Fotoni nel futuro dell'archiviazione ottica

Fotoni nel futuro dell'archiviazione ottica

Alcuni scienziati registrano un'immagine di centinaia di pixel su un singolo fotone. Con la stessa tecnica sarebbe teoricamente possibile immagazzinare quantità sbalorditive di dati in uno spazio ridottissimo
Alcuni scienziati registrano un'immagine di centinaia di pixel su un singolo fotone. Con la stessa tecnica sarebbe teoricamente possibile immagazzinare quantità sbalorditive di dati in uno spazio ridottissimo

Un po’ nanotecologia , un po’ meccanica quantistica , è il futuro dell’archiviazione che sfrutta le proprietà dei quanti di luce oggi, comunemente definita come “ottica”: ricercatori dell’ Università di Rochester sono riusciti a sfruttare le proprietà fisiche dei fotoni per trasportare e, cosa più importante, immagazzinare un’intera immagine in una singola particella energetica .

“Sembra impossibile, ma invece di immagazzinare solo gli uni e gli zeri, abbiamo immagazzinato un’immagine intera”, dice John Howell, professore associato di fisica e leader del team responsabile dell’importante esperimento scientifico: “È qualcosa di analogo alla differenza che intercorre tra lo scattare un’immagine con un singolo pixel – dice il professore – e farlo con una fotocamera da 6 megapixel”.

L’immagine usata per l’esperimento è composta dalle iniziali UR dell’istituto universitario, ed è formata da poco più di qualche centinaio di pixel . Tuttavia, considerando che ci è voluto un solo fotone per immagazzinarla tutta, i risultati lasciano intravedere un nuovo, incredibile campo di applicazione della fisica subatomica all’industria e alle attività di immagazzinamento dei dati. Un orizzonte tecnologico che renderebbe, per intendersi, preistorico l’appena raggiunto traguardo del Terabyte per i dischi fissi basati sui piatti magnetici.

L’esperimento è importante soprattutto perché i ricercatori, oltre a “stampare” l’immagine sul fotone, sono riusciti a registrarla in condizione di stabilità , e infine a recuperarla senza alcun tipo di degrado delle informazioni. “Si può far passare una quantità di informazioni incredibile in un fascio di luce, ma di solito se si prova a registrarla in una memoria buffer si perde la quasi totalità delle suddette informazioni” dice Ryan Camacho, studente laureato del gruppo del professor Howell, che aggiunge: “Noi stiamo dimostrando che è possibile estrarre una quantità enorme di informazioni con un rapporto segnale-rumore estremamente alto persino con un livello di luce molto basso”.

L’esperimento basa tutta la propria forza sui comportamenti bizzarri che tendono ad assumere la materia e l’energia a livelli di grandezza più piccoli di una particella subatomica come il protone: a questa scala della realtà impercettibile i fotoni, quanti che trasportano l’energia elettromagnetica, tendono a comportarsi sia come una particella che come un’onda .

Come onda, il singolo fotone utilizzato è passato attraverso uno stampino nanometrico rappresentante appunto le lettere U e R, portando con sé l’ombra delle suddette iniziali. L’impulso di luce è stato poi fatto passare all’interno di una cella di circa dieci centimetri, contenente cesio a livello gassoso riscaldato fino a 100 gradi Celsius . Qui l’impulso è stato rallentato e compresso, in modo da poter far passare più fasci di luce per il piccolo tubicino allo stesso momento.

“La quantità di informazione in parallelo che John Howell ha inviato nello stesso istante in un’immagine è enorme, in confronto a quanto fatto finora da chiunque altro”, ha commentato entusiasticamente Alan Willner, professore di ingegneria elettrica all’Università della California del Sud e presidente della IEEE Lasers and Optical Society , che conclude: “Riuscire a fare una cosa del genere, ed essere capaci di mantenere l’integrità del segnale – questa è una conquista meravigliosa”.

Il professor Howell e il suo team sono finora stati in grado di rallentare i fasci di luce fino a 100 nanosecondi, e a comprimerli fino all’1% della loro lunghezza originaria . Il team sta ora lavorando per rallentare dozzine di fasci energetici fino a diversi millisecondi, così come 10.000 impulsi fino ad un nanosecondo. “Ora voglio vedere se siamo in grado di rallentare qualcosa in maniera quasi permanente, persino a livello di un singolo fotone”, conclude Howell: “Se siamo in grado di fare una cosa del genere, potremo pensare a come immagazzinare quantità incredibili di informazioni in appena qualche fotone “.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 23 gen 2007
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