tedesco mantenere uno stringente monopolio sul mercato delle scommesse , e pertanto aprire il settore ai siti di gioco online, per quanto sia la via indicata dalla Commissione Europea, è una puntata che non s’ha da fare.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
14 dic 2006
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