Italia come Cina

Italia come Cina

di Marco Calamari - Il decreto contro il pedoporno preoccupa: per la prima volta la censura sulla rete in Italia passa ad un livello industriale mentre sale il livello del tecno-controllo. Sapori pechinesi offresi
di Marco Calamari - Il decreto contro il pedoporno preoccupa: per la prima volta la censura sulla rete in Italia passa ad un livello industriale mentre sale il livello del tecno-controllo. Sapori pechinesi offresi

La Rete verrà nuovamente censurata in Italia. La notizia è passata con grande evidenza sui mezzi di informazione salutata dal plauso unanime di quei politici che hanno ritenuto di esprimersi a riguardo, e con l’usuale intervista a Don Fortunato di Noto, evidentemente ritenuto l’unico esperto da intervistare su tali questioni. Una sintesi del decreto appare sul sito del Ministero delle Comunicazioni :

“Il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha firmato un Decreto per contrastare il fenomeno della pedopornografia in rete. Il decreto, realizzato di concerto col Ministero per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, entrerà in vigore tra 60 giorni. In questo arco di tempo i fornitori di connettività – c.d. Internet Provider – dovranno dotarsi di sistemi in grado di oscurare entro 6 ore dalla comunicazione ricevuta, i siti che diffondano, distribuiscano o facciano commercio di immagini pedopornografiche.
Il decreto del Ministro Gentiloni è stato definito dopo un’istruttoria durata alcuni mesi cui, oltre ai due Ministeri interessati, hanno partecipato attivamente anche la Polizia Postale e delle Comunicazioni e le stesse associazioni degli Internet Provider, ai quali spetterà l’onere di intervenire direttamente, oscurando i siti incriminati dopo aver ricevuto, secondo modalità concordate, apposita comunicazione.
(…)
Nel decreto del Ministero delle Comunicazioni è disposto in particolare che gli Internet Provider si dotino dei sistemi per oscurare i siti incriminati, secondo i requisiti stabiliti nel provvedimento stesso, entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale al livello minimo di «nome del dominio» ed entro 120 giorni dalla stessa data a livello di «indirizzo IP ». Ogni 6 mesi si procederà poi al controllo dei risultati ottenuti, alla verifica delle tecnologie adottate e della loro congruenza con gli obiettivi della legge.
(…)
Internet è una straordinaria fonte di informazione ed un motore dell’innovazione – ha concluso il Ministro Gentiloni – Per difendere la libertà contro ogni tentazione di censura preventiva e generalizzata, peraltro impraticabile, occorre colpire in modo certo ed efficace chi ne fa un uso criminoso contro i bambini. Sono soddisfatto perché saranno proprio gli Internet Provider a collaborare con la Polizia Postale e delle Comunicazioni per oscurare i siti illegali”.

L’iniziativa è ben descritta, e si commenta da sola.
Siamo in presenza di un nuovo passo verso il controllo preventivo dei contenuti accessibili tramite la Rete.
Siamo in presenza della solita ricerca di effetto mediatico e di consenso su operazioni che non possono essere presentate per quello che realmente sono, che vengono descritte negando l’evidenza e rovesciando i significati con i soliti giochi di prestigio linguistici, gabellando la censura come strumento di difesa della libertà. Siamo in presenza della solita criminalizzazione della Rete vista come popolata di pedofili, terroristi, criminali e vuota di cittadini che vogliono esprimere opinioni ed esercitare i loro diritti. Siamo in presenza di un ulteriore tentativo di trasformare la Rete in un potentissimo ed economico strumento di tecnocontrollo.

Tre questioni centrali di questa nuova iniziativa meritano ulteriori commenti.

Il decreto appare come l’inizio dell'”industrializzazione” della censura dei contenuti in Rete. L’Italia, preceduta su questa scala solo dalla Cina, ha deciso che la sua giurisdizione legale si estende anche al cyberspazio; questo, unito al paternalismo che nella cultura italiana caratterizza il rapporto tra stato e cittadino, autorizza evidentemente ad estendere l’odioso istituto della censura giornalistica alla Rete. L’AAMS – Azienda dei Monopoli di Stato, con un tempismo evidentemente frutto di accurata pianificazione, si è immediatamente accodata, varando con il via libera della Finanziaria un’analoga iniziativa dedicata questa volta ai siti di gioco e scommesse, che sono illegali ed immorali a meno che non venga riscossa dallo Stato la giusta percentuale.

La classe politica appare completamente schierata con il decreto. Nessuna voce si è levata a far notare che di censura e di tecnocontrollo si tratta, e che il contrasto alla violenza sui minori dovrebbe essere fatto, nell’ordine, in famiglia, in strada, in discoteca e nei messaggi pubblicitari.

Il livello tecnologico di contrasto sale; mentre le precedenti iniziative di censura si basavano sull’alterazione del servizio di risoluzione dei nomi di dominio (DNS) ma permettevano di collegarsi ai siti censurati conoscendone l’indirizzo IP (erano state infatti create liste “di protesta” di tutti gli indirizzi censurati), il decreto Gentiloni prevede la realizzazione della censura tramite il filtraggio dei pacchetti in base all’indirizzo IP, in pieno stile “cinese”. C’è da sperare che il modello cinese non sia imitato anche in altri campi connessi ai diritti civili.

Come i lettori di questa rubrica sanno già, o possono facilmente dedurre mettendo insieme alcune nozioni qui esposte con dovizia, esistono metodi molto semplici per aggirare anche questa censura; questo è di ben poca consolazione, visto che dato il trend, c’è da pensare che il fenomeno si estenda sia come ambito di applicazione (pedofilia oggi, politica domani, dissenso dopodomani….) che come efficacia delle misure tecnologiche.

Liberi pensatori, associazioni, cittadini della Rete, politici, dove siete?

Marco Calamari

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Pubblicato il 5 gen 2007
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