Sequestrati cinque siti italiani

Sequestrati cinque siti italiani

Oscurati perché contenevano materiali blasfemi. Nell'operazione denunciato un commerciante che con quei siti promuoveva le sue t-shirt. Tanti protestano contro il sequestro e i Radicali offrono spazio web
Oscurati perché contenevano materiali blasfemi. Nell'operazione denunciato un commerciante che con quei siti promuoveva le sue t-shirt. Tanti protestano contro il sequestro e i Radicali offrono spazio web


Roma – Bestemmie.com e Porcamadonna.com, questi due dei cinque siti italiani che ieri il Nucleo Speciale Radiodiffusione Editoria della Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro perché diffondevano contenuti blasfemi, oggetto di una denuncia dell’Osservatore Romano.

Pare infatti che proprio il quotidiano del Vaticano due anni fa avesse segnalato alle Fiamme Gialle l’esistenza di questi due siti che, stando alla ricostruzione degli inquirenti, avrebbero avuto in questi 24 mesi circa 12 milioni di visite.

L’indagine ha richiesto lungo tempo agli investigatori perché i dati con cui erano registrati questi domini internet erano fasulli e non è stato semplicissimo, evidentemente, individuare il gestore e proprietario dei siti associati ai domini.
I finanzieri hanno spiegato di aver prima individuato il computer utilizzato per aggiornare i siti, residenti su server americani in California e a Washington D.C., e da lì sono risaliti al commerciante.

Da quanto si è saputo, sui siti erano anche presentate immagini di sesso collegate a termini come “Dio” e “Madonna”. Il sequestro della home page dei siti sarebbe stato realizzato dalla GdF proprio dal computer del commerciante.

Ma il sequestro non impedisce l’accesso ai contenuti dei siti sotto inchiesta. Dalla cache di Google è infatti ancora possibile visualizzare le home page dei siti, in tutto e per tutto simili a quelle di numerosi spazi pornografici disponibili in rete. Con tanto di “disclaimer” iniziale che avverte i visitatori dei contenuti potenzialmente offensivi delle pagine del sito.


Sempre dalla cache di Google è anche possibile visualizzare i contenuti interni dei siti cliccando sui riferimenti ipertestuali delle home page, contenuti che variano dalla “gara di bestemmie” ai “crack per siti porno”, il tutto condito da immagini di sesso esplicito.

Stando alla ricostruzione della Guardia di Finanza, i siti erano gestiti da un commerciante di Roma di 40 anni che li utilizzava per promuovere le proprie magliette. Una perquisizione del negozio, situato in centro vicino a Piazza del Pantheon, ha consentito l’individuazione di numerose t-shirt con i materiali blasfemi, venduti assieme ad altri souvenir a tema religioso.

L’esito dell’operazione ha portato alla denuncia del commerciante per frode informatica, dovuta al modo abusivo con cui aveva registrato i domini, per pubblicazioni oscene e per offese alla religione.
Le violazioni contestate al commerciante sono infatti quelle di cui agli articoli del codice penale: 403 (offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone), 404 (offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose), 640 ter (frode informatica), 528 (pubblicazione e spettacoli osceni) e 529 (atti e oggetti osceni).

Le Fiamme Gialle hanno anche spiegato che le indagini non sono concluse perché si vuole verificare se vi fossero altre persone coinvolte in questo singolare business.

Sulla questione è già intervenuto l’Osservatore Romano che parla di “risultato brillante” che “dimostra come indagini serie e rigorose possono evitare che il bene prezioso della libertà d’espressione venga usato per offendere la sensibilità e la dignità altrui”.

Va detto che in passato anche il sito eretico.com era stato chiuso per la blasfemia dei suoi contenuti, senza però suscitare l’ondata di reazioni che è giunta dopo il sequestro di ieri. Ecco infatti alcune delle molte reazioni all’accaduto.


L’operazione voluta dalla magistratura non è assolutamente passata inosservata dentro e fuori dalla rete. Già nel pomeriggio di ieri, infatti, si sono accumulate forti reazioni che nella maggioranza dei casi hanno dato spazio ad indignazione per quanto accaduto. Numerosi sono i lettori di Punto Informatico che hanno scritto in redazione per esprimere il proprio stupore per il sequestro dei siti, molti altri ne hanno parlato in mailing list e gruppi di discussione.

“Purtroppo – ha scritto un avvocato alla redazione di PI – I fatti descritti sono avvenuti in Italia e non Arabia Saudita piuttosto che in Nigeria od in altre Teocrazie”.

Secondo l’ADUC, associazione di utenti e consumatori, “una cosa è chiara: con il sequestro di questi siti è stato sancito che in Italia è vietato bestemmiare, così come è vietato essere scurrili usando la religione di Stato”. “Crediamo – conclude l’ADUC – che la paura della libertà, quando si manifesta con i rigori della legge, sia quanto di peggio possa frapporsi tra gli individui e lo Stato”.

A prendere una netta posizione contro l’operazione sono stati anche i Radicali che hanno offerto ospitalità ai cinque siti oscurati. Marco Cappato, europarlamentare della Lista Bonino, ha preannunciato interrogazioni a Bruxelles e al Governo italiano.

“Avere utilizzato per venti mesi le risorse della Guardia di Finanza per andare all’inseguimento di bestemmiatori online – ha afferma Cappato – corrisponde ad una scelta imbecille di priorità nell’impiego delle Fiamme gialle, nonchè ad una violazione clamorosa della libertà di espressione”. “A quanto pare – ha continuato Cappato – in Italia il Vaticano non solo gode della esenzione dall’azione penale (ad esempio in materia di pedofilia o di effetti nocivi dei trasmettitori radiofonici) ma riesce addirittura ad indirizzare le limitate risorse statali verso inchieste degne dei periodi bui dell’Inquisizione”.

Di interesse, infine, anche il fatto che in poche ore il sequestro dei siti italiani ha fatto il giro della rete anche all’estero: qui un articolo del celebre Heise Online tedesco.

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Pubblicato il 10 lug 2002
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