Cinema e Perù, vincono i pirati?

Cinema e Perù, vincono i pirati?

Blockbuster lascia il Perù perché - dice - i pirati distruggono il mercato. In Cina decisione di un tribunale contro un portale-pirata. Sorrisi a denti stretti dagli studios americani
Blockbuster lascia il Perù perché - dice - i pirati distruggono il mercato. In Cina decisione di un tribunale contro un portale-pirata. Sorrisi a denti stretti dagli studios americani

La lotta alla pirateria cinematografica imperversa in ogni parte del mondo, dalla terra degli Incas a quella di Confucio. Proprio questa settimana Blockbuster ha deciso di abbandonare il Perù a causa della pirateria, che ritiene “concorrenza sleale”, mentre gli studios americani della “Motion Picture Association” ( MPA ) hanno ottenuto un risultato “nuovo” in Cina.

Secondo il colosso del video-noleggio in Perù il fronte pirata è troppo agguerrito. Un film copiato può essere acquistato per la strada a poco meno di un dollaro, dichiarano i manager dell’azienda, quasi due volte meno di un noleggio legale. “Posso confermare che l’ultimo negozio ha chiuso qualche giorno fa… per ora non vi è alcun programma per un futuro rientro nel mercato peruviano”, ha dichiarato Randy Hargrove, dirigente locale di Blockbuster.

La casa madre non si è espressa ufficialmente sulla questione dell’illegalità diffusa, ma la testata locale El Comercio l’anno scorso aveva raccolto le proteste della Video International Peru – gestore dei negozi in franchising. Il business ormai era considerato insostenibile.

Dall’altra parte dell’Oceano invece le major sono riuscite a convincere i magistrati di Pechino a condannare il portale Sohu.com per aver distribuito online film statunitensi senza autorizzazione. Titoli importanti, come “Il Signore degli Anelli” o “Harry Potter”, sono stati diffusi in questo modo. Sohu.com tra il 2004 e il 2005 ha permesso ai propri abbonati di scaricare centinaia di film senza disporre della licenza prevista.

La condanna c’è, ma la sanzione è minimale visti i numeri coinvolti: 139mila dollari. Una piccola vittoria, dunque, se si considera che secondo la divisione asiatica della MPA la pirateria cinese costa al settore circa 244 milioni di dollari di mancati introiti al botteghino. Va detto che secondo gli studios americani la pirateria sul cinema è alimentata anche dai filtri governativi: a loro dire la pirateria dilaga anche perché Pechino permette la distribuzione di solo alcuni dei film realizzati ad Hollywood. Il 50% dei titoli al centro della querelle legale effettivamente non sono proprio arrivati nei cinema.

Dario d’Elia

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Pubblicato il 5 gen 2007
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